Riceviamo e volentieri pubblichiamo la lettera di Teresa, precaria Coop che come tante altre è stata sacrificata sull'altare di una crisi che colpisce tanti per arricchire pochi. Crediamo di non dover aggiungere nulla, se non la nostra solidarietà a Teresa e a tutte le altre precarie che vivono questa condizione e il pieno sostegno dell'organizzazione alla loro vertenza.
All’ufficio del personale
UNICOOP TIRRENO
“Coop sta per Cooperativa di Consumatori.
Non è un'impresa come le altre, non è una società per azioni. E' qualcosa di molto speciale, regolata da princìpi che uniscono le cooperative di tutto il mondo.
L'idea base della cooperazione nasce dal bisogno e dalla solidarietà:
si costruisce così una risposta imprenditoriale originale che, dalle prime esperienze pionieristiche, in più di un secolo e mezzo di storia, si sviluppa fino a diventare la prima organizzazione distributiva italiana. E' una storia di persone, di lavoro, sacrifici ed entusiasmi, strettamente intrecciata con le vicende politiche e sociali del nostro paese. I valori originari sono ancora oggi alla base della cooperazione: la centralità delle persone, dei loro bisogni e dei loro diritti.”
Queste belle parole sono tratte dal vostro sito. Peccato che siano solo parole.
Chi vi scrive è Teresa. Ho trentadue anni e dal 29 luglio 2004 al 12 maggio 2012 ho lavorato presso l’Ipercoop di Viterbo. Ma parlo a nome di tutte le mie colleghe, anche loro purtroppo ormai precarie, che cercano di far sentire la propria voce per far valere il proprio diritto al lavoro.
Ognuna di noi è stata costretta, nell’ultimo anno (qualcuna anche da più tempo in verità) a sopravvivere più che vivere. Le più fortunate hanno trovato lavori in nero (sorvolo su quanto sia paradossale che uno stato che si definisce civile possa permettere ancora ciò), altre hanno avuto seri problemi economici vedendo venire a mancare uno stipendio in famiglia, indispensabile. Ma la cosa più drammatica e assurda è la totale indifferenza dell’azienda.
Alle nostre richieste di spiegazioni e chiarimenti l’azienda risponde con un assordante silenzio, che, tristemente, evidenzia quanto di noi poco importi alla stessa. I sindacati “graditi”, ancora più tristemente, coprono le scelte dell’azienda palesando come scusa la tanto famigerata crisi.
Siamo entrate in Coop che avevamo fiducia nel lavoro perché prima di tutto avevamo fiducia nell’azienda e nella serietà dei valori che professava. Siamo cresciute in quel posto di lavoro maturando la nostra personalità grazie al confronto con gli altri, apprendendo dai nostri superiori e non, sperando di dare qualcosa anche noi a loro. Solo ora ci accorgiamo che abbiamo dato tutte noi stesse per nulla.
Siamo senza parole.
Anzi, le uniche parole che ci vengono sono: bisogno, solidarietà, lavoro sacrifici ed entusiasmi, la centralità delle persone, dei loro bisogni e dei loro diritti. A questo punto ci chiediamo di quali persone siano centrali i bisogni ed i diritti.
Il lavoratore non viene prima di tutto perché prima di tutto vengono gli interessi capitalistici di pochi, peraltro sostenuti dai sindacati “graditi”.
Teresa (ex precaria coop di lungo corso, oggi disoccupata)