Icona Facebook Icona Twitter Icona Instagram Icona Telegram Icona Youtube Icona Rss

DOCUMENTI

ZONA METROPOLITANA: UN CONTRIBUTO ALLA RIFLESSIONE DA AS.I.A. RDB DI BOLOGNA

Bologna,

Questo documento è pensato come strumento di ricerca e analisi per i compagni e le compagne che oggi sono impegnati nelle mobilitazioni inerenti al diritto alla casa. E’ uno documento prodotto da AS.I.A.-RdB di Bologna.

Quadro generale

 

Le caratteristiche principali di questa fase sono quattro:

 

Lo sviluppo di una tendenza che vede le grandi concentrazioni produttive distribuite dentro filiere internazionali (oltre 1 milione di posti di lavoro sono stati delocalizzati negli ultimi dieci anni dall’Italia in paesi a più basso costo del lavoro) sia disperse e frantumate in ambiti territoriali che trovano nelle grandi aree metropolitane un nuovo fattore di centralizzazione e accumulazione, sia delle forze produttive che dei profitti, me che per questo sono anche il luogo dove si concentrano ed amplificano i problemi e le contraddizioni, dalle masse dei giovani precari agli addetti a lavori servili, condannati a salari di mera sopravvivenza, dagli immigrati ai disoccupati, agli espulsi dai processi produttivi che non riescono più a rientrarvi. Vi è un livello di insicurezza e incertezza sul futuro che rende oggi i lavoratori più simili ai vecchi disoccupati che ai lavoratori a tempo indeterminato. La flessibilità produttiva si tramuta in precarietà contrattuale, che diventa precarietà sociale complessiva.

 

La sfrenata competizione economica sta provocando una collocazione sempre più verso il basso della scala sociale anche di quei ceti medi e di quei settori di lavoratori fino a ieri garantiti, spesso collocati in alte fasce professionalizzate; pensiamo ai ferrovieri, nelle telecomunicazioni e nell’informazione, che nei decenni passati erano stati risparmiati dalla ristrutturazione capitalista e a cui una fruizione decente di servizi pubblici garantiva status sociale, tranquillità ed un certo  benessere. Anch’essi costretti a subire licenziamenti, mobilità, esternalizzazioni con fenomeni finora inediti di povertà, precarizzazione, disoccupazione anche tra ampi settori di lavoratori scolarizzati e specializzati

 

Esiste un forte incremento dello Stato che smentisce ogni ideologia sul “meno Stato e più mercato”, si è avuto invece più Stato al servizio del mercato; si sono infatti introdotti nei servizi sociali (ed in modo evidente sulla casa) le logiche mercantili, gli investimenti pubblici (grandi opere, trasporti, aree urbane) vengono visti unicamente in funzione delle imprese private, le politiche europee hanno rilanciato la spinta alla privatizzazione. Le case pubbliche diventano per le Amministrazioni non una forma di garanzia sociale per i lavoratori, ma un investimento su cui si può speculare, mettendo a servizio del mercato privato il proprio patrimonio.

 

L’Italia sta subendo i contraccolpi della crisi dei mutui subprime che ha investito gli Usa. Nelle città italiane si registra un aumento dei pignoramenti di case gravate da mutui. Cresce il numero di famiglie che si rendono insolventi nei confronti delle banche che gli hanno concesso il mutuo e, conseguentemente, perdono la loro abitazione. Una famiglia su 4, in una grande città come Milano, negli ultimi anni ha visto la propria casa pignorata a causa dell'insostenibilità dei tassi dei mutui. Si calcolano 530 mila nuclei famigliari in difficoltà finanziaria nel pagamento della rata di mutuo, di cui 110 mila sono insolventi.

