Doveva essere un decreto di riforma della pubblica amministrazione ma in realtà è un contenitore dove è finito un po’ di tutto. Soffermiamoci su due provvedimenti, in precedenza smentiti pubblicamente dal ministro Madia, che avranno gravi ripercussioni sui lavoratori pubblici.
MOBILITA’ OBBLIGATORIA – Il governo Renzi forza l’articolo 2103 del codice civile e considera medesima unità produttiva qualunque ufficio pubblico si trovi ad una distanza non superiore a cinquanta chilometri dalla sede in cui il lavoratore destinatario di trasferimento obbligatorio è adibito. In tal caso il lavoratore non potrà opporsi al trasferimento, perché entro quella distanza sarà come se esistesse un unico ufficio pubblico, sia esso un ministero, un ospedale, un ente locale o altro. Un’aberrazione!!! Se vi capiterà d’incontrare un vigile urbano in camera operatoria al posto dell’anestesista non meravigliatevi, magari per addormentarvi gli basterà multarvi per eccesso di velocità.
DEMANSIONAMENTO – Sempre in deroga all’articolo 2103 del codice civile, il decreto-legge 90 del 24 giugno 2014 prevede che il lavoratore pubblico messo in disponibilità perché considerato in esubero e non ricollocato in altro ufficio, nei sei mesi precedenti il termine della mobilità, in tempo utile per evitare il licenziamento, possa chiedere di essere ricollocato in una qualifica inferiore o in posizione economica inferiore della stessa o di inferiore area o categoria, così da ampliare le occasioni di ricollocazione che in ogni caso dovranno essere compatibili con i vuoti in organico. E’ come mettere il cappio al collo di qualcuno e cominciare a tirare piano piano, fino al punto in cui i piedi cominciano a staccarsi da terra. A quel punto la richiesta di sopravvivenza ad ogni costo è garantita. E’ esagerato parlare di ritorno alla schiavitù?