Dopo un confronto con Riccardo, collega ed amico, abbiamo concordato sull'esigenza di un ragionamento per riflettere su come abbattere, o meglio, superare preconcetti, pregiudizi e mostrificazioni mediatiche, che diventano protocolli sociali (conosciuti benissimo dalla nostra categoria).
Ecco perché vorrei raccontarvi la nostra esperienza dell'Otto Marzo insieme alle donne recluse dell'Istituto Penitenziario Rebibbia Femminile; con Marco, Rosanna, Roberto e Patrizia (associazione Tutti Taxi per Amore) e con Maria Grazia, Maria, Loredana ed altri colleghi e colleghe, per portare un momento di vicinanza a chi, indipendentemente dalla responsabilità degli atti e delle condotte, sta vivendo un momento di dolore e di difficoltà oggettive insieme alle loro famiglie le quali, senza colpa, vivono la stessa esclusione sociale, umana e familiare.
Si, infatti, è di esclusione che voglio parlarvi; sempre più diffusa e stratificata, che parte dalla povertà, alla dalla perdita del lavoro, dalle disgregazioni familiari, dall'abbandono scolastico e dai due mali endemici di questa nostra (in)civile società: l'indifferenza ed il pregiudizio.
Difatti molto spesso si confonde l'emarginazione, che può essere un gesto voluto di isolamento per tanti e vari motivi, con l'esclusione che è un vero atto di rifiuto della società tutta per chi (come categoria), dà fastidio, offende la morale o ci costringe a girare la testa, per non vedere le nostre ipocrisie.
Allora ecco il carcere come contenitore di tutte queste difficoltà e di tante contraddizioni ed ipocrisie, tempio della prevaricazione e dell'indifferenza; naturalmente non abbiamo fatto un atto di presenza od una solidarietà formale e strumentale; abbiamo raccolto indumenti femminili per la costruzione di un kit di primo ingresso per le detenute più povere o senza famiglia (associazione "Tutti Taxi per Amore") ed i giocattoli per i bambini del nido (associazione "Tassiste di Roma"), oltre uno spettacolo musicale dei "Presi Per Caso", nome appropriato, a mia cura che vi scrivo e che mi chiamo Mario, che sono anche io un tassista e che faccio il volontario in carcere da tanti anni con l'associazione "Il Viandante".
Perché come cittadini, come tassisti e tassiste, inseriti nel contesto sociale di cui siamo parte attiva, ci dobbiamo riappropriare di un ruolo che ci appartiene, primario in tutti i sensi, in una città che vive un momento di grande difficoltà, ma che ha enormi potenzialità che possiamo anche noi....quello si come categoria, far rinascere umanamente, socialmente e professionalmente.
Più in generale, l'esclusione si combatte solo con la vicinanza, pragmatica e non formale, con l'inclusione, fatta di prassi quotidiane piccole ma significative, con il dimostrare che ci siamo per chi è in difficoltà...tutte....pensando che GLI ALTRI....SIAMO NOI.
Vi ringrazio per la pazienza, nella speranza di avervi stimolato.
Mario Pontillo L.C. 3529( Cristallo 25) per USB Settore Taxi