Sin dalle prime ore della mattina piazza Montecitorio è stata riempita dai precari, da chi un lavoro e una casa non ce l’ha, da chi non ha né un presente né un futuro davanti a sé, ma anche da chi vede il proprio lavoro ogni giorno sempre in forse, sempre più svilito e svuotato di ogni funzione sociale a causa dei processi di privatizzazione e di smantellamento dell’amministrazione pubblica.
Rabbia esprimevano gli ispettori del Lavoro, dell’INPS dell’INAIL, delle ASL, dell’Agenzia delle Entrate che il cosiddetto processo di semplificazione delle normative sta trasformando in consulenti delle imprese in un paese dove gli infortuni e le morti da lavoro non conoscono tregua, dove l’evasione contributiva e fiscale costituisce un vero e proprio ammortizzatore sociale per il padronato. Per loro il decreto sviluppo ha previsto sanzioni fino al licenziamento in caso di eccesso di zelo nell’espletamento delle loro funzioni di controllo!
La rabbia delle insegnati e maestre delle scuole materne e degli asili nido del Comune di Roma è esplosa contro lo svuotamento totale del Fondo Nazionale per l’Infanzia ad opera del Governo e controlla politica di finanziamento degli asili privati a favore delle organizzazioni cattoliche della giunta Alemanno, che non solo sminuisce il valore formativo del loro lavoro, ma lo precarizza in modo abnorme.
Gli ATA, ex LSU, delle ditte e dei Consorzi che gestiscono le pulizie nelle scuole, erano presenti incazzati e in gran numero, con questa giornata di sciopero proclamata da USB contro l’accordo firmato la settimana scorsa da CGIL CISL UIL che li colloca per tre mesi in Cassa integrazione, con una diminuzione paurosa di un salario che normalmente non raggiunge i 900 euro mensili; questi sindacati, in sintonia con i governi presente e passati, hanno accettato il quasi dimezzamento del capitolo di spesa destinato a questo servizio, pur di mantenere in vita i consorzi, spesso loro legati tramite le centrali cooperative e negare il diritto ad una stabilizzazione che peraltro costerebbe molto meno alle casse dello stato.
Ma in piazza ad esprimere la loro indignazione si erano dati appuntamento anche i precari e i lavoratori della ricerca, protagonisti di tante battaglie contro scelte economiche che non solo penalizzano loro, ma ipotecano la possibilità che questo paese possa conoscere uno sviluppo vero e di qualità.
In piazza ancora una volta i precari del Terzo Settore, delle Cooperative sociali e di assistenza, sempre più sfruttati e mal pagati, lavoratori spesso giornalieri che non hanno riconosciuto alcun diritto come non ha diritti chi non ha reddito, i disoccupati, le donne e gli uomini immigrati che, insieme ai cittadini romani che non possono permettersi un affitto o sono stati sfrattati, conducono lotte esemplari per il diritto all’abitare, contro la speculazione edilizia che tenta di allungare ancora di più le mani sulla città.
Insieme ai movimenti sociali che in questi mesi hanno prodotto lo sciopero metropolitano del 30 maggio scorso, che riuniti in Roma Bene Comune, hanno ingaggiato una dura battaglia contro la politica capitolina.
Contro questi stessi speculatori e contro i loro amici e protettori politici stanno lottando gli autoferrotranvieri della nostra città, contro la privatizzazione del trasporto pubblico e per una mobilità sostenibile, contro Alemanno che vuole svendere i depositi e gli immobili dell’ATAC in centro città per sanare debiti che la sua giunta ha contribuito ad aumentare a dismisura, sottraendoli ad un uso pubblico a disposizione dei cittadini.
Ed ancora i precari e lavoratori dello spettacolo che occupano il Teatro Valle, i precari della sanità e di tante altre amministrazioni pubbliche, che non si sono fatti intimidire dall’incredibile spiegamento di polizia, neanche quando questa ha tentato di impedire che la rabbia prendesse la forma di ortaggi lanciato al mercato della politica che in quel momento, con l’intervento di Berlusconi, mostrava il suo vero volto: una maschera lontano dalle necessità vere del paese e della sua parte migliore, checchè ne dica il Brunetta di turno.
L’indignazione ha percorso poi le strade del centro cittadino, bloccandosi sotto il Ministero della Funzione Pubblica, così malamente interpretata da questo ministro, per poi rioccupare piazza Montecitorio.
Proprio una bella giornata.
