Quanto siglato non è altro che il risultato di un lento processo che passo dopo passo ha messo in discussione tutte quelle garanzie che avevano dato diritti e dignità ai lavoratori, recependo in pieno quanto concordato negli accordi interconfederali fin qui sottoscritti e vincolando quasi tutti i trattamenti economici alla crescita della produttività aziendale. Notiamo infatti:
- aumenti risibili, dopo sei anni di assenza di contratto, per di più dilazionati in due anni, mortificano la dignità dei lavoratori in un settore fondamentale per lo sviluppo del Paese
- che la parte normativa registra pochi apprezzabili avanzamenti, recependo la normativa vigente su permessi e congedi parentali e per le donne vittime di violenza di genere
- un peggioramento nel ricorso a manodopera precaria (tempo determinato e in somministrazione) in percentuali, rispetto al personale a tempo indeterminato in forza in un’azienda, addirittura superiori a quelle già scandalose previste dalla legge
- che quanto sottoscritto su ferie e permessi a livello aziendale in TIM è stato acquisito nel livello nazionale, imponendo ai lavoratori quando e come fruire del riposo (ferie e EF) o quando fruire del congedo matrimoniale (entro 30 gg dal matrimonio)
- che sulle terapie “salva-vita”, pur riconoscendo al lavoratore un ulteriore periodo di 120 giorni retribuito al 50% rispetto al periodo di comporto già previsto, si impedisce il frazionamento del periodo di sospensione di 18 mesi del rapporto di lavoro, non consentendo così di svolgere cure periodiche.
- che non si tutelano i part time in difficoltà gravi nello svolgere attività in turno
- che non si valorizza il tempo di disponibilità nella reperibilità, distinguendola nettamente dal tempo di intervento
- che il richiamo al rispetto del Testo Unico sulla Rappresentanza del 10 gennaio 2014, dell’Accordo Interconfederale del 9 marzo 2018 e il superamento dell’attuale legge 146 provvisoria sullo sciopero, sancisce un ulteriore attacco alla democrazia sindacale, esautorando i delegati RSU da ogni funzione reale, discriminando i delegati RSU e le OO.SS. non gradite, firmatarie o meno del contratto, rendendo impossibili iniziative di dissenso e/o contrasto perché soggette a sanzioni pecuniarie con la conseguente estromissione.
Sostanzialmente questo rinnovo segna la resa di chi dovrebbe tutelare gli interessi dei lavoratori a vantaggio di chi deve fare profitti, con il contenimento del costo del lavoro legato alla produttività e alla competenza, con restrizioni normative sui diritti e la dignità personale e professionale dei lavoratori e con l’incentivazione della previdenza complementare/sanità privata (Welfare Aziendale), che drena soldi a discapito della previdenza/sanità pubblica.
Davvero un gran risultato: la sudditanza ai voleri di Confindustria è completa. Il momento difficile rende vulnerabili i lavoratori e il padronato ne approfitta per imporre la flessibilizzazione e la precarietà del lavoro.