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Editoriale Rassegna Stampa

23 maggio 2010 – 23 maggio 2020: dieci anni fa l’USB

Nazionale,

Avremmo voluto celebrare questo nostro anniversario in maniera diversa da come siamo costretti a fare, a causa della crisi pandemica che stiamo attraversando e che ci ha negato anche questo momento, per noi importante, di confronto sulle cose fatte e su quelle da fare. Avevamo previsto una Conferenza di Programma e di Organizzazione proprio per questo ma, come ogni altra cosa, anche noi abbiamo dovuto rimandare a data da destinarsi.

USB è nata nel 2010, mettendo insieme le forze sindacali disponibili a una vera unificazione, come ci veniva chiesto da migliaia di delegati e lavoratori, e dovendo prendere atto che altre organizzazioni sindacali, a cui pure era stato proposto, non condividevano il percorso di unificare tutte le forze sindacali esistenti. L’USB nasceva nel pieno della crisi sistemica scatenata nel 2008 dal crollo della finanziarizzazione dell’economia e si trova a festeggiare il suo decimo anniversario nel pieno della crisi sanitaria mondiale che è anch’essa crisi di sistema, profonda come forse mai dalla fine della Seconda guerra mondiale.

Abbiamo quindi attraversato dieci anni su un vero e proprio ottovolante, anni in cui spesso ci siamo sentiti fragili, anche inadeguati a reggere il piano politico e organizzativo necessario. Ma l’idea su cui era nata l’USB evidentemente era e rimane forte e solida. Nel nostro congresso fondativo abbiamo preso atto che il tempo del sindacalismo di base, dell’autorganizzazione, che pure nei decenni passati avevamo attraversato e di cui con le nostre rispettive organizzazioni di provenienza eravamo stati protagonisti, si era consumato e altre erano le necessità che il nostro blocco sociale di riferimento avanzava.

Non bastava più organizzare la propria struttura di base nel proprio posto di lavoro, nella propria categoria o sul proprio territorio, non bastava essere “più a sinistra” e denunciare quanto il capitale affermava e i sindacati complici accettavano. C’era bisogno di offrire uno strumento unitario più ampio, di carattere confederale, capace di fornire progetto e prospettiva sindacale e sociale a un mondo del lavoro che era rimasto senza riferimenti di classe e di massa e che oltretutto si andava delineando in maniera del tutto nuova.

Di qui il coraggio di girare pagina e cominciare a scrivere una nuova storia con la convinzione di poter occupare uno spazio oggettivamente lasciato vuoto dalla miseria del sindacalismo concertativo, dalla inconsistenza politica e organizzativa ormai evidente del sindacalismo di base e nella totale assenza di referenti politici adeguati a rappresentare le istanze del nostro blocco sociale di vecchia e nuova composizione.

Questa scelta si è rivelata giusta. L’USB è cresciuta e si è radicata in ogni territorio e in ogni categoria, comparto, settore di lavoro crescendo esponenzialmente di peso e di forza sia nel pubblico che nel privato, radicandosi a livello nazionale nella tutela del diritto all’abitare e tra i pensionati. Con il primo congresso, USB ha avviato un percorso di organizzazione e di lotta nei settori più disgregati del nuovo modo di produzione che le continue riforme del lavoro hanno prodotto in ossequio ai diktat dell’Unione Europea, della BCE e del FMI.

Tutta l’organizzazione si è resa protagonista di lotte importanti che hanno riportato al centro la condizione operaia, il valore del lavoro pubblico, la denuncia e la lotta allo sfruttamento schiavistico e mercantile tra i braccianti e nella logistica di uomini e donne italiani e migranti. In stretta e fruttuosa collaborazione con il Forum Diritti/Lavoro ha con forza posto la questione dei diritti soggettivi e collettivi di tutti, opponendosi alle derive autoritarie di chi ci vuole inermi e senza strumenti di fronte all’arroganza padronale. Dando vita ad una struttura legale e di servizi ai lavoratori ha fornito indispensabili sostegni ai lavoratori per la tutela dei propri diritti.

Con il Cestes Proteo ha costruito quella cassetta degli attrezzi indispensabile alla lettura delle trasformazioni economiche e sociali e che ci ha fornito strumenti utili ad aggredire la frammentazione con l’idea di ricomporla attraverso un lavoro complesso e continuo che è stato possibile solo grazie ad una strutturazione organizzativa e politica che, seppure come tutte le cose deve essere migliorata e strutturata, è stata però capace di assolvere i compiti che ci eravamo prefissi.

La USB oggi è anche una realtà apprezzata e riconosciuta a livello internazionale. La nostra scelta di dare forza e continuità alla nostra idea di solidarietà internazionale e internazionalista  e di affiliarci alla Federazione Sindacale Mondiale, assumendoci compiti di direzione politica e sindacale a livello mondiale ed europeo, è stata determinate per la crescita delle nostre scelte politiche e sindacali in quel contesto di sindacalismo combattivo e di classe che Di Vittorio aveva contribuito a costruire e la CGIL aveva abbandonato per abbracciare il sindacalismo internazionale di sostegno alle scelte del capitale.

Oggi, a dieci anni di distanza dalla nascita della USB, dobbiamo però confrontarci con una situazione inedita che ha colpito l’umanità tutta e che non potrà che portare cambiamenti di cui ancora facciamo fatica ad individuare precisamente i contorni, Quel che sappiamo è che la pandemia ha colpito più duramente quei modelli di società fondati sul monopolio del capitale, sullo sfruttamento delle risorse e, come avvenuto sistematicamente in Italia e in Europa negli ultimi trent’anni, sullo smantellamento dei sistemi di protezione sociale frutto delle lotte del movimento dei lavoratori per fornire nuovi strumenti di accumulazione alla classe dei prenditori.

Sappiamo quindi anche quali saranno i nostri compiti di fronte al tentativo di rovesciare sui lavoratori, sugli strati popolari, sui migranti, sulle donne i costi della crisi che ha colpito duramente il sistema che ci hanno imposto e che oggi mostra tutta la sua incapacità a dare un futuro all’umanità.

Per assolvere a questi nuovi compiti e affrontare la nuova fase, complicata e ancora per molti versi da interpretare, ci vuole più USB, ci vuole cioè una forte soggettività della nostra organizzazione e dei nostri militanti, ci vuole quindi un quadro dirigente più largo e rinnovato, una continua formazione dei lavoratori e dei nostri delegati, una struttura sempre più confederale e capace di leggere le trasformazioni e determinare i livelli di conflitto adeguati dotandosi degli strumenti organizzativi ed economici che ci consentano di intervenire laddove maggiore e più aspra si mostra la contraddizione tra capitale e lavoro e tra capitale e natura. Molto lavoro è stato fatto, molto ancora ce n’è da fare.

UNIONE SINDACALE DI BASE