23 giugno 2011 - Il Manifesto
PROTESTA. I precari e gli studenti davanti a Montecitorio vengono cacciati dalla poliziaIndignati fuori dal palazzoOpposizione Opposizione Di nuovo in piazza, i manifestanti ricevono il trattamento Brunetta.Ma stavolta in più c'è il manganello di Ylenia Sina
ROMA - Manganelli in risposta a verdure e uova. Così il governo ha tentato di rispedire nell'invisibilità la rabbia precaria che ieri mattina ha invaso piazza Montecitorio in concomitanza con l'intervento del premier Berlusconi alla Camera. Tutto vano, però, perché la «Piazza dell'Indignazione Precaria», dopo una mattinata di lotta e quando è ormai pomeriggio inoltrato, è ancora lì.
Fin dalle prime ore della mattinata centinaia di indignati hanno iniziato ad affluire al presidio che, per l'occasione, si è trasformato in una grande assemblea. Al microfono aperto sulla piazza si sono alternate le voci «del Paese reale che soffre la crisi». Ad assediare Montecitorio i precari della scuola, al loro quarto giorno di presidio permanente, i lavoratori «precari» socialmente utili in sciopero per tutta la giornata, quelli del pubblico impiego e del lavoro privato aderenti all'Unione sindacale di base e ai Cobas, gli attivisti di San Precario, i movimenti per il diritto all'abitare, la Rete Roma Bene Comune, gli studenti. Una piazza con tante anime decisa a ribadire che «non è con le spallate politiche che si sfiduciano i governi ma alzando la voce, dal basso».
Con l'arrivo di una delegazione di ex Lsu in sciopero da Napoli, intorno alle 11, la piazza si riempie. Mentre nell'aula di Montecitorio sta parlando il premier Berlusconi, i manifestanti, tra fischi e urla di «dimissioni», iniziano a lanciare uova, verdura marcia e qualche libro portato lì dai precari della scuola. Il tutto in direzione di un Palazzo difeso da blindati e dai cordoni della polizia. Basta il lancio di un paio di petardi per far alzare la tensione e in pochi minuti una trentina di poliziotti in tenuta antisommossa entrano nella piazza e la sgomberano, spingendo via i manifestanti che si riversano sulla strada. La risposta dei manifestanti non si fa attendere: «In corteo per bloccare le vie della città», urlano dal megafono tentando di riportare la tranquillità. Direzione: ministero della Pubblica amministrazione. «Vogliamo andare a bussare alle porte di casa Brunetta che oltre a essere il responsabile del peggioramento delle condizioni di centinaia di precari non ha nemmeno il rispetto per chi non riesce ad arrivare alla fine del mese», denunciano da San Precario in un coro di fischi rivolti a chi solo pochi giorni fa li ha definiti «l'Italia peggiore».
Dal ministero il corteo prosegue su via Vittorio Emanuele, paralizzando il traffico della capitale. Quindi verso il Teatro Valle, occupato lo scorso 14 giugno dai precari e dai lavoratori dello spettacolo che salutano il passaggio del corteo ricevendo in cambio cori di solidarietà. Via del Teatro Valle è stretta e i manifestanti la riempiono da cima a fondo. La testa del corteo è intenzionata a proseguire verso piazza Sant'Eustachio ma si trova la strada sbarrata da un blindato della polizia e da un cordone di agenti in tenuta antisommossa. «Ancora una volta sono i manganelli l'unica risposta del Governo nei confronti di chi chiede di fermare la precarizzazione del lavoro, welfare, reddito minimo e servizi per tutti, sempre più a rischio in un paese che dovrà affrontare una finanziaria da 40 miliardi di euro», spiegano dall'Unione sindacale di base, che ha annunciato per luglio uno sciopero dei precari.
A sostegno degli attivisti cacciati da una piazza «per cui avevano l'autorizzazione a rimanere fino a sera» arriva anche Stefano Pedica, senatore dell'Italia dei Valori. Così la situazione si sblocca e i manifestanti possono tornare in corteo verso Montecitorio. Da una grande assemblea la decisione che emerge è di non abbandonare la piazza. L'intenzione è quella di «mantenere la mobilitazione nei prossimi giorni verso un autunno di lotta e fare in modo che tante altre piazze come questa si riproducano in tutto il Paese», esclama dal microfono Paolo Di Vetta dei Blocchi precari metropolitani. L'appuntamento, lanciato da San Precario, è per il primo luglio per un'assemblea nazionale verso lo sciopero precario e per mantenere alto il «livello di indignazione» verso la manovra Tremonti.
