Il 2023 inizia con una tragica notizia nella provincia ragusana: il ritrovamento di un cadavere, inizialmente non identificato, a Vittoria. Si tratta di un trentenne di nazionalità tunisina, un morto senza nome in quanto invisibile, sprovvisto di documenti, vittima di un omicidio consumato nella notte di Capodanno in una discoteca di Vittoria. L’uomo, Slimane Marouene, sarebbe stato aggredito con spranghe e coltelli a serramanico da tre ragazzi di nazionalità rumena, reo di aver rivolto apprezzamenti ad un’amica dei tre. I presunti colpevoli sono stati arrestati: due sono minorenni, il terzo è un diciottenne.
Lungi dalla Federazione del Sociale USB giustificare i colpevoli di un omicidio tanto barbaro o sminuire in qualsivoglia modo l’accaduto. La nostra riflessione verte su un punto principale: di cosa stupirsi, se per decenni si è seminata incuria sociale e negligenza? Questi ragazzi sono il prodotto del contesto dominante della Fascia Trasformata del Ragusano. Sono il risultato estremo di un contesto sociale al di fuori di ogni norma europea. Un contesto in cui lo Stato e la legge non esistono, dove regnano sfruttamento, violenza e miseria; un substrato sociale ed etnicamente misto di assoluta povertà educativa, nel quale i minori non possono permettersi il lusso di andare a scuola e studiar, in quanto non sussistono mezzi di trasporto fruibili – scolastici o urbani– e le scuole sono distanti dalle campagne. Inoltre, centinaia di minori devono contribuire al sostentamento familiare, ergo lavorano nelle serre in condizioni lavorative da lager, mentre altri per lo Stato non sono anagraficamente esistenti. Un contesto che genera mostri. Anche quelli più intollerabili.
Nella Fascia Trasformata si muore in tanti modi: per strada mentre ci si reca al lavoro, con un colpo di pistola, con una spranga o un coltello, pestato e buttato in un fosso, seppellito con una colata di cemento o semplicemente si scompare nel nulla, nel più sferzante oblio istituzionale e mediatico, come successo a Daouda Diane, di cui non si ha notizia alcuna da più di 6 mesi.
Il nostro appello, così come la condanna del loro silenzio, va ancora una volta alle istituzioni, ai sindaci, ai servizi sociali completamente assenti, al tavolo contro il caporalato (RG) che al proprio interno consta anche di una sezione impegnata per i diritti dei minori con vari progetti e fondi, ai partiti e alle associazioni, ai sindacati, consci dello stato in cui versano le campagne e delle situazioni alle quali devono far fronte migliaia di lavoratrici e lavoratori di varia origine ed etnia: non si rimanga più in silenzio.
Bisogna farlo per non cedere all’abbruttimento umano, sociale, etico e morale che molti contesti alimentano, ma non lo si può fare se prima non si cercano soluzioni strutturali per evitare che accadano questi fatti.
Quanto sangue devono ancora versare, per un motivo o per un altro, le nostre lavoratrici e i nostri lavoratori relegati nel ghetto delle serre?
Quanti morti dobbiamo ancora seppellire prima di agire?
Federazione del Sociale USB Ragusa