Continua la mattanza di lavoratrici e lavoratori nel nostro Paese: sono almeno cinque gli uccisi sul lavoro delle ultime ore. La notizia più impressionante è quella del giovane operaio travolto da una frana di materiali di scavo nel foggiano il 27 febbraio: si chiamava Francesco Albanese, avrebbe compiuto 24 anni tra un mese. Dopo due mesi di agonia è deceduto al Policlinico di Messina Nino Spanò, operaio di 51 anni precipitato da un’impalcatura durante lavori di carpenteria in cantiere. Un altro operaio ha perso la vita nel teramano il 26 febbraio, sembra investito da un mezzo pesante in manovra nel piazzale di un’azienda. Domenica 25, in provincia di Alessandria, è stato investito un operaio della Società Autostrade, rimasto ucciso nello schianto. Nel pomeriggio di sabato 24, invece, un operaio di 43 anni è precipitato in un cantiere ad Olbia, si chiamava Bitichi Baskim, di origine kosovara che, pare, non fosse neanche di turno al lavoro.
Queste sono solo alcune delle tremende notizie che abbiamo raccolto nelle ultime ore, ma indicano ancora una volta un dato più che preoccupante: salute e sicurezza sul lavoro in Italia non sono una priorità per la parte datoriale. Il lavoro non è più un mezzo di sostentamento, ma una vera e propria lotta per la sopravvivenza: troppo spesso per risparmiare si taglia su misure salvavita, per fare più veloce gli spazi a rischio non vengono interdetti, perfino i macchinari vengono manomessi mettendo a rischio la vita di chi ci opera.
Per fermare la strage serve, non ci stancheremo mai di dirlo, una deterrenza reale: il reato di omicidio e lesioni gravi o gravissime sul lavoro avrebbe un effetto pratico, immediato, dando finalmente un freno reale al fenomeno. Misure come la patente a punti per le imprese edili, in questo contesto, appaiono decisamente insufficienti per fermare la strage.
USB e Rete Iside ricordano gli importanti appuntamenti di questo fine settimana: sabato 2 saremo a Firenze, la mattina con un convegno, dalle ore 10:00, intitolato “Omicidi sul lavoro: tanti morti, nessun colpevole. Perché introdurre un reato speciale”.
Unione Sindacale di Base
Rete Iside