13-14 marzo 2009 - Sirmione Palazzo dei Congressi
CONGRESSI NAZIONALI
FLMUniti - FLAICA Uniti - ALLCA - CUB SANITA' - TESSILI - INFORMAZIONE - EDILI - PENSIONATI
PER IL PANE E LE ROSE
Relazione introduttiva di PierGiorgio TIBONI coordinatore nazionale CUB
(Bozza non corretta)
Arriviamo a questo appuntamento con un percorso congressuale durato alcuni mesi e che ha visto, nonostante la difficoltà di convocare assemblee durante l’orario di lavoro, la partecipazione ai congressi di base e nelle 76 assemblee provinciali di migliaia di lavoratori che hanno discusso a partire dal documento congressuale “ Il Pane Le Rose” e individuato gli elementi su cui sviluppare l’attività nell’ambito locale e eletto, rinnovando in profondità, i gruppi dirigenti locali.
Un risultato molto soddisfacente anche se esistono situazioni locali e organizzazioni nazionali in ritardo nella costruzione di una organizzazione di massa.
L’attività di questi anni di molti compagni e compagne ha prodotto un risultato senza precedenti in Italia e in Europa realizzando nel privato una forte e diffusa presenza.
Le nostre sono organizzazioni su base volontaria, di non-distaccati a carico delle controparti istituzionali o padronali, di lavoratori e lavoratrici che dedicano il loro tempo libero per cambiare in meglio la società con una fedeltà ai propri ideali e al senso di giustizia, che non firmano contratti e accordi sindacali indecenti, pur di garantire più agibilità alla propria organizzazione.
Oggi rappresentiamo l’alternativa ai sindacati concertativi rendendo credibile l’obiettivo della costruzione di un sindacato di base tendenzialmente maggioritario tra i lavoratori.
Ogni giorno che passa è sempre più evidente la gravità della crisi e i suoi effetti devastanti sui lavoratori e i pensionati.
In pratica non passa giorno senza nuove previsioni, che sono quasi delle evocazioni volte a far apparire ai lavoratori la “crisi” come un limite intrascendibile a qualsivoglia rivendicazione, sulla durata della crisi, la banca centrale degli Stati Uniti prevede che la crisi possa durare almeno altri 4-5 anni.
Gli effetti della crisi sulle nostre condizioni di vita e di lavoro sono in larga parte visibili e sono l’aumento stratosferico del numero delle persone che perdono e perderanno lavoro e reddito mentre non sono immediatamente visibili i costi degli interventi a favore di banche e imprese.
I governi e le banche centrali che sono i principali responsabili di ciò che sta accadendo trovano con grande facilità le risorse per bancarottieri e aziende e con la stessa facilità negano risorse per i ceti popolari.
L’enorme esborso di denaro pubblico viene pagato utilizzando i fondi esistenti o futuri derivanti dalle tasse. Questo è un altro conto salato che pagheranno lavoratori e pensionati.
Si arriva al paradosso, come in Italia, dove si vuole mettere mano alle pensioni con l’allungamento dell'età pensionabile per le donne del P.I fino a 65 anni e il peggioramento dei coefficienti che determinano l’ammontare delle pensioni, per liberare risorse per gli ammortizzatori sociali. Ancora una volta si tenta di opporre una generazione di lavoratori all'altra con l'obiettivo di colpirle tutte.
Al 31-12 06 l’ammontare medio al lordo delle pensioni Inps era pari 710 euro mensili con 4 milioni di pensionati che percepiscono l’elemosina di 339 euro mensili. L’Inps ha presentato il bilancio 2008 con un attivo di 11 miliardi di euro.
Il governo con il sostanziale consenso di cgil-cisl-uil vuole approvare una legge liberticida sul diritto di sciopero e di manifestazione, le critiche di metodo o sull’anticostituzionalità della legge occultano il dato sostanziale rappresentato da una legge concretamente liberticida.
Si mandano i parà nei campi nomadi, i militari per le strade, polizia e carabinieri vengono mandati a picchiare lavoratori che difendono il posto di lavoro.
Tutto questo è indicativo dei mezzi che un governo che si pretende “liberale” vuole mettere in campo per far fronte alle conseguenze della crisi.
E’ evidente che governo, padroni e banche centrali vogliono che tutto continui come prima della crisi e facendo pagare i costi delle loro politiche ai lavoratori.