Abbiamo un 80% delle famiglie italiane (doto che comprende anche chi possiede una casa con il mutuo) che vive in case di proprietà, tuttavia stiamo assistendo ad una inversione di tendenza, rispetto al numero di nuclei famigliari che trova una casa in affitto rispetto a chi decide di comprarla con un mutuo. In Italia l’emergenza abitativa interessa oltre 2 milioni e mezzo di famiglie e il 63% di chi vive in affitto è a rischio povertà con redditi incompatibili con gli affitti di mercato. Negli ultimi anni, secondo i dati Nomisma e Banca d’Italia, l’affitto medio annuo è passato da 1.526 a 3.905 euro, un incremento del 156% più sensibile al Nord che al Sud. La scarsa attenzione al tema è dovuta ad una situazione nazionale prevalentemente caratterizzata da famiglie proprietarie dell’abitazione ma, nella stragrande maggioranza dei casi, sono in affitto famiglie con basse o bassissime condizioni economiche. Ci sono 100 mila richieste di sfratto solo nel 2007 secondo i dati del Ministero dell’Interno, sono 45 mila i provvedimenti convalidati, mentre sono circa 23 mila gli sfratti eseguiti nell’ultimo anno; nell’80% dei casi è la morosità la causa principale.

 

Aree metropolitane

 

Le metropoli vengono ad assumere il carattere di magazzino della forza lavoro in cui domanda ed offerta si incontrano ormai in condizioni enormemente più svantaggiose per i lavoratori. Sono lo spazio dove si sviluppa l’intera vita sociale rispetto alle esigenze della produzione flessibile. In una indagine del Censis risulta che il PIL nelle 11 aree metropolitane italiane dove vive il 25% della popolazione italiana, si realizza una quota del 31% del PIL nazionale. Va evidenziato che in media il PIL pro capite dei centri metropolitani è maggiore rispetto a quello dei comuni dell’hinterland, a testimonianza del fatto che la città principale rimane il vero polo di attrazione delle attività economiche. Abbiamo qui la presenza di un tessuto terziario che si integra e supporta l’industria. Si tratta, cioè, di un terziario che è venuto assumendo un ruolo sempre più propulsivo e trainante del modello di sviluppo economico. Si ridefinisce il concetto di “imprenditorialità territoriale” dove vi è un più saldo legame tra strutture produttive, servizi e comunità locale.

Le concentrazioni urbane ammassano quantità sovrabbondanti di forza lavoro. In questa nuova concentrazione, la produzione flessibile trova i “requisiti ambientali” idonei per il suo massimo decentramento (e per il massimo accentramento di poteri decisori). La massa della forza lavoro delle metropoli, vive oggi una condizione di crescente degrado che è la diretta conseguenza dell’abbattimento dei costi di riproduzione. E’ un degrado acutizzato dalla precarietà del lavoro, dalle privatizzazioni e dallo smantellamento dei servizi sociali, dall’aumento dell’imposte locali, dall’aumento delle tariffe e delle abitazioni, dalla difficoltà di poter usufruire di forme di reddito dal lavoro (sempre più insicuro). A questa condizione di precarietà lavorativa si affianca anche un degrado delle condizioni sociali complessive.

L’importanza delle città metropolitane non è rilevabile se si analizza il dato demografico, Bologna è dentro una rete metropolitana, che oggi possiamo individuare nella filiera di città che attraversano l’Emilia, tuttavia ha avuto una diminuzione del numero di abitanti in città. Questa “fuga” dai grandi centri urbani a favore dei centri minori, è dovuto soprattutto al caro affitti e all’aumento molto forte dei prezzi degli immobili ad uso abitativo. Questa dispersione ha dato una fisionomia più omogenea del territorio.

Questo fenomeno che attraversa le principali città metropolitane in Italia si accompagna ad un decisa crescita di potere delle aree metropolitane rispetto al contesto nazionale. Le politiche federaliste sono quindi sposate dalle rispettive aree metropolitane indipendentemente dal colore politico, in quanto rispecchiano un tentativo di maggiore potere decisionale della “metropoli-impresa”. Si assiste ad un progetto di automizzazione e concentrazione delle risorse su basi locali a disposizione dei poteri forti. La competizione su questo campo, più che sugli interventi destinati ai servizi sociali, si gioca direttamente sulle capacità manageriali di profitto di queste aree. Siamo quindi di fronte ad una metropoli-impresa, che si attrezza anche sul piano legislativo, in questo senso anche le scelte politiche sulla casa vengono assunte e decise in un contesto non più meramente locale (inteso come comune specifico) ma dentro le aree metropolitane, lo stesso dicasi per la scuola, la sanità, i trasporti, l’acqua, ecc…

 

 

 

Per il sindacalismo metropolitano

 

Come abbiamo visto prima siamo di fronte ad una trasformazione del territorio e della stessa composizione sociale dei lavoratori. Questo porta con se due elementi su cui bisogna confrontarci.

