In una città in cui la priorità sembrano grandi eventi (come il Giubileo) o "grandi opere" (come il termovalorizzatore) progettate senza il sostegno (se non con l'aperta opposizione) dei territori, il Piano Strategico per l'Abitare, e la deroga all'articolo 5 del Decreto Renzi Lupi del 2014, approvati rispettivamente dal Consiglio Comunale e dalla Giunta lo scorso anno, hanno rappresentato un barlume di speranza, nel metodo e nel merito. Nel metodo perché, nonostante gli strali della destra e di certa stampa, le realtà sindacali e di base che si occupano di abitare sono state coinvolte nella stesura del Piano e hanno potuto fornire all'amministrazione dati di prima mano sui danni sociali causati dalla mancata iscrizione anagrafica delle persone ritenute "abitanti senza titolo". Nel merito perché soprattutto il Piano Casa mette a disposizione risorse rilevanti per il riuso del patrimonio pubblico, per il superamento del paradigma emergenziale, per il riconoscimento di esperienze importanti che dal basso hanno recuperato i vuoti urbani creati dalla rendita e dalla speculazione. Risorse, va detto, che sono oltre il doppio di quanto appostato dal Governo e dal Ministro Salvini per il biennio 2027-8, visto che per il 2024-6 le risorse allocate ammontano a zero!
Il Piano Casa del Comune di Roma, pertanto, può dettare una linea destinata a modificare profondamente l’approccio fallimentare avuto sul tema finora sia dai governi di centro destra che di centro sinistra. A partire dalla netta controtendenza con le non/politiche nazionali che ancora una volta strizzano l'occhio a chi specula sul mattone, sulla finanziarizzazione e le economie di piattaforma che gentrificano e turistificano i centri urbani (e non solo).
Non è un caso infatti che le pressioni prodotte sul ministro Salvini e sull’attuale governo regionale siano state accolte con disinteresse se non con riprovazione. Mentre infatti il Ministro delle Infrastrutture si limita solamente ad incontrare gli operatori e le associazioni di categoria che fanno profitto nell'immobiliare, si perfezionano dispositivi di legge tesi a colpire chi si organizza da sol3 o con altr3 per resistere a uno sfratto o uno sgombero. Sfratti, vale la pena ricordarlo, aumentati a livello nazionale mediamente del 200% dalla fine della moratoria sulle esecuzioni attuata durante la pandemia!
Si alimenta l’idea che chi rischia di trovarsi in mezzo alla strada sia un soggetto criminale per cui l'unico passaggio garantito è quello da casa a casa circondariale. Avanza così con forza il reato di povertà, colpevolizzando e schedando chiunque non riesca a tenere il passo di un costo della vita sempre più esorbitante (si pensi che nelle città metropolitane solo le spese legate alla casa "mangiano" tra il 40 e il 50 percento del reddito di un nucleo familiare). Soprattutto le giovani generazioni, le persone singole e/o in condizione di dipendenza economica dalle proprie famiglie o dal partner sono destinate a pagare un prezzo altissimo in termini di indipendenza nella gestione del proprio futuro.
Per questo il 9 febbraio per noi e per la città può essere il giorno della svolta. Non sappiamo se stiamo esagerando la portata dell’evento, ma la decisione del sindaco Gualtieri di incontrare le realtà sociali impegnate da anni nel diritto all’abitare può rappresentare, nell’anno pregiubilare, un passaggio di fase rilevante per Roma e, pensiamo di non sbagliare, per tutto il Paese in cui la crisi abitativa ormai morde in tutti i territori, da Nord a Sud, nei piccoli centri e paesi come nei grandi agglomerati metropolitani.
Togliere il Piano Casa dal cassetto romano, dare effettiva attuazione alla direttiva sulle residenze, possono e devono rappresentare la bandiera della riscossa di un diritto all'abitare che altrimenti viene declinato esclusivamente come problema di ordine pubblico e di confronto diretto tra abitanti, attivist3, ufficiali giudiziari, forze "dell'ordine" e via dicendo. Nel deserto totale delle politiche abitative nazionali (e regionali) questo piano rappresenta d'altronde l'unica strada possibile per affrontare migliaia di situazioni disastrose (e diversificate) e per rilanciare il ruolo delle amministrazioni locali nella vicinanza ai territori e alle loro necessità.
Saremo in tant3 il 9 febbraio ad accompagnare la delegazione che incontrerà il sindaco Gualtieri. Perché il piano d’indirizzo per l’abitare non sia libro dei sogni che viene ogni tanto letto e riposto nel cassetto, ma l’arma contundente da usare contro la cementificazione ed il consumo di suolo, per il riuso della città e l’abitazione che torni ad essere considerata un bene d’uso e non un bene di scambio.
Cambiare la rotta per cambiare la città!