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Casa

Sfratto di una famiglia con minore a Torbellamonaca vecchia, da Comune e Municipio nessuna soluzione dignitosa

Roma,

A via Carlo Erba è stata sfrattata una famiglia con minore con l'uso della forza. La proprietà ha rifiutato qualsiasi mediazione, anche quella economica, dimostrando che per i proprietari il dramma degli sfratti è ridotto a mera questione di principio.

Nonostante la coraggiosa e determinata presenza del picchetto solidale di Asia-Usb e Assemblea di Autodifesa dagli Sfratti, lo sfratto ai danni di Salima, del compagno e della figlia di tre anni, è stato eseguito. Ed è stato eseguito con l’uso della forza pubblica, come testimoniato dai numerosi video che circolano in rete e sui social. Circa 25 Carabinieri, molti dei quali in tenuta anti sommossa, sono entrati nel cortiletto della casa in cui la famiglia viveva, scardinando il cancello e trascinando fuori i solidali accorsi. Uno sfratto che fa rabbia non solo per le modalità di esecuzione ma anche perché evitabile. Il proprietario ha infatti rifiutando ogni mediazione. Dapprima ha definito gli 8 mila euro che avrebbe potuto recuperare con la morosità incolpevole “un’elemosina”. Poi ha rifiutato  una settimana di proroga, tempo richiesto dal comune di Roma per organizzare una sistemazione provvisoria. Nemmeno la telefonata dell’Assessore alle Politiche Abitative ha convinto la proprietà a concedere altri 7 giorni di tempo, confermando che la questione sfratti per i proprietari ormai è diventata una questione ideologica: meglio tenere la casa vuota e buttare le famiglie per strada piuttosto che mediare con le parti opposte. Ce ne eravamo accorti anche e soprattutto dalle difficoltà e resistenze che gli sfrattati incontrano quando cercano una nuova collocazione. Una volta rifiutate le offerte della sala operativa sociale, poco dignitose in quanto prevedevano l’inserimento in strutture casa-famiglia e la disgregazione del nucleo familiare, il battaglione dei Carabinieri è intervenuto con le modalità descritte.

In seguito la famiglia ha deciso di recarsi al Municipio di appartenenza, il sesto (l’unico governato dalla destra), col fine di chiedere una presa in carico e una soluzione, anche provvisoria, all’ente di prossimità. Dopo i primi momenti di tensione si è provato a trovare una soluzione dignitosa per la famiglia di Salima.

Lunghe ore si attesa, conclusesi con un nulla di fatto, ci hanno confermato la completa impotenza dei Municipi, i quali però spesso questa mancanza di strumenti la usano come pretesto per disinteressarsi del problema. Non può più essere così: 5.000 sfratti in corso di esecuzione ed almeno il doppio per quanto riguarda gli sgomberi, impegnano tutti gli attori istituzionali alla progettazioni di politiche abitative serie. Salima, per chi non lo sapesse, è titolare di protezione internazionale Onu. Quest’ultima ha raccomandato sia la sospensione dello sfratto che la presa in carico da parte delle istituzioni, al fine di garantire il diritto alla casa del nucleo. Inoltre Asia ha denunciato la mancata applicazione di una delibera votata l’anno scorso che doveva servire a garantire il passaggio da casa a casa, utilizzando la riserva di edilizia pubblica destinata all’emergenza. Questa delibera, la 104 del 2022, non è mai stata attuata e solo ora si sta preparando un regolamento per renderla operativa. Un intervento tardivo e forse anche sbagliato se produrrà una ulteriore graduatoria.  E lo sosteniamo avendo in mente i tempi e modi di gestione di quella giù esistente (bando ERP 2012).

Per concludere, la famiglia dovrà incontrare rappresentanti del comune proprio lunedì al dipartimento Politiche Abitative. Chiediamo che in quella sede il Comune di Roma prenda in carico la sua emergenza e la risolva, assegnandole una casa attraverso la delibera già esistente.

Asia USB Roma