L’ufficio legale dell’Usb di Taranto, nella persona dell’avvocato Mario Soggia, ottiene un importante risultato: una lavoratrice, madre di un bambino in tenera età e vedova, può tornare al precedente orario antimeridiano, in modo da conciliare vita familiare e lavoro. La lavoratrice viene quindi messa in condizione di lavorare e crescere serenamente suo figlio, nonostante l’atteggiamento discriminatorio dell’azienda.
I Fatti
Assunta regolarmente con le modalità contrattuali previste, ha continuato a prestare la sua attività lavorativa, anche dopo la nascita del figlio e soprattutto dopo la morte del marito, momento a partire dal quale ha dovuto occuparsi da sola del bambino.
Avendo iscritto il bambino in un asilo nido che garantiva il tempo pieno con la permanenza nella struttura tutti i giorni dalle ore 8,15 alle ore 16,15, ha chiesto e ottenuto dal datore di lavoro la riduzione dell’orario di lavoro a 20 ore settimanali distribuite su cinque giornate lavorativa con turni antimeridiani. Pur vedendo la sua retribuzione ridursi a circa € 800,00 la lavoratrice è riuscita a conciliare i tempi di lavoro con le esigenze di madre-vedova, fino a quando il datore di lavoro non ha deciso inopinatamente di rimodulare il suo orario di lavoro, inserendola nei turni di lavoro, determinando lo sforamento della fascia oraria indicata dalle ore 9,00 alle ore 15,00. Nelle dichiarazioni del datore di lavoro, la volontà di rispettare l’esigenza di “garanzia di equità di trattamento fra tutti i lavoratori”, trascurando evidentemente che si può parlare di uguaglianza solo quando si è in condizioni di partenza di parità.
La modifica dei turni di lavoro avrebbe quindi determinato l’impossibilità di conciliare i tempi di lavoro con le esigenze familiari, costringendo la donna a fare ricorso, oltreché al nido, anche ad una babysitter per le ore pomeridiane, andando così a ridurre le risorse economiche.
Da qui la scelta dell’avv. Mario Soggia di formulare un ricorso d’urgenza per la lavoratrice, chiedendo l’intervento del Giudice al fine di accertare la natura discriminatoria della decisione datoriale volta ad inserire la lavoratrice nei turni antimeridiani e pomeridiani. Nel corso del processo, l’avv. Mario Soggia ha ottenuto che la condizione di discriminatorietà venisse eliminata con possibilità per la lavoratrice di ritornare a lavorare soltanto nelle fasce antimeridiane in modo da consentire alla lavoratrice di svolgere il proprio ruolo di madre.
Si tratta di una buona notizia che oggi assume un valore particolare. Ci siamo arrivati facendo ricorso al Codice delle Pari Opportunità, laddove fa riferimento alla “discriminazione indiretta”, quando cioè “una disposizione, un criterio, una prassi, un atto, un patto o un comportamento, compresi quelli di natura organizzativa o incidenti sull'orario di lavoro, apparentemente neutri mettono o possono mettere i candidati in fase di selezione e i lavoratori di un determinato sesso in una posizione di particolare svantaggio rispetto a lavoratori dell'altro sesso”. In questa fattispecie si colloca la recente modifica del Codice delle Pari Opportunità, ad opera della l. n. 162/2021 che è intervenuta da un lato per raggiungere l’obiettivo fissato dall’Agenda ONU 2030 di adottare e consolidare politiche e provvedimenti legislativi che promuovano la parità di genere; dall’altro lato per dare attuazione, in parte, alle riforme riconducibili alla prima componente della quinta Missione del PNRR, tra cui quella di realizzare, in coerenza con le politiche europee, una strategia nazionale per garantire la parità di genere, usufruendo delle risorse finanziarie stanziate dal Next Generation EU.
In Italia, come conferma il rapporto presentato dall’Istat per il monitoraggio del raggiungimento nel nostro Paese degli obiettivi di sviluppo sostenibile fissati dall’Agenda 2030, il lavoro è un obiettivo difficile da raggiungere per le donne con figli. I dati ci consegnano uno spaccato che parla ancora di forti differenze di genere sui luoghi di lavoro, di donne che combattono ogni giorno per tenere insieme le esigenze familiari e quelle lavorative; moltissime quelle che sono costrette a lasciare il lavoro per seguire la prole e in alcuni, molti casi, le donne, soprattutto quelle sole, sono alle prese con pesanti difficoltà economiche.
Quelle in povertà assoluta sono l’11,8% del totale, a rischio di povertà o esclusione sociale sono il 42,1% e nel Mezzogiorno arrivano al 58%.
Per questi motivi, siamo ancora più orgogliose di essere parte di una organizzazione sindacale che ha a cuore anche le esigenze delle lavoratrici, o comunque delle donne che vogliono e devono lavorare. A nostro avviso, non c’è modo migliore per onorare questa giornata, se non con questo interessante risultato che il nostro ufficio legale porta a casa e che rappresenta motivo di speranza per molte donne che non vengono rispettate sul lavoro.
USB Taranto