Un costo umano ed economico inaccettabile perché in larga misura evitabile.
I comparti lavorativi che hanno registrato il maggior numero d’infortuni nel 2009 sono quello scolastico e della pubblica amministrazione, mentre in calo sono gli incidenti nel settore agricolo (-16%) ed edile (-13%).
Nel nostro Paese, l’anello debole nel sistema di tutela della salute sul lavoro è la mancanza di una cultura della sicurezza che parte dai datori di lavoro, investe i delegati della sicurezza, fino ad arrivare a chi ne subisce gli effetti, i lavoratori.
Non negli intenti ma con i fatti, è urgente una strategia volta alla sensibilizzazione della coscienza di tutti i protagonisti come co-responsabili anche della loro stessa incolumità.
La mancanza principale in molte organizzazioni di lavoro si verifica nella "forma mentis", in una mancanza di una solida cultura della sicurezza, che riguardi tutti.
Se la tutela della salute, la prevenzione dei rischi d’infortunio e incidenti sul lavoro, non sono nella testa dal datore di lavoro all’ultimo arrivato, come valore e prassi consolidata e condivisa, tutte le misure di prevenzione e protezione sono precarie e lasciano un largo margine al rischio d’incidente.
Crediamo quindi nella necessità di agire urgentemente sul soggetto “tutelante”, facendone un soggetto attivo e protagonista del sistema di prevenzione e protezione.
La cultura della sicurezza e della tutela della salute del lavoratore è frutto di un’educazione sociale volta a prevenire e controllare i rischi per la vita, la salute e la proprietà, che nasce da valori socialmente condivisi, in particolare il valore della vita e della salute in generale, da cui il dovere e l’interesse ad attivarsi per tutelare vita e salute sul lavoro.
Dal lato oggettivo, questo si deve rendere concreto nei dispositivi messi in atto per prevenire incidenti (fin dalla fase di progettazione) e contenerli nel caso che accadono: norme, controlli, procedure interne, strutture per l’analisi dei rischi e la pianificazione dell’emergenza, strumentazione di controllo e sicurezza, addestramento del personale, ecc.
Dal lato soggettivo, è un ambito mentale, una “forma mentis”, del come fare il lavoro sempre in sicurezza, prevenendo ogni tipo di rischio e attivandosi per evitare e/o contenere incidenti sul lavoro.
Se manca questo, cioè la volontà e la spinta in questa direzione, il sistema della sicurezza è lasciato al caso.
Il corpo dirigente dell’organizzazione, oltre ad essere soggetto di sicurezza, ha un ruolo di responsabilità nell’introduzione di misure preventive e controllo all’interno del luogo di lavoro.
Per sensibilizzare e educare persone di una determinata organizzazione di lavoro alla cultura della sicurezza, ci sono tante vie da prendere in considerazione, in grado di influenzare le masse e i gruppi: persuasione, pressione sociale, incentivi, informazione e formazione.
Prendendo la formazione come esempio, sia per la sua praticità applicativa che per la sua natura prettamente educativa, si potrebbe obiettare che di formazione sulla sicurezza ne è stata fatta già tanta, a larga scala, per legge, da tanto tempo.
Certo, i risultati ci sono stati, ma non più di tanto se il tasso di morti bianche e infortuni è ancora così alto.
E’ quindi necessaria una formazione che superi il livello informativo e tocchi nel profondo le persone, con l’ovvio risultato di avere un impatto più positivo.
Pertanto, si deve investire in sicurezza e in formazione continuamente e dissuadere chi è convinto che la sicurezza sia solo ed esclusivamente un costo.
La tesi che si pone è che la formazione incide sulla cultura delle persone, in particolare sulla cultura della sicurezza e della tutela della salute e che, dato per attendibile il principio sull’egemonia dell’aspetto culturale nell’infortunistica, determina una diminuzione di incidenti e di infortuni sul lavoro.
Tutto questo per dire che è nostro dovere sensibilizzare e informare i lavoratori sulla natura del rischio di una mancata o parziale applicazione della normativa antinfortunistica sul luogo di lavoro, com’è e sarà sempre nostro dovere evidenziare e denunciare queste mancanze per concorrere ad accrescere una cultura di sicurezza, anche perché troppo spesso si ricorre alla “fatalità” per giustificare un’evidente implicazione di responsabilità.