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Paese Italia

5 al giorno

Roma,

Il governo, con la gradita collaborazione di CGIL, CISL, UIL e UGL, in pochi giorni ha innalzato l'eta pensionabile, incentivato gli straordinari, assicurato la legittimità del precariato, concesso altri sgravi fiscali alle imprese e accolto, in pieno, le tesi di Montezemolo e di Ichino che hanno definito fannulloni gli operai e i lavoratori del pubblico impiego.

Stando alle notizie ufficiali, l'altro ieri sono morte sul lavoro cinque persone.

Ieri, quattro.

Nel 2006, ci informa l'Inail, i morti sul lavoro sono stati 1.302 e un totale di 927.998 infortuni.

Il che vuol dire, 3,56 morti ogni giorno se si divide per i 365 giorni dell'anno, ma vuol dire quasi 5 morti al giorno, se si levano ferie, domeniche e giorni festivi.

Nel corso del 2006, fonte Inail, il numero dei morti sul lavoro è in crescita del 2,2%. Questi dati sono stati consegnati proprio ieri al ministro del Lavoro, Cesare Damiano, dal direttore generale dell'Inail, Pietro Giorgini.

Cosa avrà pensato il ministro Cesare Damiano leggendo queste cifre che, oltre a confermare il trend italiano, pongono largamente il cosiddetto "omicidio bianco" al primo posto tra tutti i vari tipi di omicidio (seguito dagli omicidi in famiglia)?

Come è possibile, se la morte sul lavoro è di gran lunga la prima causa di morte violenta, che si continui a concentrare l'attenzione sull'incombente pericolo terrorista?

Qui, da noi, Al Qaeda ne ammazza pochi, chi ne ammazza molti sono gli imprenditori, i padroni e questo modello di produzione.

E poi, cosa avrà pensato il ministro Cesare Damiano, ex sindacalista CGIL, leggendo di quei 1.302 morti, alla fine di una settimana nella quale si è preoccupato, invece, delle seguenti cose:


1) come fronteggiare l'aumento della vita media che comporta l'innalzamento dei costi per le pensioni;
2) come impedire che gente che ha lavorato 35, 36, 37 o anche quarant'anni (cioè, quelli che Montezemolo e Ichino hanno definito i fannulloni) possa andarsene in pensione troppo presto;

3) come permettere alle imprese di continuare a utilizzare il lavoro precario (legalizzato dalla legge Treu e poi dalla legge 30) che, certamente, aumenta lo sfruttamento degli operai e riduce la loro libertà, diminuisce il costo del lavoro e, dunque, incrementa i profitti;

4) come permettere un aumento degli straordinari, che riducono il costo del lavoro e l'occupazione, contenendo gli stipendi di base;

5) come elargire alle imprese nuovi sgravi fiscali dopo il cuneo.


Intanto, la cronaca dell'altro ieri:
Kweku Abakan Reebodj, anni 49, originario del Ghana, morto alle 8,30 del mattino a Cavriago (Reggio Emilia) schiacciato da due travi che stava spostando. Giovanni Di Lorenzo, 32 anni, morto schiacciato da un escavatore in un cantiere di Baiano (Avellino). Sergio Pillitu, 51 anni, morto in fabbrica a Caprie (Torino) schiacciato da una pressa. Non si conoscono, invece, i nomi dell'autista di camion, di 44 anni, morto schiacciato dal suo camionin in serata a Candelara (Pesaro) e del cinquantenne morto nel pomeriggio in un cantiere a Liscate (Milano), in seguito a una caduta.

Quella di ieri: Domenico Occhionegro, 26 anni, lavorava all'Ilva di Taranto, ha perso la vita schiacciato da due tubi. Cosimo Perrini, 60 anni, è morto in un cantiere del rione Bozzano di Brindisi, dove è in corso la realizzazione di una multisala. L'uomo è caduto da una botola del soffitto della struttura in costruzione. Andrea Sindaco, 33 anni, è morto nel cantiere di un'impresa edile che sta realizzando un complesso turistico ad Otranto. Era impegnato nello spargere calcestruzzo sul piazzale utilizzando una pompa il cui braccio si è rotto, cadendo sulla testa dell'operaio, che è morto sul colpo. Francesco P. di 42 anni è morto con la testa schiacciata sotto una ruota del rimorchio del trattore, in un'azienda agricola in contrada Olmo a Copertino nel leccese.


Se questo doveva essere il governo amico degli operai e dei lavoratori, meglio essergli nemico e combatterlo come un imbroglio e una jattura !

 

Perché non si debba più morire di lavoro, ma vivere, non bastano accorati appelli o lacrime di coccodrillo, l'affidarsi al rispetto delle regole o alla correttezza dei padroni o al ddl di delega al Governo per il riassetto e la riforma della normativa in materia di tutela della salute e della sicurezza sul lavoro: è necessario, in ogni luogo di lavoro, la riconquista della dignità e la consapevolezza di dover difendere i propri diritti, serve la lotta e l'unità dei lavoratori e delle lavoratrici.

Occorre combattere l'organizzazione del lavoro e la sua deregolamentazione; l'intensificazione dello sfruttamento del lavoro ed il ricatto che attenua o annulla le norme di protezione e sicurezza.

Occorre contrastare il capitalismo e il neoliberismo come modello di sistema di produzione, la denuncia sistematica dello sfruttamento e dei suoi effetti letali sulla salute e sulla vita dei lavoratori; l'organizzazione di lotte specifiche per la sicurezza, per contrastare tutti i processi causa dell'aumento dei fattori di rischio: dalle privatizzazioni all'outsourcing, dalla dequalificazione delle mansioni all'aumento dei ritmi di produzione.