Il 2020 si è aperto con l’esecuzione del generale iraniano Soleimani e dell’irakeno Muhandis da parte degli Usa, alimentando venti di guerra su una situazione geopolitica internazionale già complicata.
L’accordo fra Tim e Google, insieme all’ipotesi di uno spin-off che vedrebbe i data center di TIM trasformarsi in una società quotata in Borsa, rappresenta un’ulteriore involuzione degli assetti industriali post privatizzazioni, con pericolose ricadute sulla gestione dei dati, sull’accesso alla comunicazione e sull’occupazione.
L’operazione è in fase embrionale e mancano ancora i dettagli, se mai questi verranno forniti dall’azienda, tuttavia i dati sono ormai divenuti una merce preziosa da scambiare sul mercato distorcendo il rapporto tra “chi entra in possesso dei dati“ e gli utenti, basti pensare all’espansione dell’e-commerce e ai servizi essenziali venduti via telefono.
Il dato ridotto a merce, trasforma negativamente anche le condizioni dei lavoratori del vasto mondo dei call center, sempre più schiacciati da ritmi, condizioni di lavoro e salari da fame.
I lavoratori del gruppo TIM sono stati sottoposti nel corso degli anni a pesanti ristrutturazioni e piani industriali rilevatisi fallimentari. Rispetto alla ventilata acquisizione dei Data Center di Tim da parte di Google, come USB vogliamo capire quali sono le analisi sui carichi di lavoro e sull’organizzazione aziendale su cui le aziende stanno lavorando. Non siamo disponibili ad ulteriori piani che mettano in discussione occupazione, salario, professionalità e diritti.
Se le due multinazionali non hanno voluto chiarire quali sono le garanzie per i cittadini rispetto ai loro dati immagazzinati nei data center TIM rimane aperta la questione della tutela dei dati e del traffico dei dati generalmente intesi, conservati nei data center di TIM.
Il contesto internazionale vede l’intensificarsi della competizione economica e militare, con connessi riflessi di cyber spionaggio, cyber war e cyber control con finalità geopolitiche, di gestione degli stati o di tipo industriale.
L’amministrazione delle informazioni nella società digitale è determinante per il controllo tanto dello scenario internazionale che interno, con un evidente involuzione di carattere autoritario su entrambi gli scenari.
Dal punto di vista industriale poi va considerato che TIM ha fatto cospicui investimenti nel mercato del cloud in Italia, che è in crescita e che sarà ulteriormente sostenuto dall’integrazione di nuovi prodotti e applicazioni legata alla tecnologia 5G, e che Google è un concorrente di TIM.
È legittimo pertanto temere che più che una partnership, l’accordo possa trasformarsi in una vera acquisizione da parte di Google di un pezzo promettente del business di TIM, indebolendola ulteriormente.
È tempo quindi riportare l’infrastruttura delle TLC e di TIM a una gestione pubblica che garantisca l’interesse generale, la democrazia nella rete, l’indipendenza e la buona occupazione.
È tempo di riportare in mani pubbliche la politica industriale del Paese