La vicenda dei 5 poliziotti infiltrati in Potere al Popolo, organizzazione politica promotrice di tante mobilitazioni alla luce del sole nonché candidata a varie tornate elettorali, e nell'Organizzazione giovanile "Cambiare rotta" non è solo una pagina buia della democrazia nel nostro paese. È molto di più.
È la fotografia del clima culturale, politico e valoriale di una classe politica schierata palesemente sul fronte della guerra e del riarmo.
E quando c'è un clima di guerra la prima vittima è proprio chi vi si oppone con chiarezza e senza equivoci, che deve essere preventivamente controllato anche quando agisce nella massima trasparenza.
Purtroppo tutto questo non ci meraviglia.
La storia della Repubblica è costellata di queste pratiche e metodi alle quali la presunta democrazia sistematicamente ricorre. Soltanto tre anni fa l'Usb fu vittima di una palese macchinazione con il ritrovamento di una pistola nella sede di Roma, un chiaro tentativo di screditare un sindacato conflittuale che organizza centinaia di migliaia di lavoratori, precari, disoccupati e occupanti di case.
Il “sistema della guerra" e tutte le sue implicazioni sul versante economico e sociale, con il decreto sicurezza appena varato che consente massima libertà di azione contemplando anche la possibilità da parte dei servizi segreti di infiltrarsi e dirigere organizzazioni terroristiche, non ammette dissenso perché ci vuole tutti silenziosamente arruolati alle ragioni della guerra. E le ragioni della guerra schiacciano le regole della democrazia, mandando in soffitta le libertà democratiche.
Ai compagni e alle compagne di Potere al Popolo e di Cambiare Rotta, con i quali stiamo conducendo un percorso di ferma opposizione alla guerra, va tutta la nostra solidarietà. Il cammino contro il riarmo e la guerra e per la giustizia sociale non potrà certo essere fermato da queste pratiche: non arretreremo nemmeno di un centimetro.
Unione Sindacale di Base