“Negli ultimi 5 anni la Regione Sardegna ha registrato una forte diminuzione dei livelli occupazionali; dai dati ISTAT riferiti al 2013 emerge che 43.000 persone hanno perso il posto di lavoro rispetto all'anno precedente; con riferimento alla fascia d'età tra i 15 e i 74 anni, il tasso di disoccupazione ha subito un'impennata di 2 punti percentuali passando dal 15,5 al 17,5 per cento, tale dato raggiunge il 30,6 per cento, quasi duplicandosi, se si considera l'indice di mancata partecipazione, che aggiunge ai "disoccupati Istat" le persone che non compiono ricerca attiva di occupazione; il tasso di occupazione è invece del 48 per cento per la fascia d'età tra i 15 e i 64 anni, in flessione rispetto al 51,7 per cento del 2012: tra questi sono solo 20.000 i giovani tra i 15 e i 24 anni che lavorano rispetto ai 26.000 dell'anno precedente; la provincia di Carbonia-Iglesias è il "fanalino di coda" a livello regionale e nazionale per numero di occupati registrando dati negativi anche per il fenomeno della disoccupazione; nel Sulcis il tessuto produttivo è al collasso, la filiera dell'alluminio sta registrando da tempo un preoccupante stato di paralisi, lo dimostra la chiusura degli attori del comparto (Alcoa, Eurallumina) e lo stallo di aziende industriali come Carbosulcis e Vynils; molti lavoratori interinali, precedentemente impiegati in attività collaterali e di supporto alle più importanti realtà industriali del territorio, risultano esclusi da qualsiasi forma di ammortizzatore sociale e, in questo momento, si trovano in una condizione alquanto precaria. Quelli che invece beneficiano della cassa integrazione in deroga sono alla stretta finale vista l'improrogabilità”.
Così si espressero un gruppo di deputati e senatori in una interrogazione al Governo. En passant, dovremmo ricordare che tanti di questi signori sono stati corresponsabili di questo disastro sociale economico e morale di tutto un territorio, e come se l’assassino si improvvisasse anatomopatologo, tracciano, cioè una raffazzonata radiografia del territorio più martoriato d’Italia e chiedono al governo cosa intende fare ecc..ecc…
Fare la radiografia del territorio, e parlarne un pò come quello che cerca di spiegare all’affamato cosa è la fame. Certo, si chiede al governo di attivarsi per rilanciare ecc.. cioè i discorsi che sentiamo fare da anni, da sempre viene da dire. E la loro radiografia pecca persino per difetto, poiché nelle statistiche riguardante la disoccupazione hanno omesso di menzionare gli ex lavoratori “indipendenti” precipitati nel baratro della disperazione e molto spesso del sottoproletariato. La realtà sarda e quella Sulcitana non può essere scritta con i dati ISTAT, non solo! Essa ha bisogno di essere capita, interpretata con una attenta analisi del processo macro e microeconomico che si è registrato in quelle zona. Un territorio che avrebbe avuto tutte le caratteristiche per uno sviluppo partendo da base agro-pastorali e turistiche e che, invece, seguendo la logica intrinseca del capitale quella secondo la quale esso si trasferisce là dove ha maggiori probabilità di profitto è diventata, pro tempore, una zona ad alto tasso di industrializzazione.
Una industrializzazione pesante, fatta di alluminio, di estrazione di carbone ecc.. Ed è stata sempre questa logica, quella della massimizzazione dei profitti, che ha fatto sì che il capitale scappasse via assieme ai profitti accumulati lasciandosi dietro scheletri di fabbriche, scorie, rifiuti, inquinamento, tumori, morti a causa di malattie da lavoro e da inquinamento per testimonianza a perenne ricordo di chi non vuole dimenticare. I parlamentari interroganti, queste cose non le hanno dette, e non ci saremmo aspettati che le dicessero visto lo spessore civile e morale degli stessi (chi poteva attendere qualcosa di più visto che il primo firmatario risulta essere una persona che di nome fa Domenico e di cognome Scilipoti)? Il fatto, comunque, che perfino il signor Scilipoti si sia sentito in dovere di interessarsi di Sulcis qualcosa lo vorrà pur dire e la cosa non ci tranquillizza!
Strane voci circolano sul Sulcis, sulla sua miseria, sulla sua fame di lavoro, e non sono per nulla confortanti: Una delle nuove frontiere, quella che sembra promettere i profitti più remunerativi si chiama speculazione energetica ed a questo scopo il Sulcis è stato costellato di pale eoliche, pale che hanno dato adito a dubbi di legalità visto che s’è mossa perfino la Procura della Repubblica di Cagliari per accertare e perseguire commessi da politici e faccendieri.