Un ruolo decisivo per la riduzione di salari e pensioni, e la precarizzazione di milioni di lavoratori è stato svolto da cgil-cisl-uil con le politiche concertative.
La riduzione dei redditi dei lavoratori e pensionati è una causa fondamentale dell’aggravarsi della crisi.
In Italia tra il 1979 e il 2007 la quota degli stipendi rispetto al PIL è diminuita quasi del 13 % e il potere d’acquisto degli stipendi è diminuito del 16 % tra il 1988 e il 2006 e quello delle pensioni è diminuito in 10 anni del 25%.
Il confronto con le retribuzioni dei lavoratori degli altri paesi europei vede quelle dei lavoratori italiani agli ultimi posti. (vedi tabella allegata alla relazione)
La grave situazione determinata dalla crisi non avrà automaticamente sbocchi positivi. Sappiamo bene che in passato grandi crisi hanno prodotto involuzioni reazionarie, di cui vari segnali sono già presenti in Italia.
I lavoratori se non vogliono continuare a subire hanno oggi la possibilità di farlo con la mobilitazione e organizzandosi nella Cub e sostenendo le rivendicazioni del Patto di Base.
Le proposte partono dall’esigenza di difesa dal tentativo di scaricare i costi della crisi sui ceti popolari e dalla prospettiva di una società non più fondata sul profitto, dove oltre alla fine dello sfruttamento dell’uomo sull’uomo, si realizzi la difesa della Terra, il rispetto degli altri esseri viventi e un nuovo modello di sviluppo economico.
Abbiamo definito il programma del Patto di Base una Piattaforma contro la crisi: perché non siano i salariati, i pensionati, i giovani, a pagare la crisi al posto dei responsabili, l’unica via realistica di uscita dalla crisi.
Questi in sintesi i punti
1) stop ai licenziamenti e riduzione dell’orario di lavoro a parità di salario, lavoro stabile per i precari,
2) aumenti consistenti di salari e pensioni, con aggancio al costo della vita; cassa integrazione all’80% del salario, reddito per tutti/e, 3) energia e ambiente, sanità, istruzione, diritto alla casa; 4) democrazia sindacale.
Proponiamo che la piattaforma nella sua articolazione evidenzi la condizione delle donne che pagano il prezzo più alto in termini di discriminazione salariale, di disoccupazione, di precariato e di qualità della vita, fra tagli di servizi indispensabili (scuola e sanità), ed il dilagare della violenza sul proprio corpo.
Si parla tanto di violenza sulle donne, forse solo per distogliere l’attenzione dalle conseguenze della crisi, ma si azzerano i loro diritti. Si investe sulle ronde, quando la maggior parte degli abusi avviene tra le mura domestiche.
E’ decisivo che le rivendicazioni contro la crisi siano sostenute da campagne di mobilitazione e di lotta, durature nel tempo e incisive, che pervadano ogni territorio ed ogni luogo di lavoro, con scadenze nazionali ma anche con vertenze territoriali e iniziative a livelli regionali, provinciali.
Per i prossimi mesi sono appuntamenti fondamentali la manifestazione nazionale del 28 marzo a Roma, lo Sciopero Generale del 23 aprile con manifestazioni regionali e la May Day contro il lavoro precario e la continuità del reddito.
Non ci sono le risorse: è la risposta che viene data dai governanti del nostro paese per interventi a favore dei lavoratori.
Le risorse ci sono: a partire dall’evasione fiscale di 270 m.di di Euro, nel 10% delle famiglie che si appropriano del 44,7% della ricchezza del paese mentre al 50% delle famiglie va il 9,7% della ricchezza, nelle riserve della Banca d’Italia che ammontano a oltre 70 mdi di euro.
Non partiamo da zero, lo straordinario risultato ottenuto con la campagna contro lo scippo del Tfr e lo smantellamento della previdenza pubblica sta li a dimostrazione delle nostre capacità di incidere anche sulle questioni generali.
Lo sciopero generale del 17 ottobre ha segnato un punto alto nelle nostra iniziativa dato dall’adesione dei lavoratori del privato, della scuola e del P.I allo sciopero e dalla partecipazione senza precedenti alle manifestazioni nazionali di Roma e di Milano.
Anche lo sciopero generale del 12 dicembre ha visto una alta adesione dei lavoratori e una buona partecipazione ai numerosi cortei che hanno attraversato le principali città.
