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L'Usb Viterbo esorta le istituzioni locali a stipulare un accordo con le parti per proteggere i lavoratori

Nazionale,

Lo scorso anno nella città di Viterbo 6 persone sono state uccise di lavoro e 3 mila hanno subito un infortunio, è urgente un impegno delle istituzioni locali.

Nel 2018, i morti di lavoro sono stati 1133, il 10% in più rispetto l’anno precedente, lavoratori vittime dello sfruttamento, del precariato e della mancanze di tutele.


Nel Lazio, parliamo di più di 44 mila denunce di infortunio, con una crescita preoccupante nel settore del Commercio, che sconta un aumento del 2,6%. Sono proprio i lavoratori della Grande distribuzione organizzata che subiscono maggiormente le conseguenze di contratti flessibili, in sub appalto o a chiamata. Tutta la filiera dell’agroalimentare è diventato il campo di sperimentazione delle nuove forme di precarietà. Lavoratori sempre più instabili, esposti al ricatto dei datori.


La minaccia del licenziamento incombe ogni volta che un lavoratore segnala mancanze nella sicurezza e nei diritti.


Gli infortuni con esito mortale, solo nella Tuscia, sono stati sei, di cui quattro hanno riguardato lavoratori agricoli. A questi si aggiunge almeno un 30% di sommerso, lavoratori che non possono denunciare o che non rientrano nelle statistiche. Lavoratori, per esempio, che da più di dieci anni guidano mezzi agricoli sui campi o si recano alle serre in motorino senza avere la patente. Con il beneplacito dei datori, raccolgono cavoli o nocciole, il più delle volte senza contratto, impossibilitati a prendere la patente, se stranieri, e a sostenere i costi di una scuola guida, se italiani. L’infortunio in itinere per questi lavoratori è precluso, anche se mortale, non ricevono indennizzo, non rientrano nelle statistiche. Nessuno paga per l’omicidio commesso.


I doppi lavori e i turni spezzettati facilitano gli infortuni in itinere che, su base nazionale, sono aumentati del 22%. Nel Lazio quasi 200 lavoratori in più hanno subito un infortunio nel tentativo di raggiungere o lasciare il proprio posto di lavoro (10.643 nel 2017, 10.803 nel 2018).


La mancanza di prevenzione e sicurezza sui posti di lavoro non ha solo un impatto immediato ma può ripercuotersi per sempre sulla vita dei lavoratori, tanto da pregiudicarne la qualità anche una volta usciti dal lavoro. Non facciamo riferimento soltanto agli effetti spesso devastanti dell’infortunio, ma a quelle patologie direttamente riconducibili alle mansioni svolte che possono presentare i loro effetti anche 10 anni dopo l’uscita dall’ambiente lavorativo.


Le malattie professionali in Italia sono aumentate del 2,5%, nel Lazio si contano 300 casi in più, sono in crescita le patologie del sistema osteomuscolare (da 2405 del 2017 a 2504 del 2018) legate al mondo del commercio, della logistica e di tutti quei lavori che richiedono movimentazione delle merci e sollevamento di carichi. Raddoppiano le malattie della pelle dovute all’esposizione ad agenti chimici o biologici e ad raggi ultravioletti.
Nella Tuscia, il 70% dei lavoratori che subiscono un infortunio ha un contratto irregolare, o completamente in nero.


L’Usb esorta pubblicamente l’amministrazione a convocare le parti sociali per stipulare un accordo, insieme all’Ispettorato del Lavoro, che contrasti alla radice il lavoro nero. Un accordo fattibile e in via di sperimentazione a Napoli. Il Comune, con una delibera, ha stabilito la revoca della concessione per l’utilizzo di suolo pubblico per i datori che non rispettano i diritti dei lavoratori.

Per rendere poi operativa la delibera è necessario un protocollo di intesa con l’Ispettorato del Lavoro che possa trasferire reciprocamente i dati e permettere la realizzazione delle sanzioni.


Non si tratta solo di una nuova multa per chi sfrutta il lavoro nero, ma del coinvolgimento dell’intera città e delle sue istituzioni in questa battaglia.
Il lavoro nero non è una piaga naturale, ma una scelta precisa dei datori.


USB Viterbo