Alla FLAICA
Alla C.U.B.
Sento il dovere di diffondere la sintesi del mio intervento al Direttivo nazionale della Flaica, tenuto il 10 aprile a Firenze, che ha sancito la rottura del quadro unitario interno e nel quale ho motivato la mancata accettazione della conferma a componente la Segreteria nazionale e dello stesso Esecutivo.
Lo devo prima di tutto alle migliaia di iscritti che solo qualche mese fa mi hanno rinnovato totale fiducia, lo devo alle centinaia di delegati nei luoghi di lavoro che rappresentano la possibilità di un sindacato diverso, lo devo alle decine di operatori sindacali che mi affiancano quotidianamente per dare corpo e sostanza al nostro messaggio ideale.
Lo devo, alla mia coerenza di uomo che ha speso una vita sempre teso a cercare le ragioni che uniscono al posto dei pretesti che dividono.
Senza spirito polemico, ho la necessità di riportare nella giusta valutazione il mio pensiero poiché durante l’intervento, che non ho potuto terminare, è stata orchestrata una indegna gazzarra che ha impedito l’esatta percezione del senso delle cose dette e di quelle che non ho potuto dire.
E’ un vecchio trucco, che mette in atto chi non ha argomenti per rispondere nel merito e organizza la confusione per inquinare la verità.
Ho detto al Direttivo di aver trascorso 15 anni silenti, perché assorbito totalmente dalla necessità di costruire gli argini di un forte sindacato di base nel territorio, che resistesse all’alluvione dello strapotere padronale. Ora, dopo aver consolidato le strutture portanti, ero pronto a spendere ancora un po’ della mia esistenza per allargare l’orizzonte della nostra azione sindacale nella vasta e vuota prateria situata oltre i confini dei vari orticelli.
Ho detto anche che al Congresso nazionale non avevo contestato il vulnus alla democrazia prodotta dalla personale ed esclusiva gestione di Montagnoli, perché avevo bisogno di maggiori riscontri sulla reale rappresentatività delle Strutture coinvolte e sulla reale dimensione della legalità violata.
Quella mancanza di legalità che, pur producendo lesione al diritto soggettivo, poteva in qualche modo essere sanata solo dalla rinuncia unanime ad impugnare gli atti viziati.
Ho preso atto, sentita la relazione del “nuovo” Segretario Generale che aveva già risposto negativamente alla mia richiesta di illustrare prima il programma e la squadra e poi chiedere la fiducia (e per questo 1/3 del Direttivo gli ha votato contro), che il destino alla marginalità della Flaica non sarebbe mutato.
Non muterà, perché il rapporto tra la vocazione ad includere e l’interesse della Federazione, ma più in generale della CUB, invece di migliorare peggiora. Il timore di perdere il controllo dell’Organizzazione sta portando il Dominus all’arroccamento e questo più che fattore di crescita è motivo di arretramento.
Ho chiesto di riempire il vuoto di idee su un punto fondamentale che minaccia la stessa legittimazione giuridica della Flaica: la mancanza di contrattazione a livello nazionale, che riduce la Federazione al ruolo di spettatore critico ma ininfluente, mentre serve un ruolo da protagonista, che può essere svolto aggregando le simili esperienze, senza isolare la Struttura in una sorta di ipocrita autosufficienza.
Ho rappresentato la necessità che il dominio mediatico berlusconiano, che depotenzia finanche le grandi manifestazioni di massa e ne vanifica gli effetti tradizionali sull’aggregazione delle idee, va contrastato mediante il contatto quotidiano e diretto con la gente. Non basta più il volantino, la propaganda verbale, la ritualità della nostra azione per mancanza di opzioni, ma c’è l’esigenza di realizzare un nuovo sistema di comunicazione che arrivi direttamente alle coscienze. Quanto sarebbe utile, oggi, per esempio, un contatto diffuso con i cittadini per spiegare loro il pericolo che corre la democrazia nel nostro Paese in occasione del prossimo referendum elettorale?
E’ necessario, cioè, mettere insieme i quadri e le strutture di tutti coloro che si richiamano agli stessi ideali per organizzare una capillare presenza nei territori ed arrivare così al cuore della società civile.
Altro argomento che ho sollevato è il rinnovamento e la formazione di nuovi quadri dirigenti. So che la risposta non è facile per la cronica mancanza di risorse, ma nel nostro agire quotidiano qualcosa possiamo anche fare. Possiamo, per esempio, superare la cultura conservatrice del fideismo che ha generato la povertà dell’attuale quadro dirigente, perché invece di privilegiare le intelligenze si è continuato ad allevare sudditi.
Ho fatto rilevare il paradosso di casa nostra, perché se è vero che la risposta alla crisi economica-occupazionale ed alla decadenza dei diritti è la costruzione di un forte sindacato antagonista, da costruire con le regole della democrazia, insieme agli altri pezzi del sindacalismo di base, la C.U.B., in nome di questo obiettivo, si avvia verso la sua frantumazione!
