Il Comitato Utenti e Lavoratori in difesa del Trasporto Pubblico, assistito dagli avvocati Arturo Salerni e Maria Rosaria Damizia, ha presentato un ricorso al Tribunale Amministrativo Regionale del Lazio chiedendo l’annullamento, previa sospensiva, dell’ordinanza 30.04.20 del Presidente della Regione Lazio (“ulteriori misure per la prevenzione e gestione dell’emergenza epidemiologica da COVID - 2019”), dell’allegato tecnico n.15 del DPCM 11.6.20 e delle disposizioni operative Atac n.125 del 3.06.20, n.82 del 3.05.20 e n.104 del 29.05.20.
Si tratta dei provvedimenti che regolano il funzionamento del trasporto pubblico nelle fasi 2 e 3 dell’emergenza Covid-19, di cui si contestano i fondamenti giuridici e logici, nonché l’efficacia sul campo, come a suo tempo denunciato anche dall’Unione Sindacale di Base.
Il ricorso sottolinea come tutti i controlli (verifica del raggiungimento della soglia del 50% della capacità del mezzo, controllo della temperatura corporea, osservanza della distanza interpersonale di un metro, uso delle mascherine), siano demandati a una sola persona, il conducente del mezzo, che in buona sostanza dovrebbe occuparsi del funzionamento del servizio, ivi compresa l’osservanza del codice della strada, e contemporaneamente tenere d’occhio il pubblico a bordo garantendo il rispetto delle norme anticontagio. Un’impresa che non solo è impossibile per un solo operatore, ma viola anche la normativa del settore: proprio l’assenza della figura di un controllore è infatti il motivo per il quale vengono contestati e impugnati i provvedimenti.
Non solo: nel ricorso si sottolinea come siano completamente sballati i conteggi sulla riduzione al 50% della capienza dei mezzi di trasporto.
Ad esempio un convoglio della metropolitana può ospitare 1208 passeggeri, 992 dei quali in piedi. Con l’abbattimento al 50% questi ultimi diventano 496, cioè 3 persone per metro quadro disponibile, con buona pace della regola del distanziamento minimo di un metro.
Su un bus di 12 metri il distanziamento interpersonale imporrebbe invece un tetto massimo di 10 persone a sedere e 4 in piedi, rispetto alle 50 consentite dal limite del 50% fissato dai provvedimenti di cui si chiede l’annullamento.
È evidente come le direttive regionali e aziendali siano in totale contrasto con la normativa quadro nazionale, con il risultato di facilitare anziché ostacolare la circolazione e la diffusione del coronavirus. Vanno perciò annullate e riformulate.
Unione Sindacale di Base