23 giugno 2011 - Avvenire
Cobas a Montecitorio, il giorno della rabbia
Uova e libri contro il Palazzo. Momenti di tensione e cori: vergogna,dimissioni
di ANGELO PICARIELLO
Roma - «Non abbiamo seguito le sirene che ci invitavano a contrastare la crisi con stimoli fiscali...». Buum. Da piazza Montecitorio arriva il rumore sordo di una bomba carta. Silvio Berlusconi stava affrontando il capitolo economico nella sua relazione alla Camera quando le sirene arrivano per davvero. Quelle della polizia.
Degenera una manifestazione dei Cobas e Usb (unione sindacati di base) contro il decreto sviluppo. Manifestazione che era stata autorizzata, chiariscono gli uomini della Digos, e che non si preannunciava offensiva. Le forze di polizia erano schierate davanti a Montecitorio la stavano fronteggiando con un assetto 'blando' antisommossa, come per far sfogare la protesta in modo indolore. Ma da dietro le transenne a un certo punto parte di tutto. In pochi istanti la salitella che conduce all’ingresso principale di Montecitorio assomiglia alla «palude maleodorante» di cui parla Pierluigi Bersani. Lanci di uova come se piovesse, un paio - dalle mani di un buon lanciatore - arrivano fin davanti all’ingresso principale. E poi ortaggi di ogni tipo: pomodori, patate, arance, limoni, persino funghi, qualche melanzana.
Ma non sono solo le mercanzie del fruttivendolo ad andare sprecate. Volano anche libri, come a ricordare che fra i due-trecento che protestano sotto le bandiere dei Cobas e dell’Usb (Unione sindacati di base) ci sono anche i precari della ricerca e della scuola. Sulla piazza, insieme agli ortaggi, finiscono così anche testi di scuola e classici che nessuno leggerà più come quelli di Zola, 'Il ventre di Parigi', o Lovecraft e 'I miti di Cthulhu', pagine di Kerouac 'La città e la metropoli' e persino Hesse, 'Francesco d’Assisi'.
Ma la cultura, si sa, non ha fatto male a nessuno, anche quando viene lanciata in aria. Senonché spuntano anche un paio di fumogeni verdi, fino a che - proprio sotto i piedi degli agenti che avevano indietreggiato leggermente, riparandosi, con gli scudi alzati, dietro l’hotel Colonna Palace - scoppia una vera e bomba carta che scuote la piazza e risuona fin dentro l’aula. È a quel punto che polizia e carabinieri, che nel frattempo avevano chiesto rinforzi, si muovono insieme per respingere i circa trecento manifestanti che ripiegano intonando cori contro il Palazzo: «Vergogna-vergogna». «Dimissioni-dimissioni». Spuntano i manganelli, anche se non si tratta di una vera e propria carica, ma nel contatto qualcun finisce a terra, semi-contuso. Niente di grave per fortuna, ma ora i cori sono contro i poliziotti, irripetibili.
E, a sorpresa, dietro le transenne scatta la guerra fra poveri delle proteste. Un manifestante veneziano con folta barba e paglietta per ripararsi dal sole - che da 19 giorni è lì insieme ad un piccolo gruppetto da tutta Italia e porta avanti uno sciopero della fame contro i privilegi del Palazzo, ma non ha mai dato fastidio a nessuno - se la prende con i nuovi arrivati della protesta, più rumorosi e duri: «Con la violenza non ottenete niente», grida. E poi, «a che serve prendersela con questi agenti pagati 1.200 euro al mese?», gli chiede a gran voce. I Cobas esaurite le 'munizioni' indietreggiano, si spostano, ma trovano ostruiti gli accessi al Senato e così ripiegano verso Corso Vittorio davanti al ministero della Pubblica Amministrazione per protestare contro il ministro Brunetta.
Nel Palazzo, intanto, il dibattito va avanti con qualche stanchezza. Nel frattempo il dibattito va avanti con qualche stanchezza. Lo testimonia Umberto Bossi che si porta la mano alla bocca 14 volte e - sorpreso dalle telecamere che inquadrano il discorso di Berlusconi con lui al fianco, fa il giro dei siti attraverso Youtube. Roberto Maroni, almeno, aveva la scusa buona, la festa di laurea della figlia e così si è risparmiato in un colpo solo il discorso del premier e il rischio di una chiamata in causa per la gestione dell’ordine pubblico davanti a Montecitorio, tutto sommato risultata ineccepibile, al netto delle intemperanze dei manifestanti autorizzati.
