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SIGMA TAU: NON C'E' LIMITE ALL'ITALICO PEGGIO !

Roma,

- IN ALLEGATO IL VOLANTINO -

Apprendiamo con preoccupato stupore la notizia che vede la SIGMA TAU, nota multinazionale italiana del farmaco, annunciare urbi et orbi che verranno posti in cassa integrazione a zero ore circa 600 lavoratori… cioè un terzo della forza lavoro complessiva. Trattandosi di una multinazionale del farmaco e del settore sanitario, USB Medici ritiene indispensabile rappresentare la propria posizione. Ecco l’ennesimo esempio di capitalismo nostrano che ha nel proprio genoma un vizio antico… la socializzazione delle perdite e la privatizzazione massima dei profitti. In verità la situazione, che lascia preludere ad una ennesima fuga verso Americhe solo di recente agognate, è foriera di considerazioni importanti. Il sistema che una certa imprenditoria sta utilizzando, e ci scusiamo fin d’ora con coloro i quali intendono il sostantivo imprenditore nel modo corretto, visto che è innegabile che vi siano tanti imprenditori che, di fronte all’evento crisi, hanno reagito con responsabilità e correttezza, è identificabile con un acronimo: fiat. Difatti tutti sanno che la nota casa automobilistica fintanto che ha potuto operare in un mercato protetto e sovvenzionato, ha poco o nulla considerato le Americhe del buon Cristoforo. A quel tempo, per la genitrice dell’auto nazional-popolare, dal punto di vista prettamente finanziario e produttivo…. la vera America aveva come capitale Roma. L’improvviso aprirsi di scenari diversi, in cui la protezione era sparita e diventava necessario rimboccarsi le maniche e soprattutto, dare luce a prodotti in grado di competere su quel mercato di cui in tanti parlano senza cognizione, avrebbe costretto i produttori a pagare un minimo dazio che, sarebbe comunque rimasto minimo in relazione ai benefici fin li goduti e pagati dall’intera collettività nazionale, collettività comprendente anche tutte quelle persone disagiate che faticano a rammendare il giorno con la sera. Il gancio per evitare tutto ciò veniva però inaspettatamente offerto dalla situazione mondiale. Si apriva uno spazio insperato che consentiva al nostro cavaliere di transitare senza colpo ferire oltre frontiera, acquisendo un know how di prodotto sconosciuto. L’operazione è stata così fortemente voluta che, ancora oggi ci domandiamo come si siano trovate le risorse economiche per farla, in un momento in cui i conti non erano brillanti…. probabilmente, vien da pensare, vi sia stato un impegno diretto del capitale dei soci più importanti. Così, improvvisamente si diventa americani, all’Italia si dice….  “speriamo che te la cavi”, alcuni stabilimenti vengono dismessi per essere ceduti e largo al profitto senza regole. Naturalmente questa operazione ha suscitato l’ammirazione di molti aspiranti emuli che, non potendo sperare in tanta fortuna, stanno pensando bene di svuotare di contenuti i loro gruppi, alleggerendoli per renderli più appetibili ad eventuali compratori, scaricando i problemi sul welfare nostrano e massimizzando ancora una  volta i profitti.

 

Si conferma, laddove ce ne fosse ancora bisogno, che il problema più grosso del paese non è solo la presenza di una classe dirigente politica avulsa dal contesto nazionale, ma anche la persistenza di un capitalismo “provinciale” incapace di dare al proprio progetto ed alla propria idea imprenditoriale un futuro, teso sempre più ad operare verso operazioni finanziarie utili a garantire futuri “sabbatici” a famiglie che, se non avessero goduto della benevolenza del Padreterno,  di capacità proprie da vendere in un mercato realmente libero ne avrebbero avute veramente poche.