 Da un lato abbiamo una precarizzazione sociale che rende il problema abitativo non solo legato a fasce “emergenziali” come studenti fuori sede, giovani lavoratori, immigrati, ma diventa oggi, rispetto alle nuove fasce sociali, un problema sistemico. Il crollo dei mutui, e la relativa difficoltà di acquistare una casa potrebbe rimettere in moto processi politici complessivi che individuino nelle abitazioni pubbliche una soluzione. Su questo elemento si gioca oggi la principale battaglia di chi difende il diritto alla casa. Vuol dire proporre una nuova pianificazione urbana, che ridia slancio all’edilizia pubblica, non qui intesa unicamente come nuove case, ma anche come riappropriazione da parte amministrativa delle innumerevoli proprietà sfitte. Questo obiettivo è parallelo e complementare al progetto del sindacalismo di base di rilancio dello stato sociale e di una nuova politica per il reddito sociale. Lo slogan spesso utilizzato è: la vostra rendita è la nostra precarietà, rendita delle amministrazioni pubbliche dei gruppi finanziari, degli immobiliaristi, precarietà per chi vive dentro la metropoli-impresa.

Dall’altro abbiamo una ridefinizione della controparte, in quanto se il territorio si è modificato, rispetto alla definizione delle aree metropolitane è necessario impostare una azione che sappia rimodellarsi su queste novità. Oggi una seria mobilitazione per il diritto alla casa deve avere immediatamente come controparte i governi regionali, e non si può rinchiudere dentro dimensioni localiste. Per fare questo ovviamente è necessario sviluppare reti organizzative che sappiano muoversi dentro le aree metropolitane. Le occupazioni, le autoriduzioni, sono importanti, sono l’arma sindacale per chiedere un rilancio del pubblico, tuttavia la lotta per il diritto alla casa, è fatta di innumerevoli strumenti. Non bisogna mai “innamorarsi” del mezzo, ma è il progetto complessivo l’obiettivo importante da perseguire. Una cosa occupata se non stabilizzata è sempre sotto ricatto. Oggi avremo diverse forme e modalità d’intervento per il diritto alla casa, dalla creazioni di liste indipendenti per l’assegnazione di case, a gruppi di difesa per il caro mutui, oltre all’imprescindibile lavoro di servizio in merito al dare strumenti per la difesa dei diritti degli inquilini, attraverso gli sportelli per la casa. La gamma di situazioni è vasta, basti pensare alla differenza di strumenti che si dovranno metter in campo contro la miriade di strozzini che affittano in nero le casa oppure le grandi finanziarie. Lo stesso dicasi rispetto alla tutela degli inquilini delle case pubbliche e al tentativo da parte delle amministrazioni di svendere il patrimonio urbano, incentivando l’acquisto diretto delle case (vedi mutui) oppure semplicemente lasciando cadere a pezzi questi appartamenti perché non economicamente redditizi.

 

I grandi cicli di lotte negli anni 70 vedeva il problema casa essere affrontato direttamente dai lavoratori, utilizzando la loro forza conquistata sui posti di lavoro. E’ dai sindacati e gruppi autonomi di lavoratori che partirono le mobilitazioni per le autoriduzioni (bollette, caro affitti, ecc…). Gli stessi movimenti di lotta per la casa, se si analizza il Nord Italia nascono dentro questo contesto. Oggi ci troviamo di fronte ad una situazione inedita, è lo stesso territorio che si fa impresa, e diventa al tempo stesso terreno di ricomposizione per le fasce di lavoratori investiti dalla precarietà sociale diffusa.

