La vertenza dei lavoratori Coop della Campania è l’esempio della riappropriazione di sovranità degli stessi sulle burocrazie sindacali che, in complicità con Unicoop Tirreno, hanno tentato di svendere ad un privato la storia della cooperazione in Campania, i diritti dei lavoratori ed il concetto stesso di democrazia.
Finalmente i lavoratori del commercio cominciano a reagire e a mostrare la polvere che si cela sotto il tappeto della loro cattiva occupazione e questo anche attraverso la comunicazione orizzontale offerta dai social network e dal loro effetto moltiplicatore, riuscendo addirittura a contrastare i canali pubblicitari classici di cui si servono le multinazionali. I lavoratori Coop della Campania con la loro incessante mobilitazione, il caso della lettera che le lavoratrici USB hanno indirizzato a Luciana Littizzetto (la testimonial nazionale di Coop), che ha scatenato un pandemonio mediatico approdato negli studi di La7, e della pubblicità della McDonald’s che ha irritato non poco i sindacati di categoria ed i lavoratori che già da tempo si sfogavano in rete, ne sono un chiaro ed inequivocabile segnale.
Dopo aver abbattuto il muro di omertà che copriva la trattativa con la denuncia pubblica che ha fatto emergere le contraddizioni della COOP in Campania, si sono susseguite iniziative e scioperi senza sosta. Alla fine di questo percorso di lotta i lavoratori, accompagnati da USB Lavoro Privato, hanno preteso un Referendum sul piano industriale.
Il risultato del referendum ha visto la vittoria schiacciante dei non approvo con oltre il 90% ed ha fatto emergere la complicità delle organizzazioni sindacali concertative con i piani aziendali e il loro totale abbandono di una qualsiasi prospettiva di conflitto. Tutto già visto alla FIAT, solo che qui la stragrande maggioranza, seguendo le indicazioni dell’USB ha detto NO, eguagliando il No dei lavoratori del San Raffaele di Milano ai piani padronali.
Questo risultato ci dice che i lavoratori, se vengono messi in condizione di scegliersi il proprio futuro, non si rassegnano alla politica della riduzione del danno ma hanno le qualità, l’energia e la determinazione per affrontare un percorso di lotta tesa alla salvaguardia dei diritti e del salario ed in grado di rigettare al mittente i piani industriali fatti sulla carne di chi lavora.
La vita dei lavoratori del commercio è insostenibile e fatta di precarietà, basso salario, difficoltà nella vita di relazione e l’erosione continua dei pochi diritti rimasti è accompagnata dai sindacati complici che avallano le scelte padronali in maniera autoreferenziale, funzionale alle poltrone dei sindacalisti e che penalizza gli oltre due milioni lavoratori del settore, la cui maggioranza è di sesso femminile. L’organizzazione del lavoro rispecchia quella delle istituzioni totali (carceri, manicomi, caserme), passa cioè per l’organizzazione formale e centralmente amministrata del luogo e delle sue dinamiche interne ed il controllo operato dall’alto sui soggetti-membri, finanche l’esigenza fisiologica viene considerata parte integrante dell’organizzazione del lavoro e del potere datoriale.
Denunciare, protestare o anche solo discutere le decisioni che ti riguardano non è affatto facile nella GDO, la repressione del dissenso sindacale nei centri commerciali del terzo millennio ricalca quella del secolo scorso nelle fabbriche, ha la stessa natura violenta ma dispone di tecnologie di controllo evolute, il tutto in totale assenza di democrazia sindacale.
In queste condizioni di partenza era difficile immaginare che i lavoratori della Coop campani arrivassero a questo punto, a cambiare equilibri e preaccordi che fino a 3 mesi fa sembravano ineluttabili. Questi sussulti, ancora in ordine sparso, dei lavoratori di queste nuove FABBRICHE METROPOLITANE assomigliano ad un’embrionale presa di coscienza operaia.
Domani il convegno, con amministratori, giuristi e associazioni, che arriva sull’onda delle forti mobilitazioni che hanno prodotto una partecipazione di massa, come non si era mai vista, e del risultato schiacciante dei NO al piano industriale. Ci aspettiamo che le amministrazioni e le associazioni prendano posizione e dimostrino il loro interesse alla sorte dei lavoratori e delle lavoratrici della Coop Campania e del concetto stesso di cooperazione sul territorio.
USB Lavoro Privato sa bene da quale parte stare e continuerà ad essere accanto alle donne e agli uomini protagonisti di questa importante vertenza con l’unico obbiettivo di mantenere sul territorio la cooperazione e la buona occupazione. Noi al “piano industriale” abbiamo detto NO e ribadiamo con forza che l’unico piano industriale che siamo disposti a valutare è quello cooperativo.
In allegato la locandina del Convegno del 7 febbraio 2013