Se sapremo sviluppare la stessa mole di attività che abbiamo messo in campo sul Tfr è possibile ottenere dei risultati sulla rivendicazioni per diritto al lavoro e al reddito, perché si tratta di rivendicazioni in grado di raccogliere a livello di massa una sensibilità diffusa su queste priorità.
La crisi e le scelte delle multinazionali che hanno strategie globali ci impongono una azione coordinata dei lavoratori e dei sindacati per globalizzare le campagne e le lotte su scala europea ed internazionale.
La CUB negli anni ha proposto lotte contro il trattato di Maastrich, contro il G8 di Genova e passando dal Social Forum di Firenze con un primo coordinamento che ha prodotto una iniziativa di lotta europea dei Ferrovieri.
E’ necessario ed urgente rilanciare la attività internazionale della CUB promovendo una iniziativa a livello europeo rivolta da un lato ai sindacati alternativi e dall'altro ai sindacati che aderiscono all'FSM nonché a quelle realtà che prendono le distanze dai sindacati Ces , come il sindacato inglese dei trasporti e i Ver.di tedeschi, per discutere la possibilità di iniziative comuni.
Dobbiamo inoltre rendere meno episodica la partecipazione ai social forum per cercare di costruire rapporti utili per la difesa dei beni comuni contro le privatizzazioni, ecc..
Il Patto di base con Cobas e Sdl
Facendo un primo bilancio di questi mesi di esperienza, ne vediamo gli aspetti positivi, le potenzialità e le difficoltà.
Il punto più alto dell’iniziativa comune è stato lo sciopero generale e le manifestazioni nazionali di Roma e di Milano del 17 ottobre, e il successivo sciopero del 12 dicembre.
Con le due iniziative abbiamo tra l’altro stabilito un proficuo rapporto con il movimento della “scuola pubblica” italiana, sceso massicciamente in campo nell’autunno.
Di grande rilievo sono le decisioni scaturite dalla seconda Assemblea Nazionale del 7 febbraio 2009 che ha lanciato una campagna di lotta di medio periodo sulla base di una piattaforma concreta e realistica per uscire dalla crisi.
Con le organizzazioni del Patto oggi è possibile l’unità nell’iniziativa mentre non è praticabile quella dell’unificazione per le rilevanti divaricazioni con Sdl in ordine alla natura e al ruolo del sindacato di base come è stato evidenziato in Alitalia, divaricazioni che si supereranno con comuni comportamenti sempre più coerenti con le impostazioni di politica sindacale decise nel Patto di base.
L’assemblea nazionale della Conf. Cobas del 21-22 febbraio scorso ha ribadito che “permangono profonde differenze strutturali tra le tre organizzazioni, in particolare quelle riguardanti il fatto che i COBAS svolgono attività sindacale, politica e sociale, non delegando la politica a partiti o gruppi esterni, con un’unica identità sindacal-politica-sociale”.
La Cub comunque deve concretamente operare senza strumentalizzazioni per l’unità del sindacalismo di base.
La Cub
È proprio nei momenti di crisi radicale dell'ordine produttivo e sociale che è maggiormente necessario interrogarsi sul senso profondo della nostra azione e della natura stessa delle organizzazioni del movimento di classe.
A questo fine è bene avere chiaro che le questioni che affrontiamo non sono “nuove” se non nel senso che hanno caratteristiche particolari e specifiche.
La relazione fra classe e capitale, fra organizzazioni e movimenti, fra soggetti politici e sindacali, fra movimento operaio e stato, attraversano con contraddizioni secoli di storia del movimento di classe ed hanno visto diverse soluzioni.
In estrema sintesi, il movimento operaio europeo, pur riallacciandosi a lotte ed a esperienze embrionali di organizzazione precedenti, sorge in maniera ampia ed organizzata nella seconda metà del XIX° secolo e sin dal suo sorgere pone all'ordine del giorno diversi modelli organizzativi corrispondenti all'esperienza immediata dei lavoratori ed al modo di intendere il ruolo della classe nei suoi rapporti con gli avversari e con l'assieme della società.
