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Comunicati generali

VERSO LO SCIOPERO GENERALE DEL 24 OTTOBRE: JOBS ACT AUDIZIONE COMMISSIONE LAVORO CAMERA DEI DEPUTATI ROMA 21/10/2014

Nazionale,

AL PRESIDENTE

DELLA COMMISSIONE LAVORO


AL VICEPRESIDENTE


AI COMPONENTI TUTTI


Prendiamo atto della sensibilità istituzionale e democratica espressa nella convocazione della nostra Organizzazione Sindacale in audizione. Tale convocazione si realizza in una fase in cui le relazioni sindacali sono umiliate e sbeffeggiate dal governo in carica, rappresentandole all'opinione pubblica come elemento di freno allo sviluppo e alla crescita e come rendita di posizione di lobby. Alla stessa stregua vengono umiliate e sbeffeggiate le relazioni politiche e istituzionali a partire dal ruolo e dalla funzione del Parlamento e delle sue articolazioni. Tant'è che il lavoro della Commissione è preventivato a tempo per la necessità di rappresentare un governo fulmine di guerra nel procedere verso le profonde trasformazioni del modello sociale e di sviluppo del paese. Con la nostra audizione intendiamo sostenere anche il lavoro della Commissione, almeno in quella componente che dimostra sensibilità istituzionale e democratica.


È evidente che ci troviamo di fronte al progetto strategico di destrutturazione del mercato del lavoro e delle condizioni di vita e di lavoro di milioni di lavoratori o aspiranti tali. L'obiettivo finale è creare condizioni di vita e di lavoro equivalenti a quelle vissute dai lavoratori nei cosiddetti paesi emergenti, in modo da rendere conveniente gli investimenti delle multinazionali e dei fondi di investimento internazionali nel nostro paese. Una svendita del patrimonio di imprese, di lavoratori, di conquiste sociali ed economiche del mondo del lavoro nel nostro paese.


L'obiettivo politico che noi ravvediamo è quello di svendita della condizione sociale pur di salvare una parte del modo imprenditoriale che sostiene il governo e cerca di ricavarsi un ruolo in quello che resta del marcato globale.


La nostra opposizione al jobs act è sia di metodo che di merito, sottolineando che in questo caso metodo e merito si intrecciano definendo chiaramente la volontà del governo.

Il jobs act è chiaramente incostituzionale per la chiara violazione dell'articolo 71 della Costituzione che definisce le modalità delle leggi delega. Quella di cui stiamo discutendo appare chiaramente priva dei requisiti costituzionali e si rappresenta come una sorta di carta bianca al governo che potrà, senza limiti di tempo, intervenire sulla normativa in questione. Una condizione antidemocratica che è in linea con la svolta autoritaria e decisionista dell'attuale governo con la complicità di chi lo sostiene.

I contenuti, per quello che traspare, sono devastanti e destrutturano le norme del mercato del lavoro. Tale opinione è sicuramente rafforzata dai provvedimenti che sulla materia sono già stati annunciati nella legge di stabilità 2015.


La devastazione di quello che rimane dell'articolo 18, al di là dei contenuti simbolici, è un vero e proprio atto di intimidazione nei confronti dei lavoratori. La teoria per cui questo articolo, depotenziato e disapplicato in grande maggioranza, sia un ostacolo alle assunzioni è confutata dai dati. Se il modello del mercato del lavoro è quello tedesco, è bene ricordare che i lavoratori strutturati tedeschi usufruiscono di un sistema di garanzie che, misurato con l'indice di protezione del lavoro ( EPL ), dà un valore di 3 (tre) a fronte di un misero 1,7 (uno virgola sette) del nostro paese. La disoccupazione in Germania non risente di tali garanzie. A meno che il modello non sia quello della precarietà tedesca, allora lo si dica chiaramente senza infingimenti. Il messaggio che si vuole far passare è sicuramente quello di preavviso: non ci sono più elementi di garanzia nel rapporto tra lavoratore e datore di lavoro. Pertanto, nella vita lavorativa, regolarsi di conseguenza. La totale e acritica subordinazione del lavoratore al ricatto del posto di lavoro è un obiettivo strategico da paese emergente e viene perseguito con articolazione strategica dei provvedimenti. Il contratto a tutele crescenti, che vuol dire zero tutele per un lungo periodo lavorativo, in realtà assume la precarizzazione come progetto strutturale e trasforma in precari tutti i lavoratori. La successiva previsione della decontribuzione per i primi tre anni creerà un turnover di precari nelle imprese senza alcuna possibilità reale di stabilizzazione. Non solo non è pensabile che questo attivi le assunzioni, ma è prevedibile che avvii l'espulsione di manodopera dalle imprese sottoforma di ristrutturazione per poi procedere a nuove assunzioni, magari degli stessi lavoratori, con la nuova disarmante normativa. La nuova Alitalia sarà, probabilmente, il primo banco di prova di questa strategia.


L'estensione degli ammortizzatori sociali è una necessità propagandistica, sia per la mancanza di risorse, sia perché non ci sono prospettive reali di nuova occupazione senza investimenti pubblici che potrebbero utilizzare le risorse dissipate con le mancette del governo. La teoria dello spostamento delle garanzie dal posto di lavoro al lavoratore è un'operazione ideologica che mira a ridefinire ruolo e funzione sociale dei lavoratori. La prima obiezione è se può esistere il lavoratore come soggetto sociale senza che ad esso corrisponda un posto di lavoro. In realtà l'obiettivo è quello di creare un bacino sociale di aspiranti lavoratori da utilizzare in maniera flessibile, senza garanzie, in condizione di ricatto costante su salario e futuro lavorativo. La previsione della possibilità di demansionamento va in questa direzione in maniera inequivocabile. Non si spostano le garanzie dal posto di lavoro al lavoratore, ma dall'occupazione alla occupabilità, intesa come disponibilità a qualunque lavoro in qualunque condizione.


La ristrutturazione degli attuali centri per l'impiego è in linea con quanto espresso finora. Sono stati chiaramente depotenziati e resi inutili dall'intermediazione di forza lavoro, e, probabilmente l'intenzione finale è quello di renderne la funzione simile alle agenzie di intermediazione. Sarebbe interessante verificare quanti precari lavorano nei centri per l'impiego, una contraddizione in termini e in costi umani.


L'introduzione dell'Agenzia Unica per le Ispezioni del lavoro è in linea con la scelta di centralità sociale affidata alla libertà di impresa con la ridefinizione del modello di sviluppo in funzione di un improbabile recupero di profitto, comprimendo salari e diritti. È evidente come da tempo, attraverso la semplificazione, si stiano eliminando i controlli pubblici sulle imprese (e le devastazioni ambientali con l'inquinamento industriale dovrebbero far riflettere), la funzione sociale di esse e gli intralci alla loro attività imprenditoriale. I segretissimi accordi sul TTIP ne sono, se fossero conosciuti, la chiara espressione strategica dell'impresa.


Abbiamo voluto motivare la nostra opposizione ai contenuti noti e propagandati del jobs act. Non è stato possibile verificare le intenzioni non espresse, ma la contestualizzazione dell'atto ci consente di esprimere la nostra totale e intransigente opposizione, ritenendo l'atto, così com'è, non emendabile. Per tali motivi abbiamo indetto un primo sciopero nazionale contro il jobs act il 24 ottobre con iniziative locali per portare all'interno del corpo sociale la conoscenza dei contenuti, noti e nascosti, del provvedimento. È inevitabile che la mobilitazione continuerà nei prossimi mesi.