Al Direttore Generale
Dr. Giuseppe Colpani
e,p.c.
Al Prorettore alle Relazioni Sindacali
Prof. Nathan Levialdi Ghiron
Università degli Studi di Roma “Tor Vergata”
Il 19 ottobre 2020 è stato firmato il decreto del Ministro per la Funzione Pubblica in merito allo smart working nelle pubbliche amministrazioni.
Il decreto ministeriale attua le norme del decreto Rilancio, alla luce dei Dpcm del 13 e 18 ottobre. Occorre ricordare che il Decreto rilancio (con le modifiche apportate in sede di conversione in legge) era intervenuto per regolamentare il rientro in servizio mantenendo comunque una percentuale di personale in modalità agile. Con il provvedimento emanato (che resta in vigore fino al 31 dicembre) si interviene nuovamente sulla materia, alla luce dei preoccupanti segnali di ripresa dei contagi.
In primo luogo si modifica il vincolo del limite del 50% del personale impegnato nelle attività che possono essere svolte da remoto, fissando quella percentuale come soglia minima e puntando ad elevare il più possibile la stessa compatibilmente con le capacità organizzative delle Amministrazioni.
Con l’ultimo DPCM firmato il 3 novembre, su tutto il territorio nazionale è richiesto il massimo ricorso allo smart working da parte dei datori di lavoro pubblici e privati.
Alla luce degli ultimi provvedimenti governativi, si chiede a codesta Amministrazione in base a quale giustificazione ha inteso applicare in senso contrario le misure contenitive, dal momento che obbliga i responsabili di struttura dell’Amministrazione Generale ad incrementare le giornate lavorative in presenza fino a quattro giorni la settimana.
La disposizione, peraltro, ancora una volta è arrivata ai dipendenti dall’alto, come un diktat, con una comunicazione informale, una sorta di “è stato deciso”, e con attuazione immediata.
Non rinvenendo motivi plausibili dal punto di vista organizzativo, verrebbe da considerare questa decisione come una sorta di misura punitiva generalizzata che sta creando ancora una volta confusione e incertezze.
Se qualche défaillance è emersa nella gestione di questa difficile fase emergenziale, probabilmente non palesemente riscontrabili nelle attività in presenza, è compito della dirigenza intervenire sui motivi che le hanno originato e risolvere i casi specifici.
Sarebbe opportuno, per dipanare ogni dubbio, riconoscere nel contempo la capacità di reazione dimostrata dal personale tutto nell’affrontare il momento di crisi, per di più aggravato dall’hacheraggio alla rete informatica, consentendo con autonomia e responsabilità la continuità delle attività istituzionali.
Perché, nonostante il lock down, Tor Vergata è rimasta aperta grazie anche ai dipendenti che non hanno lavorato in presenza.
Per non disperdere gli effetti e i risultati ottenuti nella pratica di questo nuovo modello di lavoro, ancorché emergenziale, si rinnova la richiesta di una informativa, una sorta di bilancio dell’esperienza vissuta e tuttora in corso per arrivare in prospettiva ad una regolamentazione della nuova disciplina che andrà a regime al termine dello stato emergenziale, tenendo ben presente che lo smart working, o lavoro agile, può funzionare se c’è un rapporto circolare di fiducia.
In considerazione delle riflessioni esposte, si chiede a codesta Amministrazione una comunicazione formale e trasparente al personale circa l’attuazione delle misure volte ad un maggior contenimento della pandemia, tra cui è del tutto evidente la riduzione della presenza dei dipendenti sul posto di lavoro.
Non è oltremodo rinviabile, inoltre, il coinvolgimento dei rappresentanti dei lavoratori per la sicurezza riguardo alle attività di prevenzione a carico delle amministrazioni in relazione al documento di valutazione dei rischi aggiornato alla situazione emergenziale.
Cordiali saluti.
Roma 05.11.2020
USB PI – Università
Anna Maria Surdo