Trattamento economico complessivo (Tec) e Trattamento economico minimo (Tem): attorno a questi due acronimi conosciuti solo dagli esperti si gioca la partita della nuova convergenza Pd-Cgil- M5S sul salario minimo per legge.
A dare una spinta in questa direzione c’era stata, qualche mese fa, la direttiva europea che invitava tutti gli stati ad approvare una legge, lasciando però liberi di scegliere tra il fissare una soglia minima al di sotto della quale non sarebbe più legale scendere oppure riferirsi ai contratti nazionali firmati dalle organizzazioni più rappresentative. Questa ambiguità autorizzava Cgil, Cisl e Uil a dormire sonni tranquilli, giacché non veniva messo in discussione il loro monopolio sulla rappresentatività.
Infatti, in Italia, con un dispositivo di questo tipo, si sarebbe arrivati prima o poi a sancire per legge che i minimi salariali sarebbero stati quelli dei CCNL firmati da Cgil, Cisl e Uil. Unica controindicazione, la necessità di arrivare ad approvare una legge sulla rappresentanza, questione tutt’altro che semplice e sempre rinviata da diversi decenni, senza la quale non sarebbe possibile stabilire questa primazia dei CCNL siglati dalle organizzazioni più grandi.
Questa via di uscita, però, è talmente finta e inconsistente che nella stessa Cgil si sono moltiplicate nel tempo le prese di posizione a favore di una legge che fissi una soglia minima oraria a prescindere dai contratti. E qui entra in campo il tema del quantum, cioè del Tec e del Tem.
Finora gli unici ad aver fissato una soglia erano stati i cinquestelle che, all’epoca in cui Nunzia Catalfo era Ministro del Lavoro, indicavano in 9 euro la cifra minima oraria. Ma quei 9 euro, eravamo allora nel 2019 e senza i pesanti incrementi dei prezzi degli ultimi anni, erano riferiti ai minimi tabellari contenuti in ogni CCNL, erano cioè il Tem, secondo la più recente terminologia confindustriale. Ora, invece, in un recente disegno di legge presentato al Senato sempre dai cinquestelle, i 9 euro vengono considerati lordi e quindi Tec, cambiando completamente di significato. Tanto per fare alcuni esempi, nei trasporti il Tem è di 1.476 euro e il Tec è di 1.874 euro; nel terziario, il contratto di Confcommercio prevede un Tem di 1.283 euro contro un Tec di 1.600 euro; nell’industria il Tem medio è di 1.350 euro netti mensili, mentre il Tec arriva a 1.850 euro.
La differenza non solo è molto consistente ma cambia completamente il senso dell’intervento. Mentre intervenire sui minimi tabellari produrrebbe una spinta verso l’alto sul salario di alcuni milioni di lavoratori inquadrati al minimo (nel 2019 erano poco meno di 3 milioni secondo l’INPS) e, a cascata, un effetto benefico anche sui livelli superiori, una legge che fissasse a 9 euro il Tec dei minimi salariali darebbe una spinta verso l’alto ad un numero molto più basso di lavoratori, lasciando inalterata la situazione della stragrande maggioranza dei CCNL.
Perché se venisse approvata una legge che fissa nuovi livelli minimi salariali, poi di conseguenza tutti i CCNL dovrebbero adeguarsi alla nuova norma. Ma se i minimi fissati fossero addirittura al di sotto dei Tec previsti dai CCNL, la legge perderebbe di senso.
Sarebbe ancora una volta un modo per far finta di intervenire, lasciando inalterata la situazione. Su queste basi la nuova convergenza, che si prepara all’orizzonte, spinge tutti sempre più in basso!
Unione Sindacale di Base