Una cosa positiva c’è: la pressione delle proteste attuate dagli ispettori di vigilanza in queste settimane, compresi i due presidi nazionali organizzati dalla USB davanti alla sede del Ministero in Via Veneto a Roma, hanno costretto il Ministro Poletti e il Governo a rallentare la corsa del decreto per la costituzione dell’Agenzia unica della vigilanza e a sedersi ad un tavolo di confronto.
Il Ministro è in evidente difficoltà e lo si è capito anche dalla sua assenza all’incontro di ieri. A rappresentare il Ministero del Lavoro c’erano il Segretario generale Paolo Pennesi, il Dirigente generale della vigilanza Danilo Papa, il Dirigente generale per le politiche del personale Edoardo Gambacciani.
Anche nella riunione di ieri non è stata consegnata alcuna bozza ufficiale di decreto e tutte le organizzazioni sindacali presenti sono state costrette a "recitare a soggetto", sulla base dei testi circolati su internet, mentre Pennesi ha affermato che la bozza iniziale è stata ampiamente rimaneggiata. Sì, ma come?
Mentre si svolgeva l’incontro all’interno del Ministero, all’esterno, in Via Veneto, il presidio convocato dalla USB vedeva la partecipazione di circa 150 ispettori di vigilanza, in rappresentanza delle diverse regioni, arrivati a Roma per protestare contro lo smantellamento delle tutele dei lavoratori e dell’attività di vigilanza attuato con il Jobs Act e con l’Agenzia unica.
Da qui è partito il nostro intervento al tavolo di confronto. Non si può parlare di Agenzia unica della vigilanza se non la si inquadra nella più ampia operazione di smantellamento delle garanzie dei lavoratori effettuata con il Jobs Act, che cancella l’art. 18 per i contratti a tutele crescenti, lascia alle imprese libertà di licenziamento e di demansionamento dei lavoratori. L’Agenzia unica della vigilanza serve a vincolare ulteriormente l’attività ispettiva mettendola sotto il ferreo controllo del potere politico. La soppressione degli 85 uffici territoriali del Lavoro contenuta nel decreto dell’Agenzia unica, che probabilmente rappresenta anche un eccesso di delega rispetto ai contenuti della Legge 183 del 2014, s’inserisce nel contesto generale di smantellamento dei presidi di garanzia e tutela dei lavoratori e nel più ampio disegno di arretramento dello Stato dai territori.
Nel nostro intervento abbiamo anche affrontato i punti di caduta, le incongruenze, gli aspetti negativi delle bozze di decreto circolate in via ufficiosa:
- un’analisi approssimativa dei costi, scaricati in gran parte su altre amministrazioni pubbliche, come nel caso dell’uso gratuito degli immobili;
- la mancanza di una piattaforma informatica unica e il pieno utilizzo delle banche dati, elementi assenti dal decreto ma essenziali per il buon funzionamento di un’attività di vigilanza integrata;
- i costi della formazione del personale, assolutamente necessaria nel momento in cui si costituisce un’Agenzia unica, a meno che non ci si limiti ad un’operazione di facciata unicamente volta all’effetto annuncio;
- le retribuzioni del personale, capitolo spinoso e risolto nella bozza di decreto con la messa in comune delle risorse di alcuni. Noi vogliamo elevare le retribuzioni dei lavoratori del Ministero del Lavoro, non abbassare quelle degli altri lavoratori che entreranno a far parte del personale dell’Agenzia;
- peggioramento del servizio. La dislocazione dell’Agenzia su 18 sedi territoriali obbligherà il personale, soprattutto quello amministrativo delle DTL che sarà assegnato all’Agenzia, ad una mobilità forzata con distanze che potrebbero abbondantemente superare i 50 chilometri. Allo stesso modo saranno penalizzati gli utenti, imprese e lavoratori, che, per rivolgersi agli uffici dell’Agenzia, saranno costretti ad interminabili e gravosi viaggi. Per i 1.800 amministrativi delle DTL che non entreranno nei ruoli dell’Agenzia si prospetta una mobilità verso INPS, INAIL, PREFETTURE, in posizione anche soprannumeraria, che significa rischio di ulteriore mobilità o addirittura procedura di licenziamento in caso di dichiarazione di esuberi per quelle amministrazioni.
Nel nostro intervento abbiamo anche chiesto che laddove il Governo e il Ministero del Lavoro si ostinassero a costituire l’Agenzia, sia data agli ispettori di vigilanza la facoltà di optare per il profilo amministrativo con rinuncia alla propria attuale funzione.
Abbiamo concluso il nostro intervento con la proposta di costituire un gruppo di lavoro composto da rappresentanti delle tre amministrazioni coinvolte nel riordino dell’attività di vigilanza, per seguire la seconda opzione che pure è scritta nella Legge Delega N. 183 del 2014: quella di attuare un Coordinamento tra le diverse funzioni della vigilanza. Il gruppo di lavoro dovrebbe elaborare un progetto per la realizzazione di una piattaforma informatica comune e per un pieno utilizzo delle banche dati disponibili, affrontare le problematiche funzionali e logistiche per la costruzione del ruolo unico degli ispettori. Parallelamente dovrebbe proseguire il confronto con le organizzazioni sindacali. Solo con un attento lavoro di analisi e di sperimentazione si può realizzare un Coordinamento che assicuri continuità
all’attività di vigilanza, mentre l’Agenzia unica ci sembra sia un soggetto che nasca in modo improvvisato e senza gambe adatte a reggere il peso dei compiti ricevuti. O è proprio questo che si vuole? Impedire lo svolgimento dell’attività di vigilanza?
Il Segretario generale nella replica si è limitato sostanzialmente a ribadire l’indisponibilità a vagliare altre opzioni che non siano l’Agenzia e ad assumere l’impegno a riferire al Ministro Poletti quanto sottolineato dalle organizzazioni sindacali.
Di fronte alla chiusura del Ministero a qualunque tentativo di ragionare e di costruire ipotesi concrete pur in assenza di un testo di proposta, abbiamo annunciato al tavolo di "confronto" l’intenzione della USB di proclamare lo sciopero degli ispettori di vigilanza di INPS-INAIL-MINISTERO DEL LAVORO e del personale amministrativo delle DIL e DTL.
Per quanto ci riguarda non ci sono osservazioni da far pervenire al Ministro. Quello che avevamo da dire lo abbiamo detto nell’incontro, sottolineando il comportamento riprovevole del Ministro Poletti che non si è degnato finora di consegnare alcuna bozza ufficiale di decreto. Di fronte a questo atteggiamento non c’è che la mobilitazione, che deve trovare il suo punto più alto nello sciopero prima che il decreto sia portato in Consiglio dei Ministri. I lavoratori che attendevano l’uscita della delegazione della USB hanno condiviso questo percorso. E’ necessario ora portare all’esterno questa vertenza, far capire ai cittadini che è in pericolo un’altra fetta di protezione sociale, una funzione importante che riguarda milioni di lavoratori.
Roma, 4 marzo 2015
USB Pubblico Impiego