L’ordinanza appena emanata dal ministro della salute Speranza, sulla possibilità di riaprire le visite dei famigliari all’interno delle CRA/RSA/RSD, sembrerebbe un piccolo spiraglio verso la normalità.
Ma, come avvenuto con i passati decreti, prevalgono i dubbi più che le certezze, ed una evidente mancanza di volontà nell’assumersi responsabilità ben precise. Si ripete il copione già visto, che da un anno e mezzo la fa da padrone: è il gioco dello scaricabarile.
Le linee guida adottate nella conferenza Stato-Regioni, lasciano in primo luogo la decisione alle Regioni, successivamente alle AUSL territoriali, e per finire ai gestori dei servizi, su cui come prassi ricadrà la decisione finale.
Infatti, come cita testualmente l’ordinanza, “Il direttore sanitario o l’autorità sanitaria competente, in relazione allo specifico contesto epidemiologico, può adottare misure precauzionali più restrittive necessarie a prevenire possibili trasmissioni di infezione.”
Naturalmente il nostro augurio è che si possa tornare alla normalità. I rapporti affettivi sono la base nella cura delle persone fragili come anziani e disabili. Al contempo che cosa è stato fatto fino ad oggi per cercare di migliorare e cambiare radicalmente, la modalità di gestione delle CRA/RSA/RSD?
Entrando nello specifico di quanto scritto nel documento della conferenza Stato-Regioni, per la riapertura alle visite, tutto viene subordinato alle condizioni delle strutture in possesso degli spazi necessari a garantire la sicurezza, alla Certificazione Verde Covid-19 (la cui chiarezza non è definita) e soprattutto nella disponibilità del personale necessario, atto a garantire la corretta gestione e flusso delle visite.
Ricordiamo che la carenza di personale è stata una delle cause di quanto avvenuto nelle CRA/RSA/RSD, senza omettere che la maggioranza delle strutture sono vecchie e fatiscenti. Basti pensare che in media il rapporto OSS/Anziani è di 2/26 e di 1 Infermiere per 50.
Ancora si attendono decisioni che abbiano l’indirizzo di potenziare e migliorare la cura degli anziani e disabili, le prospettive a nostro parere non sono delle migliori, in quanto nel Recovery Plan CRA/RSA/RSD non vengono menzionate (come già detto).
Oppure la “Speranza” è nella commissione a guida del Monsignor Paglia? È risaputo l’interesse economico da parte del mondo ecclesiastico nel settore dell’assistenza ad anziani e disabili, attraverso le fondazioni in cui per ottimizzare i costi, si applicano condizioni contrattuali per i lavoratori che, usando un eufemismo, non sono delle migliori.
Per garantire la riapertura alle visite dei famigliari, servono risorse economiche e investimenti pubblici per potenziare l’assistenza ad anziani e disabili, attraverso la gestione pubblica dei servizi sotto il controllo del SSN, ponendo fine alla scellerata privatizzazione e mercificazione delle persone, per ridefinire gli organici applicando loro il contratto della sanità pubblica.
Comitato “Libro Verde”
USB – Pensionati