Riepiloghiamo. Una settimana fa il ministro e vicepremier Luigi Di Maio ha incontrato l’Unione Sindacale di Base e gli altri sindacati annunciando che il Tesoro sarebbe entrato nell’azionariato Alitalia, spingendosi a dire che con la quota di Ferrovie dello Stato la partecipazione pubblica sarebbe potuta arrivare oltre il 50%, “a tutela di interessi italiani, dei diritti dei lavoratori e dei livelli occupazionali”.
Ieri il ministro Tria ha detto al contrario che “non c’è in campo la rinazionalizzazione. La soluzione non può che essere di mercato”. Quanto alla partecipazione dello Stato, questa potrebbe essere considerata solo “in presenza di un piano industriale robusto” da parte di Delta e Easyjet. E a ogni modo, “si tratterà di valutare la migliore strategia per la posizione creditoria dello Stato”, che “ha prestato 900 milioni di euro” ad Alitalia.
Nel mezzo c’è Salvini, secondo il quale bisogna dire no alla “vendita o la svendita” a una compagnia straniera, che magari poi fa legittimamente gli interessi del suo paese, quando il “turismo per l’Italia sarebbe come il petrolio per l’Arabia Saudita”.
Non si tratta delle risposte migliori alla nostra richiesta di avviare subito un confronto serrato su un piano industriale credibile per l’occupazione e per il futuro di Alitalia. Al contrario, nel governo ognuno va per la propria strada, tanto che gli aspiranti soci industriali di Ferrovie dello Stato, cioè Delta e Easyjet, ne approfittano e alzano la voce per tirare l’acqua al proprio mulino.
USB chiede per l’ennesima volta al ministro Di Maio di farsi parte diligente e di confermare il ruolo di garanzia del governo sulla partecipazione pubblica, sul piano industriale, sull’occupazione e sul futuro di Alitalia.
USB mantiene in essere le procedure di raffreddamento, perché gli sviluppi della vicenda sono contraddittori e perché nessuno dei temi annunciati la scorsa settimana da Di Maio è stato sottoposto a verifica.
Unione Sindacale di Base Trasporto Aereo