La situazione è stata compromessa dalla risposta sbagliata alla domanda di rappresentanza democratica posta da RDB, che ci ha messo in forte imbarazzo, come pure alla domanda di adeguamento del sistema organizzativo che non si aggiorna da quasi dieci anni. Ebbene, io e Galli, abbiamo detto che il confronto su una testa un voto è la regola su cui si fonda la democrazia e su questo piano dovevamo proporre ad RDB un passo indietro per indire insieme l’Assemblea nazionale. In questo modo si poteva tenere unita la CUB, per farne l’architrave del grande sindacato unitario di base da costruire con gli altri Soggetti alternativi.
Il risultato? Galli escluso dalla Segreteria nazionale Flaica e dal Coordinamento Nazionale CUB (in quest’ultimo ricompreso in extremis per evitare anche la mia rinuncia). Rossi, dimezzato perché nella zona di Roma veniva proposto un ulteriore Segretario nazionale, Desiderati Giancarlo.
Ho declinato l’invito ritenendo che due Segretari nazionali su Roma, poiché vi esistono due strutture Flaica l’una guidata da me e l’altra da Desiderati, invece di rispondere al bisogno di unità della Federazione ne costituiva una potenziale divaricazione. Inoltre, cosa più importante, ho richiamato un recente fatto di cronaca che sconsigliava in questo momento la nomina nella Segreteria nazionale di Desiderati.
Avrei voluto dire che nel mese di gennaio, all’epoca dell’aggressione israeliana a Gaza ed al massacro dei Palestinesi, Desiderati aveva diffuso un incauto comunicato come Flaica di Roma nel quale richiamava un elenco di commercianti che appartengono alla comunità israelitica romana.
L’episodio, anche se eccessivamente strumentalizzato, ha fatto molto scalpore e sono arrivati dai luoghi di lavoro tantissime proteste e minacce di disaffiliazione.
Tutti abbiamo cercato di metterci una pezza, edulcorando la versione originale, ma, ai tanti iscritti e delegati che protestavano, ho rassicurato che comunque Desiderati non rappresentava la Flaica nel suo complesso, la quale non si riconosceva in quelle affermazioni.
Dopo tre mesi lo voto come Segretario nazionale?
Questo è ciò che volevo discutere. Questo è ciò che non si doveva capire!
Comunque, ho già chiesto l’annullamento del Congresso nazionale del 14 marzo 2009 perché svolto in violazione delle più elementari regole di democrazia e legalità e l’amor patrio per cui bisognava tacere è venuto meno. Pertanto, ritengo che tutte le decisioni di natura politico-giuridica assunte dagli Organismi derivati sono affette da nullità assoluta e, quindi, non hanno valore.
Ritengo che il congresso della Flaica debba essere indetto con regole trasparenti, condivise e partecipate, su dati associativi certificati, nel rispetto della proporzionalità rappresentativa dei vari territori.
Voglio precisare che questa mia non è lo sfogo di uno sconfitto, ma la conseguenza di una scelta, perché ho rinunciato io alla proposta formale fatta del Segretario generale di essere rieletto nella Segreteria nazionale e prima ancora anche come Segretario generale aggiunto (alchimia politica di nota tendenza), tanto è vero che nella Segreteria eletta il 10 aprile manca un Componente.
Nello stesso Direttivo, in aggiunta alla carica di componente la Segreteria nazionale Flaica, sono stato formalmente proposto per essere designato all’incarico di Coordinatore nazionale della CUB in sostituzione di uno degli attuali Coordinatori (Tiboni, Montagnoli e Scarinzi). Non ho accettato nemmeno questo incarico perché, salvo le altre motivazioni, in esso vi era un implicito mandato: lo scaricabarile nella rottura con RDB.
A mio avviso una proposta del genere doveva avere l’intento esattamente opposto, cioè l’estremo tentativo di evitare la rottura della CUB ed il recupero dell’indispensabile unità interna.
L’accettazione meccanica della divisione della CUB significa prepararsi alla gestione dell’esistente e che senso ha guidare un Soggetto di movimento che rinuncia alla sua funzione? Io sono ancora affascinato dalla speranza mai sopita di poter concorrere alla costruzione di un grande sindacato di massa capace di riportare nell’ equilibrio sociale il rapporto tra l’ambizione alla ricchezza ed il diritto di ogni individuo ad un’esistenza libera e dignitosa.
Come spesso accade in questi casi, qualche pretoriano (esistono, la madre è prolifica), interverrà nella vicenda raccontando un altro film. Non gli risponderò. Alla vostra intelligenza capire la credibilità di chi lo rappresenta.
Cordialmente.
Amedeo Rossi
Latina, li 14/4/09