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Comitato Spontaneo Amici di Galan

Ferrara,

su Marco troppi silenzi, soprattutto da parte dello Stato

Si è costituito giovedì 14 giugno 2007 un Comitato spontaneo che si è autodefinito “Comitato amici di Marco Galan”. Il Comitato, partito con un esiguo numero di iscritti, dopo soli pochi giorni conta oggi già oltre 250 aderenti. Marco è un Vigile del Fuoco del Comando di Ferrara, con notevole esperienza ed in possesso di numerose specializzazioni, ha 44 anni ed ha partecipato, nel periodo dicembre 2005-febbraio 2006, alla spedizione italiana in Antartide. Le motivazioni che hanno spinto amici, parenti, colleghi e simpatizzanti a costituirsi in Comitato hanno origine da un fatto verificatosi presso la caserma dei vigili del fuoco di Ferrara il 26 luglio 2006, data in cui il vigile del fuoco Marco Galan è rimasto vittima di un grave infortunio sul lavoro, che si riporta di seguito brevemente. Marco stava effettuando, regolarmente comandato, il controllo dei cavi di trazione di una campagnola VF all’interno del cortile della caserma quando all’improvviso il furgone di un corriere è entrato a velocità sostenuta e, non accorgendosi del cavo in trazione, provocava l’investimento del vigile da parte del mezzo VF cui era collegato il cavo. Un fatto tanto grave che poteva forse essere evitato cercando di non creare promiscuità fra il personale VV.F. e gli occasionali visitatori e fornitori in un piazzale adibito a transito di mezzi di soccorso, considerato che la Caserma dispone di più accessi, di cui uno, pare, creato appositamente per i fornitori. Dopo l’accaduto, nella caserma dei vigili del fuoco di Ferrara ci sono stati molti sostanziali cambiamenti (quali ad esempio: segnaletica di sicurezza prima inesistente, emanazione di disposizioni per l’accesso da parte di estranei che prima non c’erano) che portano anche i profani a pensare che le condizioni di sicurezza sul lavoro fossero alquanto carenti se non addirittura inesistenti. I danni riportati da Marco sono stati gravissimi; nelle prime 24 ore è stato rianimato ben due volte e sottoposto ad intervento chirurgico; poi è rimasto ricoverato per oltre due mesi presso il reparto di rianimazione e tuttora è degente in una struttura di riabilitazione in stato “vegetativo” e senza che al momento vi siano ragionevoli possibilità di ripresa. Dopo il grave episodio, il Comando non ha preso contatti con i familiari per analizzare i fatti, né tantomeno ha fornito il dovuto sostegno psicologico e morale, fondamentali in simili circostanze. Al contrario, la famiglia ha saputo che all’interno del Comando è stata svolta una inchiesta che, anche per i modi in cui è stata condotta, ha creato un’atmosfera di tensione e turbativa tra i colleghi, famigliari ed amici venuti successivamente a conoscenza della cosa. In brevissimo tempo si è avvertita e poi chiaramente manifestata la totale indifferenza e latitanza delle Istituzioni: né il Comandante, né i suoi superiori, né il Prefetto o altri rappresentanti del Ministero hanno ritenuto doveroso fare sentire la loro presenza. Inoltre la famiglia non è stata supportata ed assistita nemmeno dalle Organizzazioni Sindacali, ad ogni livello. Dopo che solo la stampa locale aveva dato notizia dell’accaduto, forse per puro dovere di cronaca o sull’onda del momentaneo impatto emotivo, nei giorni successivi è calato il più totale silenzio anche da parte della stampa cittadina, mentre a livello regionale e nazionale, nonché sul sito ufficiale dei VV.F., la notizia non è addirittura mai apparsa. A quasi un anno dall’accaduto, dopo avere invano atteso l’interessamento delle Istituzioni, il perdurare di questo “oblio” ha portato le persone più vicine a Marco alla decisione di costituirsi in Comitato, con lo scopo di non fare cadere l’attenzione sull’episodio e di fornire alla famiglia quel sostegno, morale ed eventualmente anche materiale, che ci si aspettava arrivasse spontaneamente dalla sua Amministrazione. Ricordiamo che Marco Galan è un Vigile del Fuoco, eroe quando fa comodo osannare queste figure, ma in realtà servitore dello Stato che rischia la propria vita per uno stipendio di poco più di 1.200 euro al mese, per di più in una situazione di gravi carenze di organico, mezzi e risorse finanziarie. Siamo ancora in attesa di interventi concreti che possano dare un po’ di serenità alla famiglia di Marco e a quanti sono rimasti emotivamente coinvolti e, nel contempo, per far sì che in nessuna altra circostanza altri debbano subire l’abbandono e l’indifferenza che stiamo toccando con mano. Il Comitato non è più disposto a tollerare il silenzio sulla questione e si riserva, qualora anche il presente appello restasse inascoltato, di richiamare periodicamente la dovuta attenzione attraverso gli organi di stampa e di informazione nazionali, non escludendo richiesta di interessamento da parte delle forze politiche.