Il G20 a presidenza italiana del 2021 sarà chiamato a ricomporre le relazioni internazionali dei paesi industrializzati nell’ambito di una pandemia sottovalutata e di una crisi economica che assume contorni di crisi sistemica. La lunga serie di incontri tematici e la contemporaneità del G7 a presidenza Britannica e del COP 26 sul cambiamento climatico, denotano il tentativo di riproporre un’egemonia mondiale che è sempre più vacillante sotto i colpi della competizione tra poli imperialisti e Stati.
Pandemia e crisi economica si intersecano producendo un impatto sociale devastante che mette a dura prova la tenuta delle singole società e dei processi di concentrazione imperialistica in atto nella UE. Non è un caso che il problema sanitario sia oggetto di ben tre eventi internazionali nell’attuale sessione del G20. Il pericolo è che la gestione della pandemia sia utilizzata come copertura ideologica per un profondo processo di ristrutturazione capitalistica che ridefinisca rapporti di forza, gerarchie tra stati e relazioni economiche. Il problema del diritto alla salute dei popoli viene utilizzato come copertura con una retorica di guerra (per ora contro il virus) che ridefinisce i rapporti sociali nei singoli paesi attraverso un processo di accentramento dei poteri utile per dolorose operazioni di redistribuzione della ricchezza.
Il covid ha messo a nudo la fragilità della protezione sociale dei paesi industrializzati, trasformata in merce e ambito di profitto per i privati. Il “suprematismo sanitario“ occidentale, per cui alcune malattie riguardavano solo i paesi arretrati, si è frantumato sugli scogli della attuale, devastante crisi sanitaria, che sta producendo milioni di morti.
L’anteporre la difesa del profitto e della produzione di merci alla tutela della salute è stata la causa fondamentale della diffusione della pandemia. I sistemi sanitari, devastati da processi di privatizzazione e arretramento dello Stato dalla sanità pubblica, hanno negato il diritto alle cure fino a costringere, in molti casi, il personale medico a scegliere chi curare e chi no. Una scelta basata ovviamente sull’età e sulle patologie concorrenti, legata a una narrazione creata ad arte dagli apologeti del capitalismo, per cui la malattia è il prodotto di stili di vita individuali sbagliati, riproposizione ideologica e strumentale dell’eugenetica sociale, che da sempre alberga nella coscienza della borghesia di ogni paese.
La cura contro il virus è diventata un ulteriore affare per le multinazionali che hanno inventato in fretta e furia i vaccini, entrati immediatamente nella logica della competizione tra poli imperialisti. Attraverso la modulazione dei prezzi e con la produzione inevitabilmente insufficiente si sono prodotti processi di accaparramento a livello dei singoli stati e negazione delle forniture ai paesi poveri che, inevitabilmente, sono tagliati fuori dal mercato internazionale. Il vaccino è diventato l’arma per vincere la nuova competizione internazionale: il paese che esce prima dalla pandemia è quello che avvia la ripresa economica e la egemonia mondiale.
Negando i vaccini si impedisce l’uscita dalla pandemia, si nega la possibilità della ripresa economica, si devasta il tessuto sociale e si costringono i paesi ad indebitarsi con carichi di debiti che condizioneranno il loro futuro. Tant’è che il WTO, a maggioranza, ha rifiutato di sospendere i brevetti dei vaccini per consentire una produzione allargata ad altri paesi.
I piani vaccinali nazionali si sono trasformati in un apparato propagandistico usato come cortina fumogena per contenere la presa di coscienza sociale del fallimento del modello di sviluppo capitalistico che non è in grado di proteggere e curare la propria popolazione. Siamo di fronte ad una nuova forma di imperialismo.
I sistemi sanitari hanno dimostrato tutta la loro fragilità legata alle politiche di austerità e liberiste adottate dai paesi industrializzati. Le conseguenze sono stata scaricate sugli utenti ai quali vengono negate le prestazioni sanitarie e sul personale sanitario che viene sottoposto a ritmi e condizioni di lavoro al limite della sopravvivenza. Medici, infermieri, tecnici e volontari hanno dovuto fare fronte alla pandemia senza mezzi di protezioni individuali, in sottorganico, con prescrizioni mediche spesso improvvisate e persino dannose. Dopo aver subito migliaia di contagi e un numero notevole di decessi legati al lavoro, ora vengono persino indicati come fonte di infezione per utenti e colleghi.
La ferocia del modello sociale si è scatenata nei confronti dei degenti delle RSA, indifesi e in balla degli eventi, lasciati senza protezione, senza cure, senza affetti e lasciati morire in solitudine. Amnesty Italia ha denunciato la violazione dei diritti umani nelle RSA dell’UE. Una denuncia rimasta senza risposta, dato che la negazione dei diritti universali a settori sociali deboli è purtroppo, la norma.
Il 21 maggio 2021 la Commissione Ue incontrerà il G20 a Roma sul tema della gestione della pandemia e sulla risposta sanitaria dei vaccini.
In quell’occasione sarà molto importante far sentire la nostra voce a favore di un modello sociale solidale, di sistemi sanitari e accesso alle cure non vincolati alle condizioni economiche delle persone e dei paesi, per la cancellazione dei brevetti per vaccini e medicamenti essenziali, per combattere povertà sanitaria ed economica, per la fine degli embarghi nei confronti dei paesi colpiti, per una ricerca pubblica per il pubblico. Condizioni minime per rendere possibile l’uscita per tutti dalla pandemia.
I lavoratori della sanità accoglieranno il G20 con uno sciopero del settore (pubblico e privato) nella giornata del 21 maggio.
L’iniziativa di lotta del 21 maggio è un segnale di volontà politica e di protagonismo sociale che si incontrano con gli interessi materiali di milioni di utenti.