L’improvvisa accelerazione impressa dalle manovre finanziarie estive ha imposto a ciascuno di noi un ripensamento circa la “mondializzazione” dell’economia e la bontà del modello economico mercantile, così come appare evidente la crisi che attraversano i sistemi di rappresentanza politica e della concertazione sindacale a ogni livello.
E’ il modello “villaggio globale” a mostrare visibilmente le crepe di una società che distrugge il valore delle relazioni sociali, sotto la spinta delle speculazioni finanziarie più efferate ed incoscienti.
Gli strozzini di diritto (banche, istituzioni monetarie internazionali, agenzie di rating e quant’altro) hanno ormai occupato ogni segmento delle nostre istituzioni: da quelle sopranazionali a quelle più periferiche. In forza del diritto che hanno saputo imporre, sono nella condizione di distruggere interi Stati nazionali o determinare politiche economiche proprie dei periodi di guerra.
Di tutto ciò ne fanno le spese cittadini e lavoratori, mentre – al tempo stesso – qualcuno riesce a fare profitti anche in tempo di crisi, grazie ai cd. “fondi salva-Stati”, che sarebbe più corretto chiamare salva-banche.
Nel nostro paese abbiamo ricevuto “l’ordine” della Banca Centrale Europea di tagliare il personale pubblico, di abolire le province, di ridurre gli spazi di contrattazione, etc.
A questi diktat dobbiamo replicare con forza ribaltando i modelli imposti e ricostruendo, a livello locale, quella rete di protezione e di tutela dei diritti di cittadinanza che sono diritti di tutti.
Diritti sostenuti in generale in tutto il pubblico impiego, ma in particolare dal personale che opera negli enti locali, anello di congiunzione e di raccordo tra amministratori e amministrati in ogni genere di servizi erogati: dai servizi per l’infanzia a quelli per gli anziani, dai servizi demografici e amministrativi a quelli di vigilanza o a quelli tecnici, ambientali, culturali e sociali.
Le condizioni determinate dalla crisi economica e di rappresentanza impongono il recupero di un ruolo che plasmi una società nuova, aperta e plurale, dotata di servizi universali, che ponga al centro della propria azione in primis il recupero del rapporto tra cittadino e lavoratore erogatore di servizio: il vero motore della nostra società!
In questo senso dobbiamo ribaltare la visione “globale” per ripartire collettivamente da ogni territorio del mondo, ogni comune del mondo, ogni comunità locale.