Per il quarto anno consecutivo abbiamo risposto all’appello lanciato dal Movimento Non Una Di Meno proclamando lo sciopero generale, di tutte le categorie pubbliche e private, per l’intera giornata del 9 marzo.
Sarà astensione da ogni attività lavorativa fuori e dentro casa, formale o informale, gratuita o retribuita. Contro lo sfruttamento del lavoro a intermittenza, precario, demansionato, ricattabile, gratuito, invisibile, che erode tempi di vita e diritti.
Uno sciopero per riaffermare la necessità di mettere al centro del discorso le disuguaglianze e la violenza di genere, in tutte le forme attraverso le quali pervadono l’intero arco della vita delle donne.
Uno sciopero dalle attività produttive ma anche dei consumi e da quel lavoro domestico e di cura, che ancora troppo spesso grava in via esclusiva sulle donne, siano esse native o migranti, che fungono da ammortizzatore sociale di un welfare sempre più privatizzato.
Uno sciopero per dire basta alla violenza maschile sulle donne, ai femminicidi, alle discriminazioni di genere e alle molestie nei luoghi di lavoro.
Uno sciopero per gridare che non se ne può più delle disparità salariali, della disoccupazione/inoccupazione, della precarietà giovanile e di pensioni da fame in vecchiaia, della segregazione lavorativa, del ricorso massiccio al part time involontario, di lavori non qualificati nonostante una maggiore scolarizzazione, di richiesta di dimissioni in bianco all’atto dell’assunzione. Perché senza autonomia economica non si esce dalla violenza.
Uno sciopero a difesa della L. 194; per opporsi al “diritto” di lavorare fino al giorno del parto; per politiche di sostegno alla maternità e paternità condivisa;
Uno sciopero per abolire leggi e decreti razzisti, che impediscono la libertà di movimento dei e delle migranti, condannando queste ultime a ripetuti stupri e violenze nei luoghi di transito e permanenza forzata.
Uno sciopero per rivendicare il diritto ai servizi pubblici gratuiti ed accessibili, al reddito di base universale e incondizionato, al salario minimo, alla casa, al lavoro e alla parità salariale; all’educazione scolastica, a strutture sanitarie libere da obiettori.
Per il riconoscimento ed il finanziamento delle Case Rifugio, dei Centri Antiviolenza ed il sostegno economico per le donne che denunciano le violenze.