Hanno cambiato il pelo ma non il vizio. Dal lontano 1982, quando nacquero come Lega Nord-Lega Lombarda, hanno avuto un solo obiettivo: separare il ricco nord dal centrosud povero.
Oggi che si chiamano soltanto Lega, dopo lustri e lustri di malgoverno insieme a Berlusconi e ai neofascisti, dopo un diluvio di condanne per ruberie e malversazioni, stanno per raggiungere l’obiettivo con il fattivo supporto proprio di quel M5S che al centrosud ha fatto incetta di consensi.
Lo chiamano “federalismo aumentato”, altrimenti detto “regionalismo differenziato” o “asimmetrico”, ma in parole povere è il primo, irreversibile passo verso la secessione, una secessione sociale che istituzionalizza l’arricchimento di ricchi e potenti e l’impoverimento ulteriore di chi ricco non è.
Venerdì 15 il Consiglio dei Ministri apporrà infatti il bollino sotto le intese segrete tra il governo centrale e le regioni Lombardia, Veneto ed Emilia Romagna (mentre la Liguria scalda i motori).
Il tutto nell’indifferenza delle altre forze politiche, a partire dal PD che negli ultimi giorni del governo Gentiloni aveva firmato le prime intese in materia, nonché nel mutismo generale dei media.
È una secessione silenziosa, la statuizione che d’ora in avanti in Italia ci saranno cittadini di serie A e di serie B, con diritti di serie A e B.
È la realizzazione del federalismo dei ricchi, forte del comma terzo dell’articolo 116 della Costituzione riformato nel 2001. Quello che prevede la possibilità per le regioni di chiedere le competenze su materie finora concorrenti o di esclusiva pertinenza dello Stato.
Guarda caso, viene ignorato, come avviene ormai dal 2001, il dettato di due altri articoli della Costituzione, che stabiliscono la fissazione dei LEP (articolo 117, secondo comma, lettera m: “determinazione dei livelli essenziali delle prestazioni concernenti i diritti civili e sociali che devono essere garantiti su tutto il territorio nazionale”) e l’istituzione del fondo perequativo (articolo 119, quarto comma: “La legge dello Stato istituisce un fondo perequativo, senza vincoli di destinazione, per i territori con minore capacità fiscale per abitante”), studiati proprio per evitare il rischio di disuguaglianze. Disuguaglianze che invece Lombardia, Veneto ed Emilia Romagna intendono istituzionalizzare.
Facendo ovviamente le cose in grande: le tre regioni che rappresentano il 40% del Prodotto Interno Lordo rivendicano ciascuna i poteri su 23 distinte competenze, a partire da scuola, sanità e servizi, proseguendo con trasporti, ambiente, turismo, spettacolo, cultura e altri ambiti fondamentali.
Naturalmente, insieme alle competenze rivendicano l’autonomia tributaria e il 90% delle risorse erariali finora in capo allo Stato, a cominciare dall’Irpef. Chi più ha, avrà di più; chi meno ha, avrà di meno.
L’Unione Sindacale di Base è mobilitata da tempo contro il progetto scellerato di Salvini e soci e chiama ancora una volta alla mobilitazione, venerdì 15 alle 11,30 a Montecitorio.
Diciamo no al federalismo dei ricchi, no alla secessione sociale, no alla trasformazione dell’Italia nel paese della disuguaglianza sancita per legge.
Unione Sindacale di Base