4 secondi per toccare il fondo col carrello, 4 ore per essere ritrovato, in fondo al mare.
Sintesi cruda della morte di Paolo Borselli che ha perso la vita un anno fa sul molo 7° nel nostro porto.
Ripensando a quelle assurde giornate, assurde come la morte di Paolo, si sente ancora la rabbia sorda che ti pervade.
Ti pervade quando pensi al tavolo con TMT il sabato, a 2 giorni dalla morte di Paolo dove i portuali danno una serie di indicazioni su come arginare temporaneamente il rischio di caduta a mare col carrello per sentirsi rispondere dall’azienda, per bocca del capo personale: “grazie dei suggerimenti, ci vediamo mercoledì in prefettura”.
Un pugno in faccia da cui non ti riprendi facilmente.
4 ore di discussione in cui si arriva alle minacce e al “nessuno riprende i lavori se non si mette in sicurezza il molo” !
E finalmente arriva una soluzione banalmente ovvia: le manovre a mare vanno fatte con la gru alle spalle in modo da evitare di cadere dal molo!
Poi il tavolo tecnico in prefettura dove l’indicazione di partenza è che la sicurezza viene minata dalle “intemperanze” dei portuali più che dalla rimozione delle barriere di sicurezza o dalla mancanza del secondo generico.
Su questi due punti è bene interrogarsi.
La magistratura ha aperto un’inchiesta verso ignoti per rimozione dei sistemi di sicurezza.
Le barriere sono state rimosse nel 2008 e c’è la documentazione di segnalazione della pericolosità fatte dai RLS di sito del porto. Chi ha autorizzato la rimozione di quelle barriere? Chi ha ignorato la segnalazione dei RLSS? Dov’è finita l’inchiesta sulla rimozione delle sicurezze?
E sul secondo generico ricordiamo il motto dei portuali “No se va gnanche in bagno da soli!”.
Chi ha autorizzato il documento di valutazione dei rischi che parlava di carico non eccessivo per un solo uomo MA NON HA PRESO IN CONSIDERAZIONE IL RISCHIO DEL LAVORO IN SOLITARIA e ha
permesso a TMT di risparmiare lasciando un uomo solo in manovra carrello?
Il secondo generico, magari dotato di radio (si, perché ai generici è stata tolta perché non serve!) forse avrebbe fatto la differenza per Paolo.
Pensiamo alle questioni di sicurezza in PTS dove le numerose segnalazioni di rischio investimento sulla regolazione del traffico camion rimangono lettera morta.
All’accordo di secondo livello in TMT, non siglato dalla nostra organizzazione perché rispolverava il cottimo e che incentra la premialità sull’extra presenza in azienda. Solo alla morte di Paolo qualcuno si è chiesto come un lavoratore part-time con 16 turni mese in realtà ne facesse ben 47.
Alla cooperativa Germano (art. 16 di Pacorini) reduce dei gloriosi anni 80 del cottimo fino alla morte che rifiuta di esibire i DVR ai lavoratori e spara numeri del lotto sui reali carichi da movimentare. Qui all’Autorità Portuale e ai suoi ispettori e ad ASUGI chiediamo un po’ più di coraggio nell’intervenire su un sistema che agisce in elusione alla legge dei Porti (84/94) e ruba avviamenti ad ALPT.
Se dovessimo rispondere alla domanda se oggi il Porto di Trieste è un luogo di lavoro più sicuro rispondiamo che la sicurezza la facciamo noi, giorno dopo giorno e che sta nella nostra volontà dare gambe ai protocolli. La sicurezza non è prerogativa o monopolio di qualche organizzazione sindacale ma è diritto e dovere dei lavoratori e che è indispensabile creare le condizioni perché i lavoratori scelgano i loro rappresentanti e si diano gli strumenti indispensabili per tornare a casa a fine turno.
Domani onoreremo Paolo riunendoci in assemblea coi lavoratori Adriafer per avviare con loro, tra le altre cose, la procedure di elezione dei loro Rappresentanti dei Lavoratori per la Sicurezza, anche alla faccia di quelle organizzazioni sindacali che da mesi ostacolano questo processo.
Lo faremo in forza del Protocollo siglato in Prefettura anche dalla nostra organizzazione.
Lo faremo per Paolo, per Roberto Bassin che ha perso la vita in traghetto e per Marco, figlio e collega di Paolo che ancora oggi non ha trovato il coraggio di rimettere piede al molo 7°.