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riduzione degli armamenti

VOGLIAMO LAVORO, NON BOMBE.

Roma,

C’è bisogno di cambiare rotta.

Il terremoto è uno dei tanti segnali che dovrebbe farci capire come sia urgente rivedere il modo in cui spendiamo i nostri soldi.

Non c’è solo la parata militare e il papa-day.

Il problema è più vasto.

E’ un problema politico, culturale, economico e militare che non potrà essere risolto senza una vasta mobilitazione dei cittadini.

Mentre la crisi economica e finanziaria continua a colpire i giovani e a mettere in ginocchio tantissime famiglie, l’Italia continua a spendere decine di miliardi di euro per comprare armi, fare la guerra e mantenere in vita un faraonico apparato militare.

Anche quest’anno saranno più di 23 miliardi di euro.

Nonostante la forte pressione suscitata dalla mobilitazione contro l’acquisto dei cacciabombardieri F35, il ministro della Difesa Giampaolo Di Paola ha presentato in Parlamento un pericoloso disegno di legge delega per la revisione delle Forze Armate che comporta un chiaro aumento della spesa pubblica e della spesa militare.

Il modello militare che Di Paola ha in mente è estremamente aggressivo: è quello delle guerre che si stanno combattendo ancora oggi in Afganistan e che si sono combattute il Libia e in Iraq prima.

Non è il modello dell’ONU, del peacekeeping e delle missioni di pace, ma della guerra aperta su vasta scala che per essere combattutta ha bisogno di cacciabombardieri e di portaerei, anche perchè si tratta di guerre che ci si prepara a combattere lontano dai nostri confini, a dispetto di quanto è scritto nell’art. 11 della nostra Costituzione.

Sulla difesa si manifesta palesemente la contraddizione di un Governo che si vanta della propria superiore efficienza tecnica e di essere estraneo al teatrino della politica, ma in realtà risponde a interessi economici e finanziari spesso evidenti.

È un fatto grave, perchè siamo in assenza di un pensiero, di una visione e di progettualità politica.

Nel caso della Difesa, "governo dei tecnici" vuol dire appaltare pressochè interamente le questioni della sicurezza ai militari, che putroppo sono anche profondamente corresponsabili dello spreco enorme avuto in questi anni.

Se il nostro paese ha ancora oggi 180.000 soldati, pur impiegandone militarmente al massimo dai 10 a 30.000, è dovuto alla responsabilità della politica, ma anche dei militari, e tra questi il militare Di Paola.

Dal 2007 al 2012 i fondi destinati dall’Italia a sanità, istruzione, politiche sociali, non autosufficienza e giovani si sono ridotti da 1 miliardo e mezzo di euro a 0,193 miliardi.

Nel nome della ricetta della Banca Centrale Europea, il governo chiede sacrifici alle classi medie, ma nel 2012 l’Italia spenderà 23 miliardi di euro per la difesa e l’eventuale programma per l’acquisto di 90 bombardieri F-35 costerà altri 10 miliardi, esclusa la manutenzione e i costi operativi (corrispondenti ad altri 40 miliardi).

Se abbiamo dei soldi, questi devono servire per creare nuovi posti di lavoro, per aiutare le persone e le famiglie che oggi non ce la fanno da sole.

Questa è la priorità, per questo abbiamo bisogno di cambiare e di una maggiore assunzione di responsabilità da parte di tutti i cittadini che stanno già pagando il prezzo di una crisi che non hanno casuato.

Contro questa assurda pretesa è necessario che i cittadini, tutti i cittadini, riprendano a ragionare, a mobilitarsi e a rivendicare il diritto ad un posto di lavoro, il diritto di costruirsi una vita dignitosa con le proprie mani, il diritto di progettare un futuro per sé e la propria famiglia.