AI RETTORI che chiedono di salvare l’Università:
MA DOVE ERAVATE ?
E’ la domanda che sorge spontaneo fare a Mancini, Presidente CRUI , dopo aver letto i commenti e le sei richieste da lui formulate al prossimo governo per salvare il sistema universitario pubblico.
(
)Non è credibile chi si lamenta della fuga dei cervelli e del calo delle immatricolazioni, quando continua ad accettare provvedimenti che prevedono il numero chiuso, l’aumento delle tasse universitarie, l’eliminazione di corsi di laurea o di interi Atenei, a vantaggio di atenei privati o di altri, da sempre privilegiati grazie alla loro collocazione territoriale.
Ricordiamo che per l’elezione di Mancini a Presidente della CRUI, la USB presidiava l’Assemblea per chiedere ai rettori un cambio di rotta nella gestione degli atenei, che permettesse di difendere la funzione sociale del sistema universitario messa a rischio dall’entrata in vigore della riforma Gelmini.
La disastrosa riforma Gelmini che, accompagnata da tagli e blocco del turn-over, non ha come scopo la risoluzione dei problemi del sistema universitario pubblico, ma ne sancisce il suo smantellamento mettendola nella mani dei potentati economici-finanziari. E’ questo un processo che contribuisce a modificare lo sviluppo sociale del nostro paese a danno delle classi più deboli, voluto da una politica cedevole al progetto europeo di trasformazione sociale.
La lotta per l’Università e Ricerca Pubblica si salda con la lotta contro questo sistema.
“Restituire l’autonomia responsabile all’Università” … , così come chiesto dalla CRUI, non può che preoccuparci, alla presenza di una riforma che elimina la democrazia interna, lasciando pieno potere ai Rettori e ad un Consiglio di Amministrazione di fatto governato dai privati e dai baroni al loro soldo.
Quello che si ostinano a nascondere i Rettori, Mancini in testa, è la necessità di rivedere l’intera impostazione della riforma, costruita su principi quali competizione e valutazione meritocratica: tra atenei di serie A e B, tra le corporazioni accademiche e le componenti più deboli delle comunità universitarie. Parole che vanno sostituite da collaborazione e funzione sociale tra/degli Atenei e che vengono regolarmente dimenticate dai partiti che ci hanno governato in questi anni e che si apprestano ora a farlo.
Aggiungiamo che, per evitare il fallimento dell’Università pubblica, non può essere sufficiente rivendicare il pur indispensabile aumento dei finanziamenti pubblici, se non si accompagna a una politica che permetta l’acquisizione omogenea del libero sapere, abbandonando l’impostazione aziendalistica di matrice confindustriale e bancaria.
USB con studenti, lavoratori e tutti coloro che hanno a cuore la difesa dello “Stato Sociale”, è parte attiva nel rivendicare la sovranità Pubblica dell’Università e della Ricerca. Rivendichiamo il rispetto dei principi costituzionali di libera ricerca di base e formazione permanente, affinché sia restituito all’Università Pubblica il suo ruolo “costituente” per garantire all’intero paese vera crescita culturale e scientifica; altrimenti, la barbarie del profitto ci condanna all’azzeramento, alle origini, all’epoca in cui l’Università nacque: il medioevo.
Roma, 19 febbraio 2013
USB/P.I.-Università