Possiamo individuare due modelli dominanti che attraverseranno la storia del movimento di classe:
A) il cosiddetto modello tedesco fondato su di una forte centralizzazione dell'organizzazione, sul rapporto di subordinazione del sindacato ad un partito politico, sulla scelta di puntare ad occupare le assemblee elettive e ad usare la macchina statale come strumento di garanzia dei diritti dei lavoratori;
B) il cosiddetto modello francese fondato sull'organizzazione federale, sull'autonomia dai partiti, dallo stato e dai padroni. L'ipotesi su cui si sviluppa è, in altri termini, la capacità di autogoverno dei lavoratori e sull'assunzione diretta da parte del movimento operaio della formazione, della tutela, delle relazioni dei lavoratori con le controparti.
Il modello tedesco ha una maggior tenuta organizzativa perché si tratta di un modello che, grazie ai massicci finanziamenti da parte delle imprese e dello stato riesce a garantire, di norma, una maggior “efficienza” rispetto a quelli basati sull'autonomia della classe.
D'altro canto, poiché nulla è gratuito, lo scambio è fra diritti e risorse per le organizzazioni e subordinazione della classe allo sviluppo dell'economia capitalistica mediante un modello di relazioni sociali che propriamente viene definito come “corporativismo democratico”.
Si differenzia, infatti, dal corporativismo fascista in considerazione del fatto che non è sottoposto completamente al potere dello stato ma ne assume la logica di fondo e cioè l'esistenza di comuni interessi fra le classi che vanno governati dall'alto con strumenti di regolazione autoritaria del conflitto.
L'irrompere sulla scena, a partire degli anni '60 del secolo scorso di rilevanti movimenti di classe dei lavoratori riporta sulla in evidenza l'interesse per un movimento operaio basato sull'autonomia, l'autogoverno, il conflitto.
Non si tratta di recuperare formalmente la tradizione radicale del movimento di classe ma di coglierne i contenuti di fondo e la sostanziale continuità con le lotte dell'oggi e, soprattutto, del domani nella consapevolezza che solo un movimento operaio forte, autonomo, non subalterno alle controparti può ottenere dei risultati reali e duraturi.
Queste e non altre sono le questioni su cui da alcuni mesi esistono rilevanti difficoltà nei rapporti con Rdb.
Con il Coordinamento Cub del 18 dicembre abbiamo definito un percorso di approfondimento sulle questioni aperte al fine di poter convocare l’assemblea nazionale.
Successivamente in un paio di incontri si trovò l’intesa sulle modalità che le organizzazioni avrebbero dovuto seguire per eleggere i 500/550 delegati all’Assemblea nazionale, di fare dell’assemblea un momento di rilancio della Confederazione sulla base di un documento unitario e sulla decisione di effettuare il Congresso costitutivo della Cub Trasporti prima della Assemblea Nazionale.
Nei due incontri fu avviata la discussione sul documento di politica sindacale per definire natura, ruolo dell’insieme della Cub, una valutazione comune sulla fase, la definizione di criteri per la firma di accordi collettivi, sulla attribuzione delle risorse a livello provinciale per quanto riguarda la titolarità dei contributi sindacali e dei distacchi.
Inoltre non si erano definiti i criteri per stabilire il numero dei delegati da eleggere da parte di ogni organizzazione, modificando o meno quanto oggi previsto dallo statuto.
La discussione, che aveva fatto significativi passi in avanti, veniva bruscamente interrotta da una comunicazione di Rdb del 6 febbraio (il giorno precedente l’assemblea nazionale del Patto di Base) che convocava un fantomatica Assemblea Congressuale Costituente della Cub per fine maggio.
Questa comunicazione era seguita da un documento nel quale si propone la trasformazione della Cub da Confederazione di 16 organizzazioni in una Confederazione strutturata in federazioni di categoria e inevitabilmente centralista.
Il documento sostiene tra l’altro che “il modello fondato essenzialmente sulla contrattazione aziendale non ha più senso” e “né bastano le rappresentazioni consistenti negli scioperi generali indetti una o due volte l’anno”.
A noi pare che prendendo a pretesto la crisi si vuole proporre per la Cub come nuovo il vecchio più vecchio del vecchio, un modello storicamente fallito che è una delle cause che hanno determinato la trasformazione di cgil.cisl-uil in organismi burocratizzati privi di democrazia interna, subordinati alle politiche statali e alle imprese.
Su due questioni vogliamo essere chiari il modello su cui è fondata la Cub non è disponibile ne oggi ne domani e la centralità per l’azione di un sindacato di classe il radicamento e la lotta a livello aziendale.
