USB P.I. ha inviato una lettera aperta alla dirigenza di Arpa Piemonte e ai lavoratori, visto che la Direzione Generale di Arpa che da tempo non risponde più alle comunicazioni inviate dalla RSU (di cui siamo maggioranza relativa) e dalle altre OOSS firmatarie.
A seguire il testo della lettera.
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Spett.li Dirigenti di Arpa Piemonte,
e p.c. al personale del Comparto
La Direzione Generale ha scelto da tempo di non permettere alle rappresentanze sindacali democraticamente elette di portare avanti le legittime posizioni dei lavoratori sulle questioni inerenti l’attuale fase legata al Coronavirus. Questo ovviamente finisce per scaricare direttamente nel rapporto lavoratore/dirigente tutte quelle problematiche che avrebbero potuto e dovuto trovare soluzione nel confronto diretto con la Direzione. Ci rivolgiamo direttamente a Voi con una lettera aperta, consapevoli che si tratta di una modalità di comunicazione certamente non usuale, ma ugualmente necessaria a rappresentare il nostro punto di vista, perché non è pensabile e neanche accettabile che in questa Agenzia chi lavora non abbia diritto di parola e di essere ascoltato.
1. Sicurezza nel rientro al lavoro.
La Direzione non ha permesso di definire congiuntamente un protocollo di gestione dell’emergenza Covid e di istituire una commissione di verifica. Come detto ai lavoratori, vuol dire che faremo da soli, rivendicando direttamente come lavoratori i nostri diritti e l’applicazione delle misure di contenimento. La procedura pubblicata sulla intranet il 4 giugno ignora, nella sostanza, la gestione del rischio da contagio nelle sedi di lavoro, mentre si occupa con un certo dettaglio delle attività in esterno. In particolare risulta priva di qualsiasi indicazione concreta della gestione del rischio nel lavoro ordinario nelle sedi di lavoro. Per poter limitare la probabilità di diffusione del virus negli ambienti confinati lavorativi, gli spazi devono essere opportunamente analizzati e dove necessario rimodulati per garantire il distanziamento sociale.
La distanza di un metro è da considerarsi condizione minima e, come oramai sappiamo, è ragionevolmente utile solo in caso di permanenza nello stesso ambiente per un tempo limitato. La presenza di un solo lavoratore per ufficio/locale è quindi l’elemento da privilegiare per garantire il distanziamento.
Dove non possibile, va prevista una diversa ripartizione/assegnazione degli spazi al fine di garantire il distanziamento sociale, prevedendo anche rientri alternati, riorganizzazione degli uffici e delle scrivanie, comprendendo anche l’inserimento di paratie in grado di limitare la dispersione del droplet emesso durante gli starnuti, i colpi di tosse e il parlare. Nei locali dove è necessaria la compresenza di due o più lavoratori, va utilizzata obbligatoriamente la mascherina di tipo chirurgica (certificata e di tipo I), in quanto “È previsto, per tutti i lavoratori che condividono spazi comuni, l'utilizzo di una mascherina chirurgica, come del resto normato dal DL n. 9 (art. 34) in combinato con il DL n. 18 (art 16 c. 1)” (allegato 6 del DPCM del 26 aprile). Dove non è possibile mantenere costantemente la distanza di almeno un metro o dove è possibile un rischio specifico da Covid, è necessario l’utilizzo di dispositivi di protezione individuale, come la maschera di tipo ffp2 senza valvola di espirazione. Nelle situazioni di utilizzo della mascherina chirurgica per più ore al giorno, la distribuzione delle mascherine deve essere almeno giornaliera o meglio due volte al giorno. La distribuzione delle mascherine e dei DPI deve avvenire in modo controllato e, in genere, al momento dell’ingresso della sede di lavoro al fine di sostituire quella eventualmente utilizzata per recarsi al lavoro. La mascherina non più utilizzabile va smaltita in modo corretto. Nella gestione degli spazi, va analizzata e valutata per i vari locali la presenza di sistemi di ventilazione e di ricambio d’aria, la possibilità di areare più volte i locali, evitando dove possibile gli impianti a ricircolo dell’aria.
Va analizzata la gestione degli spazi comuni, con particolare riferimento ai corridoi: definendo percorsi segnalati di entrata e uscita riducendo gli incroci, indicando posizioni di distanziamento da rispettare nei punti di attesa (bollatrice, fotocopiatrice, accesso locali ristoro, ecc.)
Distributori automatici: adeguata areazione dei locali, permanenza di personale massimo indicato e contingentato in funzione delle dimensioni, sanificazione delle pulsantiere dopo l’uso.
Utilizzo dei servizi: messa a disposizione della soluzione disinfettante per pulizia delle parti a contatto dopo l’uso e aerazione prima e dopo l’uso.
Spogliatoi: accesso contingentato agli spogliatoi (evitando la possibile copresenza di più lavoratori o definendo un numero massimo di lavoratori in base alla capienza degli spogliatoi), prevedere la ventilazione, se possibile costante o prima e dopo l’utilizzo, uso di soluzioni disinfettanti per la pulizia di parti comuni dopo l’uso.
Strumentazione comune (sanificazione di tastiere, PC, scrivanie, pulsantiere degli strumenti, ecc.).
