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Scuola

Denunciare gli studenti delle occupazioni: è ora di disobbedire, la scuola non si fa con la repressione

Nazionale,

Cari Presidi (e scegliamo non a caso questa parola e non Dirigenti Scolastici), 
leggiamo con disgusto l'ultima circolare di Valditara, che vi impone di denunciare gli 'eventuali reati' commessi dagli studenti durante le occupazioni delle scuole e colpire la fuoriuscita dalla passività di un pezzo importante di studenti e studentesse delle nostre scuole, in anni difficili dal punto di vista economico, sociale e valoriale.
Non abbiamo sentito nessuna voce levarsi e ricordare la funzione storica svolta da una parte dei presidi, in occasione della contestazione giovanile degli anni 70, di difesa del dissenso e della protesta. Il dirigente scolastico “deve” guidare un luogo di formazione, crescita, diritto, accoglienza, integrazione, ma purtroppo su questi temi non vi sentiamo prendere posizione, battervi collettivamente (non mancano certo lotte, anche riuscite, a livello individuale, braccia di ferro con UST o USR per risorse o altro). Ma davvero, può bastare? Può essere sufficiente, nel deterioramento visibile del clima democratico ed educativo all'interno delle scuole, farsi pedissequi interpreti delle direttive dall'alto? 
I provvedimenti repressivi che stanno colpendo in questi giorni centinaia di studenti dei licei Virgilio e Tasso di Roma, così come il caso del rappresentante di istituto di Modena sospeso per 12 giorni a seguito di uno sciopero, sono casi emblematici del processo di trasformazione voluto dalla politica, che vi chiede di essere “Presidi Manager e Sceriffo” e che ci sembra che voi accettiate senza troppe riserve. Ricordiamo la diligenza con cui i presidi romani, due anni fa, applicavano la “direttiva Pinneri”, sospendendo centinaia di studenti del movimento delle occupazioni della Lupa, e per questo non ci stupiamo di quello che accade oggi, piuttosto poniamo una riflessione critica: fino a che livello si può spingere l’assuefazione nei confronti del governo di turno? La scelta di trattare le lotte degli studenti come fatti di ordine pubblico e non come eventi politici riflette un paternalismo odioso e un tentativo di liquidare le questioni urgenti poste dalle occupazioni: la solidarietà alla Palestina contro il genocidio perpetrato da Israele, la contrarietà alla partecipazione dell’Italia alla guerra tramite l’invio di armi all’Ucraina e alla nostra presenza militare nel Mar Rosso (come efficacemente denunciato al Fermi, istituto genovese occupato pochi giorni fa), l’abolizione dell’Alternanza Scuola Lavoro e via dicendo. Stiamo sbagliando la nostra analisi? Allora vogliamo sentire la vostra voce. Come vi ponete rispetto al ministro Valditara che delega a voi il ruolo dei sanzionatori, rivendicando un’assurda coerenza fra queste misure e la natura democratica e costituzionale della scuola, che proprio sulla spinta delle lotte ha visto i suoi maggiori avanzamenti democratici? A chi fa comodo la repressione dei Presidi? Lo chiediamo a voi, lo chiediamo a tutt*. Con la repressione, quale credibilità pensate di potere avere agli occhi della classe docente, dei lavoratori della scuola, degli studenti e delle loro famiglie? No, non pensiamo a scuole facili, o, con un termine che piacerebbe al Ministro, lassiste, non stiamo suggerendo scorciatoie educative, ma quale è il punto in cui la dignità e l'esercizio di una funzione si scontra con lo svilimento di un ruolo che è sempre meno dignitoso? Queste domande USB scuola e OSA le pongono a voi e a tutto il dibattito di quel che resta della scuola pubblica statale, perché non si può pensare che la soluzione alla crisi educativa di una società allo sbando siano la polizia e la repressione.