Lo statuto della Cub rappresenta la base fondativa dell’organizzazione e prevede modalità per la sua modifica che può avvenire solo con una maggioranza qualificata dall’assemblea nazionale.
Pensiamo che nessuna organizzazione sia così irresponsabile da indebolire una confederazione che svolge un ruolo fondamentale per la tutela dei ceti popolari specialmente oggi nel pieno di una crisi senza precedenti, dobbiamo recuperare il meglio della nostra esperienza riprendendo la discussione la dove si è interrotta il 6 febbraio.
Omicidi in nome del profitto
Abbiamo lanciato in queste settimane una campagna nazionale contro gli omicidi sul lavoro accentuando il nostro impegno a prevenire gli infortuni sul lavoro e le malattie professionali, ed in generale a difendere la salute dei lavoratori come bene primario non subordinato a logiche di profitto e/o di riduzione dei costi per le aziende.
Attiveremo iniziative specifiche per sostenere i processi al Petrolchimico di Manfredonia con Allca parte civile e a Torino contro la Thissen Krupp con Flmuniti parte civile.
Le iniziative in cui siamo impegnati sul diritto alla sicurezza e alla salute sono rese possibili per il ruolo fondamentale che svolge Medicina Democratica e che ha svolto nel processo al Petrolchimico di Porto Marghera.
Diritti sindacali e Rappresentanza
Importante è anche la campagna contro le discriminazioni nei confronti del sindacalismo di base e per l’assenza di diritti sindacali per i lavoratori a seguito degli accordi di cgil-cisl-uil con il padronato e i governi.
La cgil scopre oggi che governo e padronato possono scegliersi le organizzazioni con cui fare accordi, se si accettano o addirittura ci si fa parte attiva nel negare diritti al sindacato di base non ci si può stupire se poi la stessa regola viene applicata alla propria organizzazione, i diritti o sono di tutti o non sono tali.
Sembra che nei prossimi mesi cgil-cisl-uil e padronato faranno un accordo sulla rappresentatività e rappresentanza nel privato e sull’accorpamento dei contratti nazionali, la situazione è talmente arretrata che potremmo dire meglio una legge o accordo simile a quello vigente nel Pubblico Impiego che l’attuale situazione.
Le organizzazioni del privato sono oggetto di ogni tipo di discriminazione: dalla pretesa padronale di scegliere le organizzazioni con cui discutere o trattare, al regolamento per l’elezione delle Rsu che assegna a cgil-cisl-uil 1/3 dei delegati da eleggere garantendone in questo modo il controllo sull’attività, la difficoltà nel convocare le assemblee dei lavoratori durante e fuori l’orario di lavoro, al rifiuto da parte di grandi aziende all’effettuazione delle trattenute sindacali in busta paga.
Su quest’ultimo punto in questi ultimi mesi con l’attivazione dei ricorsi in base all’art.28 si sta affermando un orientamento positivo della magistratura.
Una legge sulla rappresentanza non può però essere la semplice trasposizione delle normative del Pubblico Impiego anche se le elezioni delle Rsu con criteri democratici e il diritto a percepire i contributi sindacali con trattenute in busta paga, rappresentano un passo in avanti.
E necessario che si introducano criteri per misurare la rappresentatività a livello aziendale, provinciale e regionale.
Prevedendo inoltre il diritto per i lavoratori a decidere sulle proposte rivendicative, la delegazione trattante e l’approvazione vincolante degli accordi.
Inoltre va salvaguardato quanto previsto dallo statuto dei lavoratori in ordine alla possibilità di convocare l’assemblea da parte della singola Rsu.
Siamo consapevoli che l’obiettivo di padroni e governo e sindacati concertativi è quello di ostacolarci con tutti i mezzi per la minaccia che rappresentiamo per i loro interessi e che metteranno “l’asticella” da superare ad un livello alto.
Per questo è indispensabile accentuare le iniziative di mobilitazione a tutti i livelli, perché alla fine conterranno i rapporti di forza che sapremo mettere in campo, a questo fine è decisiva la crescita dell’organizzazione sia in adesioni, che nella presenza in nuove aziende.
La questione dell’energia e la scelta nucleare
L’energia elettrica in Italia costituisce meno del 20% degli usi finali di energia, mentre il restante (più dell’80%) è costituito da carburanti per i trasporti e calore per riscaldamento e processi industriali.
Il cambiamento climatico e la geopolitica sanguinosa del petrolio richiede di procedere ad una drastica riduzione dell’impiego di combustibili fossili.