Ma la sete di profitti non si ferma alle energie alternative: Chi di dovere sa che un corpo “debole” è facilmente ricattabile, e nulla è più debole del corpo “Sulcis” stordito e indebolito dalle continue “crisi”. Crisi di occupazione, innanzitutto, ma anche da crisi “morali come conseguenza della crisi occupazionale. Un corpo debole non riesce a sviluppare anticorpi per le future malattie, e badiamo bene che di malattie si parla: malattie mortali sono quelle che si prospettano secondo voci che abbiamo raccolto, e che ci auguriamo naturalmente non corrispondano al vero: di che si tratta?
I piani secondo queste voci sembra siano diversificati, si parla nuovamente dello stoccaggio della CO2 per continuare con l’estrazione del carbone. Un piano folle: Un piano che viene spacciato come “nuovo” da chi sa perfettamente che nuovo non è: Qualcosa di simile è stato fatta in Canada ed ha provocato un disastro con decine di morti. La Norvegia (la ricca Norvegia) lo aveva iniziato e ha desistito perché “molto costoso”. Vi sono, poi, le controindicazioni in senso tecnico: Lo stoccaggio della CO2 richiede una profondità tale che le miniere del Sulcis non hanno.
Si pensa, così di diversificare i progetti per l’impiego di mano d’opera aggiungendo allo stoccaggio delle ceneri di combustione del carbone altri rifiuti ed in particolar modo l’amianto; Perché proprio l’amianto? Perché, sempre in base a queste voci, è noto che Gli impieghi dell'amianto nel secolo scorso sono stati innumerevoli, dall'edilizia agli impianti industriali, sino all'utilizzo come isolante acustico e termico e nelle coibentazioni, nonché nella costruzione degli attuali acquedotti (che dovranno necessariamente essere oggetto di bonifica e smaltimento dei rifiuti) con una varietà tale da rendere necessaria la classificazione degli stessi :
Tali rifiuti di amianto o contenenti amianto possono essere conferiti in determinate tipologie di discarica:
In Sardegna, secondo uno studio non recentissimo sono solo 4 le discariche adatte ad accogliere questi tipi di rifiuti e sono:
Impianto | Località | Provincia |
Ecoserdiana s.r.l. | Località S'Arenaxiu- Serdiana | Cagliari |
Riverso s.r.l. | Loc. Serra Scireddus - Carbonia | Carbonia-Iglesias |
Impresa F. Cancella s.r.l. | Loc. Coronas Bentosas- Bolotana | Nuoro |
Siged s.r.l. | Loc. Scala Erre - Sassari | Sassari |
Considerando che nell’anno 2007. i costi per lo smaltimento degli RCA (Rifiuti Contenenti Amianto) presso le suddette discariche oscillavano tra 250 e 350 €/t, in funzione della tipologia del materiale conferito; per abbassarsi alla cifra di 150 e 300 €/t. nel 2008. considerando inoltre che La Sardegna non disponendo di adeguati impianti per lo smaltimento di RCA diversi da quelli individuati dal codice CER 1 70605 e le altre tipologie di rifiuti contenenti amianto non sottoposti a processi di trattamento finalizzati al contenimento del potenziale inquinante, pericolosi, è costretta a trasferirli presso impianti collocati al di fuori della Sardegna, con un aumento considerevole dei costi complessivi di smaltimento.
Per quanto concerne i quantitativi di amianto/cemento-amianto rimosso e avviato a smaltimento, nella tabella seguente sono riportati i valori registrati tra il 2002 ed il 2007.
Le stime sui quantitativi di amianto/cemento-amianto, presenti in Sardegna e ancora da smaltire, sono impressionanti: Nel 2007 si parlava di circa 168.852.676 kg.
Sono queste cifre e queste con stazioni che, solleticando gli appetiti di tanti finiscono per destare l’interessamento anche delle persone citate all’inizio. Secondo le voci citate e non controllate, si vorrebbero usare, le miniere dismesse, o in via di dismissione, per lo stoccaggio di questo tipo di materiale.
Noi, invece, continuiamo a credere che uno sviluppo del territorio del Sulcis. Uno sviluppo che deve partire dalle bonifiche ambientali e che si imperni su due voci: Turismo e sviluppo del settore agro-pastorale con realtà di industria di trasformazione e conservazione dei prodotti. Continuiamo a ripetere che non crediamo sia frutto del destino il fatto che il Sulcis sia costretto ad importare l’80% dei prodotti alimentari che consuma, che sia il fanalino di coda dell’industria turistica.
E poiché pensiamo questo, poiché continuiamo a credere in un tipo di turismo “modello Ruhr” (Là dove le miniere sono state soppiantate da parchi, scuole, ospedali musei e industria d’avanguardia) ci rifiutiamo di pensare che le miniere possano diventare un cimitero di eternit.