Ma un po’ di noia viene anche al premier, quando tocca a lui sentire gli altri. Ne approfitta per aggiornare l’agenda, il premier: «16.30. Torre in Pietra, cerimonia», scrive su un foglio destinato ai suoi collaboratori. E quando il capogruppo di Fli Benedetto Della Vedova lo accusa di aver tradito la destra liberale, lui la sua risposta la mette per iscritto su un foglietto a beneficio dei soli vicini: «Fli allo 0,9% a Latina (!!), città storicamente di destra -ironizza il premier sulla carta intestata della Camera, come intercettano i potenti teleobiettivi in tribuna - . Della Vedova è rimasto fedele, ma gli elettori del Pdl...». Cinque ore, per il premier, vissute a due metri dal grande nemico Gianfranco Fini, ma essendo alle sue spalle la scusa è buona per ignorarsi. A lavori conclusi la scelta è: ignorarlo o salutarlo?. Ma sì, lo saluto, avrà pensato Berlusconi, al termine di una giornata positiva, che mette il buon umore. E ci scappa pure la stretta di mano che mancava da un anno, dal giorno del dito alzato in direzione Pdl.
23 giugno 2011 - Quotidiani rete Repubblica
Manifestazione dei precari della scuola. L’urlo della piazza: «Dimissioni»
Scontri davanti alla Camera
Cariche della polizia quando viene lanciato un petardo
di ANNALISA D’APRILE
ROMA - Nell’aula di Montecitorio grandi discorsi sulla «maggioranza forte e coesa», fuori il lancio di uova e pomodori. Dentro gli applausi del centrodestra al premier che garantisce «governabilità», in piazza mezz’ora di bagarre furiosa dei precari della scuola e dei senza casa in protesta. Due realtà di uno stesso Paese che ieri sono andate in scena in contemporanea.
«Dimissioni, dimissioni» urlano a gran voce i manifestanti di Cobas e Usb all’indirizzo del presidente del Consiglio che, in quello stesso momento, nell’aula della Camera stava aprendo le otto ore di dibattito sulla verifica parlamentare del governo, chiesta dal presidente della Repubblica Giorgio Napolitano. Fuori il parapiglia si scatena in un attimo. A provocarlo, precisano prendendone le distanze Cobas e aderenti al Presidio permanente a Montecitorio, «alcuni infiltrati dei centri sociali e del "movimento 14 dicembre"». La tensione sale al massimo quando i precari urlano «Vergogna!»: dalle retrovie della folla assiepata sulle transenne che delimitano la piazzetta, scatta un lancio di uova, lattuga, pomodori ed anche libri. Informato di quanto sta accadendo fuori, Berlusconi non interrompe il suo discorso (applaudito dalla maggioranza, deriso dall’opposizione, specie nella parte in cui annuncia che non farà il premier a vita, anche perché è un «grande sacrificio»).
In piazza intanto, sotto il sole a picco di mezzogiorno, una trentina di agenti in tenuta antisommossa interviene quando verso il palazzo del potere vola un grosso petardo. Paolo Di Vetta, leader dell’associazione As.i.a per i diritti sulla casa, finisce a terra sotto i colpi di manganello. La folla si disperde per poi ricompattarsi e marciare verso il Senato.
«Pochi facinorosi hanno rovinato quello che voleva essere l’inizio di un dialogo» commenta un insegnante, mentre i sindacati di base (in protesta da martedì pomeriggio a sostegno dei precari della pubblica amministrazione dopo gli «insulti di Brunetta») sottolineano che a provocare le forze dell’ordine sarebbero stati «infiltrati» dei centri sociali romani. «Gli incidenti mi rattristano sempre - commenta il leader del Pd Luigi Bersani - ma Berlusconi continua a raccontare che è tutto a posto, invece sono stati lasciati a casa decine di migliaia di dipendenti pubblici».
Alla fine, in piazza Montecitorio torna la calma, sui sampietrini restano gusci e rossi d’uovo, verdure calpestate e i libri di Kerouac ("La città e la metropoli"), Zola ("Il ventre di Parigi"), Hesse ("Francesco d’Assisi") che un insegnante raccoglie e rimette in ordine sul banchetto del presidio.