 

Si deve quindi sperimentare una forma di sindacalismo metropolitano che integri il sindacalismo classico (su base aziendale) assumendo la sfida della complessità presente. Di fronte ad un nuovo precariato sociale (non qui inteso unicamente come settore di lavoro), le modalità organizzative devono trovare nuove forme, e darsi obiettivi che possono ricomporre questa frammentazione, prendendo come punto centrale la dimensione delle nuove aree metropolitane. Ovviamente il settore casa, non è l’unico terreno (sul consumo, sui servizi, ecc), ma rappresenta sicuramente una delle dinamiche più interessati per ricomporre il precariato sociale. La capacità di dare una prospettiva avrà come terreno di verifica la relazione che deve intercorrere tra il sindacato vero e proprio, ossia il lavoro sui settori aziendali, e quello sociale metropolitano. E’ destinato al fallimento chi crede che uno di questi due aspetti sia autosufficiente. Oggi stiamo sperimentando in alcune aree metropolitane cosa vuol dire agire da sindacato metropolitano, creando forme adeguate di organizzazione, rispetto al precariato sociale. AS.I.A.-RdB è una delle promotrici del Blocco Precario Metropolitano (BMP) di Roma, dove concretamente si agisce dentro il nuovo contesto socio-urbano. Il BMP è una rete che da organizzazione e indica una serie di obiettivi per ricomporre il precariato sociale attorno al progetto del reddito sociale, qui declinato nello specifico sul problema abitativo per il diritto alla casa. Non è secondario analizzare l’importanza dell’organizzazione, e la capacità di intercettare settori sociali differenti tra loro. Ridurre il problema “casa” all’emergenzialità, è un errore, in quanto non si vede l’elemento generale sistemico del problema abitativo che oggi riaffiora, attraversando settori sociali diversi tra loro. Cosi come la capacità di mobilitazione e di consenso si misura sulla tenuta e sul tempo, e quindi sul livello organizzativo.

 

Cosa è AS.I.A.-RdB

 

AS.I.A.-.RdB è l’Associazione Inquilini Assegnatari, organizzazione per il diritto alla casa. E’ federata alle RdB-CUB, Rappresentanze di Base-Confederazione Unitaria di Base, una delle più importanti organizzazioni del sindacalismo di base presente oggi in Italia. Il nostro progetto si inserisce nel tentativo di sperimentazione di un sindacalismo metropolitano che vede coniugate tra loro le forme organizzative sindacali aziendali con quelle territoriali rispetto a specifici settori. Ci siamo dati l’obiettivo di non essere meramente un sindacato d’attivisti, ma essere una vera e propria “rappresentanza sociale”. Il sindacalismo di base in Italia rappresenta la parte dei lavoratori che hanno scelto di essere indipendenti dal quadro partito-istituzionale e al tempo stesso indipendenti dalle classi dominanti. Il sindacalismo di base mette al centro gli interessi dei lavoratori e lo sviluppo delle politiche sociali.

Indipendenza è anche organizzazione. L’organizzazione non ha solo un significato funzionale alle esigenze materiali (salario, normative, condizioni di lavoro, urbane, ecc…) dirette ma è strettamente legata alla possibilità di accedere ai diritti, di affermare la propria dignità e di affermare una identità altra rispetto alla compatibilità che ci richiedono le forze dominanti. In altre parole, l’organizzazione ha una valenza politica che incide sui rapporti di forza nella società e dunque sulla natura delle politiche generali. L’organizzazione reale prodotta dal conflitto sindacale e sociale, è un elemento costituente fondamentale della coscienza dei lavoratori e delle fasce sociali subalterne rispetto al loro ruolo e diritti nella società ed, in ultima analisi, anche della condizione di “salute” democratica e delle prospettive della stessa società in generale. ASIA-RdB è una organizzazione del nuovo sindacalismo metropolitano, che vuole consolidare e sviluppare il sindacalismo di base in Italia.

 

AS.I.A.-RdB

Bologna 2008

Materiali consultati:

Verso il sindacalismo di massa, Conferenza d’organizzazione , RdB-CUB settembre 2007

Una storia sindacale indipendente, quaderni Cestes-Proteo, 2007

Rivista Proteo-Centro Studi Trasformazioni Economico-Sociali, RdB-CUB

asia.rdbcub.it

 

 

AS.I.A Rdb

via Monterumici, 36 Bologna

tel: 051389524- 051385932

info@bologna.asia.rdbcub.it