È di qualche giorno fa la notifica di una denuncia nei confronti di sei dirigenti della nostra organizzazione e un attivista di Osa per minacce, resistenza e oltraggio, interruzione di pubblico servizio, invasione di edificio, falso ideologico e blocco stradale (la fantasia non è mancata agli organi inquirenti). Si tratta di una lista corposa di reati che sarebbero stati commessi durante una manifestazione tenutasi nel maggio del 2022 assieme ad alcune centinaia di lavoratori della SDA, una società della logistica che opera per Poste Italiane. La mobilitazione si svolse a Roma, sotto la sede di Poste, per spingere la direzione aziendale ad incontrare i lavoratori e discutere di un provvedimento che portava alla riduzione dei volumi di attività in appalto e ai conseguenti licenziamenti. La vertenza poi, dopo nuove mobilitazioni, si risolse positivamente con lo stop ai progetti di Poste e la messa in sicurezza dei posti di lavoro. Ora però arriva la vendetta giudiziaria.
È un metodo ricorrente quello di colpire l’azione del sindacalismo di classe con tutti gli strumenti a disposizione: lì dove non arriva l’arroganza delle direzioni aziendali c’è l’intervento repressivo tout court. Peraltro quel giorno la manifestazione venne caricata dalla celere e uno dei manifestanti cadde dalla scalinata e fu portato d’urgenza in ospedale: se violenza ci fu, furono i lavoratori a subirla e non viceversa.
L’USB si stringe attorno ai suoi compagni e ai giovani attivisti di OSA, accorsi in solidarietà con i lavoratori, e avverte che non si lascerà intimidire. USB non è un’organizzazione di comodo come quelle che erano presenti quel giorno in viale Europa e che si tirarono indietro: noi siamo di un’altra pasta e non siamo disposti a retrocedere di un millimetro.
Tocca uno tocca tutti