Al Presidente Cnel Prof. Renato Brunetta
Usb esprime l’impossibilità a dare il proprio voto positivo alla Memoria presentata dal Presidente Cnel, Prof. Brunetta, voto contrario determinato dalla totale opposizione al Documento di Finanza Pubblica approvato dal Consiglio dei Ministri:
“notevole miglioramento della finanza pubblica nel 2024 e conferma in chiave prospettica degli obiettivi di spesa netta e di riduzione di deficit e debito enunciati nel Piano strutturale di bilancio”
Le valutazioni positive del Governo riguardano lo stato della Finanza Pubblica e non già la condizione del Paese Reale: la condizione di milioni di persone , oltre 6, ormai precipitati nella povertà assoluta come ha ben evidenziato anche il Rapporto Caritas, centinaia migliaia di persone che sono state costrette a rinunciare alle cure mediche a causa della mancanza di risorse economiche, ancora peggiore la condizione della sanità pubblica quasi completamente smantellata e con liste di attesa infinite.
C’è un pezzo di società molto ampio che non partecipa più alla vita del paese, al punto da aver rinunciato persino al voto, che però è da tempo in condizioni di sofferenza.
E’ evidente la pretesa di convincere questo paese della ineluttabilità di un futuro di guerra e della necessità di destinare immense risorse agli armamenti non è affatto convincente
Oggi che si sta manifestando in modo molto più chiaro che in passato il nesso tra riarmo da un lato e bassi salari e riduzione dei servizi pubblici
I Contratti nazionali sono fermi al palo, mentre si lavora sempre di più: il modello contrattuale attuale rende impossibile il recupero del potere d’acquisto, in una spirale inflattiva dove però aumentano i profitti delle imprese che al posto di investire si ristrutturano a danno della collettività.
Non serviva la conferma dello ILO sulla perdita secca dell’8,7% del potere d'acquisto, patita dai lavoratori italiani negli ultimi anni, ma adesso davvero nessuno può mettere in dubbio il crollo dei salari in Italia.
Negli ultimi mesi sono stati rinnovati i contratti nei settori dei marittimi, dei porti, della logistica e degli autoferrotranvieri con aumenti inferiori al 6% medio annuo a fronte di un’inflazione conclamata superiore al 17%, lasciando più del 10% in tasca delle aziende.
La conversione di parte dell’industria al militare è parte di questa logica, perché permette di rafforzare il progetto di UE grande potenza, ma anche di utilizzare risorse pubbliche per le commesse dell’industria.
L’industria di questo paese sta sprofondando da 24 mesi come dicono i dati ufficiali di Enti pubblici.
Un declino pesante accompagnato dall’apertura di innumerevoli crisi aziendali, dove il costo delle transizioni ecologico e digitali vengono fatte pagare alle lavoratrici ed ai lavoratori.
I settori strategici sono allo sbando: l’automotive è dentro una crisi irreversibile, la siderurgia non vede ancora soluzioni sul tavolo, con la prospettiva dell’ennesimo regalo a qualche multinazionale estera alla faccia di difesa dal “made in Italy”, dei posti di lavoro e dell’ambiente.
La cassa integrazione per molti di questi settori aumenta spaventosamente, con i lavoratori lasciati per anni in un limbo obliterante in un quadro di assenza di protagonismo, di iniziativa e di risposte concrete alla loro condizione.
A questa situazione non sta corrispondendo un piano straordinario di intervento per difendere l’industria ed i posti di lavoro come stiamo richiedendo da tempo.
Chi produce la ricchezza di questo paese, i lavoratori tutti, vuole un ritorno in spesa sociale, tutele come il diritto alla previdenza ed alla sanità, all’istruzione e servizi pubblici.
La scelta dell’Europa, condivisa anche dal nostro Governo è quella di riarmare il continente con 800 miliardi di euro che saranno investiti in armamenti e ancora più guerra.
Una scelta scellerata
Roma 24 Aprile 2025
Paola Palmieri
Consigliere Cnel per Usb