Cartellonistica: nei luoghi di lavoro e/o prima dell’accesso ad aree dove è prevista l’adozione di procedure specifiche (aree pasto, spogliatoi, ecc.) vanno affissi cartelli indicanti sinteticamente le norme da rispettare.
Controllo della temperatura: tutte le principali sedi di lavoro devono essere fornite di un thermoscanner per il controllo rapido della temperatura prima dell’ingresso nelle sedi e tutte le volte che i dipendenti lo ritengono necessario. Si tratta di un acquisto di costo limitato che si ritiene necessario per evitare situazioni in cui personale interno o esterno sintomatico possa accedere alle strutture contagiando altri lavoratori.
Informazione e formazione: tutte le procedure devono essere oggetto di una informazione completa sull’insieme delle misure da adottare e di una formazione specifica sia al personale dirigenziale sia del comparto. Dovrà essere adeguata e contestualizzata allo specifico ambito lavorativo, in modo da permettere a tutti i lavoratori di comprendere puntualmente ed esattamente le modalità del rischio al fine di raggiungere la consapevolezza del rischio che, proprio per la sua tipologia, vede la prevenzione intrinseca nel distanziamento sociale, nei comportamenti e nelle misure anche individuali.
2. Smartworking.
L’indicazione che diversi dirigenti stanno dando di rientro generalizzato negli uffici, definendo a priori percentuali di lavoro in presenza, non è coerente con il quadro normativo. Attualmente è valido quanto previsto dall’articolo 87 del decreto-legge n. 18 del 2020 che prevede il lavoro agile “come modalità ordinaria di svolgimento della prestazione lavorativa nelle pubbliche amministrazioni fino alla cessazione dello stato di emergenza epidemiologica da COVID-2019” (Direttiva 3/2020 della Funzione Pubblica), anche se in Arpa Piemonte il lavoratore in smartworking viene privato di diversi diritti del lavoro in presenza che invece dovrebbero essergli garantiti. Da un punto di vista normativo, la presenza del personale nelle sedi di lavoro è quindi limitata allo svolgimento delle attività indifferibili da svolgere in presenza. È evidente che l’aumento delle attività non più differibili comporta già ora e comporterà nel prossimo futuro un aumento del numero medio di attività da svolgere in presenza, ma si tratta solo di quelle attività che non possono essere svolte diversamente, ovvero per quelle attività che non possono che essere svolte in presenza. Le altre, quelle che possono essere svolte in remoto, presso il domicilio o a distanza, possono e devono essere svolte in tale contesto: lo prevede la Legge, lo ribadisce la Direttiva 3/2020 della Funzione pubblica e non è smentito da alcuna indicazione a noi nota della Direzione. Del resto l'unica informazione che i Lavoratori hanno formalmente “ricevuto” (si fa per dire) è quella riportata nella intranet news del 23 maggio che, nonostante l’ambiguità della formula utilizzata, indica solo che, nell’attuale situazione, lo smartworking di 5 giorni "potrebbe non essere più compatibile" con l’effettuazione delle attività. Affermazione certamente vera (e lo era anche prima, per chi svolgeva anche durante il "lockdown" le attività indifferibili da svolgere in presenza), ma che consente di concedere lo smartworking, laddove compatibile con l’attività da svolgere, anche sino a 5 giorni la settimana. Tra l’altro, essendo il lavoro agile la forma ordinaria di svolgimento del lavoro, l’impostazione dovrebbe essere ribaltata: è il rientro in presenza a dover essere autorizzato e giustificato, appunto tramite l’aggiornamento delle attività indifferibili da svolgere in presenza. La procedura U.GR.I014 rev. 3 di gestione del Covid del 3 giugno indica tra l’altro che “le misure di contenimento del contagio da COVID-19 sono principalmente finalizzate a mantenere ridotta, per quanto possibile, la presenza dei dipendenti negli uffici”. Rientri quindi non giustificabili dalla necessità di svolgere in presenza l’attività lavorativa finiscono anche per essere in contrasto con la procedura di sicurezza di limitare la presenza negli uffici.
Spett.li Dirigenti,
quanto indicato sopra non è una interpretazione di questo o quel sindacato, ma è quello che si sta facendo, regolarmente, negli uffici pubblici e nelle aziende private per una ripartenza in sicurezza. È quello che ci chiedono i Lavoratori. È quanto indicato nelle leggi e sottoscritto nei protocolli nazionali. È quello che riscontriamo tutti noi quando entriamo nei locali pubblici, nelle aziende o nelle attività commerciali. Il fatto che la Direzione si rifiuti di discutere con noi, non esime nessuno dall’ignorarle e dal rispettarle. Nessun lavoratore vi chiede di non lavorare, ma semplicemente di lavorare in sicurezza. Non vi chiediamo di rispondere a noi, ma di ascoltare i lavoratori delle vostre strutture, di coinvolgerli nel processo di ripresa delle attività, di svolgere quel ruolo di “direzione” che vi compete anche negli aspetti relativi alla gestione della sicurezza, nel riorganizzare gli spazi, nel permettere e agevolare il pieno utilizzo del lavoro agile per tutte quelle attività remotizzabili, perché oltre ad essere una opportunità per modernizzazione il lavoro, costituisce nell’immediato un elemento fondamentale nella gestione dell’emergenza.
La Rappresentanza USB P.I.