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Pensioni e Tfr

TFR e la trattenuta del 2,50% a carico dei dipendenti pubblici: una soluzione da "tecnici".

Roma,

Il Consiglio dei Ministri approva un decreto legge che annulla il prelievo del 2,5% per il Tfr a carico del dipendente e trova soluzione anche per non pagare subito le quote indebitamente sottratte negli ultimi due anni.

Così lo Stato risparmia 3,8 miliardi di euro poichè restituire ai dipendenti la trattenuta illegittima per i due anni fin qui trascorsi e sospenderla per il futuro è un’opzione troppo costosa per il bilancio pubblico.

Un'intricata vicenda che i mass media non aiutano certo a comprendere per le diverse interpretazioni di un testo di decreto che cerca di salvare "capra e cavoli".

Il decreto-legge del Governo dà attuazione a quanto prescrive la sentenza n. 223 della Consulta, la quale ha azzerato gli effetti della legge 122/2010, che ha dichiarato costituzionalmente illegittimo il prelievo del 2,5% sull'80% della retribuzione fissato dall'articolo 12, comma 10, nella parte in cui non era stata esclusa l'applicazione a carico del dipendente della rivalsa pari al 2,5% della base contributiva.

Una disposizione che aveva, in sostanza, modificato i rapporti tra datore di lavoro e lavoratore, scaricando su di questo oneri tipici del primo.

Il Consiglio dei Ministri, col decreto-legge, agendo sull'articolo 9, comma 10, della legge 122/2010, cancella così il taglio nei conteggi delle liquidazioni.

La soluzione del governo Monti è il ritorno per i dipendenti pubblici interessati (ossia tutti quelli assunti prima del 2001) al cosiddetto TFS (Trattamento di Fine Servizio), che indubbiamente prevedeva conteggi migliori di quelli attuali del TFR (Trattamento di Fine Rapporto).

E intanto qualche amministrazione (ad esempio il Dipartimento della pubblica sicurezza, ma anche Arma dei carabinieri e Gdf) aveva già annunciato con circolari che a partire da novembre si sarebbe tornati all’antico.

Insomma, ristabilendo le norme precedenti, lo Stato restituirà a suoi dipendenti quanto è stato tolto dal gennaio 2011 a oggi al momento di andare in pensione e la liquidazione sarà calcolata come se quel taglio non fosse mai avvenuto.

Ciò non significa che il Governo dovrà trovare su due piedi l’intera cifra: la gran parte della restituzione è un problema del futuro.

Una soluzione da "tecnici consumati" che ripropone, come al solito, lo scippo ai lavoratori.

La risposta del Governo alla sentenza della Corte Costituzionale riporta al centro dell’iniziativa sindacale anche la questione previdenziale.

Da parte dei gestori dei Fondi pensione del pubblico impiego CGIL-CISL-UIL-CISAL-UGL ci sarà un sempre maggiore accanimento per convincere i lavoratori a passare in regime di TFR e aderire alle forme di previdenza complementare.

USB sarà al contrario sempre più determinata nel far fallire questo obbiettivo nel pubblico impiego, sensibilizzando i lavoratori sulla necessità di costringere governo e sindacati compiacenti ad affrontare il tema della rivalutazione del sistema previdenziale pubblico.