Come mai i francesi sono cosi disponibili ad offrirci la loro tecnologia a seguito dell’accordo fra Berlusconi e Sarkozy sul futuro nucleare italiano?
Sarkozy sta semplicemente facendo da piazzista per le sue imprese, siamo una bella occasione per fare un sacco di denaro, trovando sbocco ad una industria che in regime di libero mercato non sta in piedi.
L’energia nucleare non è pulita, dosi anche piccole di radiazioni, aggiungendosi al fondo naturale di radioattività, possono causare eventi sanitari gravi ai lavoratori e alle popolazioni, nel funzionamento “normale” degli impianti e, ovviamente, nel caso di incidenti.
Oltre al rilascio di radiazioni nel funzionamento “normale” degli impianti, c’è poi il problema dello smaltimento delle scorie.
E’ superfluo aggiungere che un impianto solare o eolico, a fine ciclo, lascerebbe residui che si possono smaltire in una normale discarica controllata.
Le proiezioni di costo del Kwh nucleare che tengono conto di tutti gli elementi ed anche delle caratteristiche dei reattori di nuova concezione, sono decisamente più elevate del costo del kWh a gas o a olio combustibile, ma anche prodotto con il vento!
La strada su cui procedere è quella di realizzare il 20% di risparmio energetico e il 20% di fonti rinnovabili.
Si va :dai parchi eolici, ai pannelli fotovoltaici, al solare termodinamico ,alla produzione di idrogeno con l’impiego del sole, del vento e la utilizzazione di questo con le celle a combustibile e nei motori, agli interventi nel comparto dell’edilizia, all’adeguamento delle reti di trasporto con sistemi e tecnologie a minore impatto ambientale.
Nei paesi europei in cui la produzione di tecnologie solari e eoliche si è andata consolidando, la dinamica espansiva dell’occupazione e del fatturato è emersa in tutta evidenza nel periodo 2000-2005.
Se in Italia, si creasse una filiera industriale di impianti ad esempio ad energia solare, si avrebbero ricadute significative in termini di occupazione.
No al nucleare perché è costoso e pericoloso, che lascia alle future generazioni tonnellate di scorie radioattive, militarizza il territorio; Si allo sviluppo di energie dolci, al risparmio energetico e alla creazione di nuova occupazione.
La Fiat: un caso emblematico di polverone mediatico
Marchionne in questi anni è riuscito nell’impresa di presentare la fiat auto come una azienda brillante e un modello da esportare con il plauso della sinistra e dei sindacati concertativi.
Fiat auto in Italia ha tagliato 22.668 posti di lavoro in otto anni: gli occupati sono scesi da 74.292 nel 2000 a 52.634 nel 2008.
La proprietà nello stesso periodo si è intascata a livello di gruppo di circa 15 miliardi di € tra dividendi ordinari e azioni gratuite. Quest’anno state date gratuitamente 2 milioni di azioni a Marchionne e 6 milioni all’alta dirigenza.
L’obiettivo immediato della nostra azione sindacale è quello di difendere gli stabilimenti e l’occupazione rivendicando la distribuzione del lavoro e la riduzione dell’orario a parità di salario attraverso la conquista della settimana corta con la conferma di tutti i rapporti di lavoro in essere.
È necessario ripensare il futuro dell’auto interrogarsi se ha senso dedicare ingenti risorse per mantenere un modello di trasporto basato principalmente sull’auto, a discapito del soddisfacimento di altre domande sul versante dell’energia, della tutela dell’ambiente a del territorio.
Per il 27 marzo FlmUniti organizza, in concomitanza con l’assemblea degli azionisti Fiat, un presidio a Torino che vogliamo realizzare con le altre organizzazioni sindacali di base e parteciperà, come avviene da anni, con lavoratori-azionisti alla assemblea padronale.
Dobbiamo essere consapevoli della strada fatta nella direzione di costituire un forte sindacato di base, anche se molto resta da fare, in questi decenni si è affermata una ideologia tesa a svalorizzare il lavoro e il ruolo di chi lavora.
E’ ora che i lavoratori ritrovino l’orgoglio per quello che fanno e recuperino la coscienza della centralità del loro ruolo per il funzionamento della società, senza i milioni di lavoratori che ogni giorno producono beni materiali, servizi e assistenza c’è il nulla.