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Ministro Valditara, la storia non si manipola, si studia

Nazionale,

La lettera che il ministro Valditara ha voluto recapitare agli studenti delle scuole italiane è la solita solfa anticomunista, tipica di chi fa della storia un campo in cui si cerca una rivincita sulla storia stessa, quella che ha decretato la fine dei due grandi totalitarismi (se proprio dobbiamo usare questa categoria che al comunismo mal si applica) del Ventesimo secolo, il fascismo e il nazismo, quelli sì realmente scomparsi. Chi oggi invita ad "educare" le giovani generazioni raccontando la caduta del muro di Berlino come la "fine del comunismo" non fa un buon servizio alla scuola pubblica statale italiana, che invece necessita di maestri in grado di fornire letture precise ed argomentate, di analisi critiche ma anche di verità storiche incontrovertibili.

La caduta del muro di Berlino non ha determinato la fine di un'utopia o di un'ideale (basti pensare alla rivoluzione cubana e alla sua attuale vitalità), ha semplicemente sancito la scomparsa del blocco sovietico, a cui avevano guardato con entusiasmo e speranza milioni di uomini e donne. Altro che "paradiso in terra", ma evento reale che liberava gli individui dal dominio padronale e dalla miseria, fornendo una risposta non metafisica ma materiale al bisogno di libertà/liberazione dallo sfruttamento capitalistico. Nessuno nega il portato di drammaticità dell'esperienza sovietica, ma non ci affascina la modalità "interventista" e finto-dialogica tra istituzioni e giovani generazioni che lei vuole mettere in atto, ancora più odiosa perché la lettera è un condensato di revisionismo e apologia del liberalismo, ma anche di chiacchiere da bar oltre che contenere un posizionamento chiaro nelle vicende belliche attuali, come dimostreremo. 

Qui non si tratta davvero di replicare in maniera identitaria alle tesi storiografiche sottese alla lettera. Essa viene da almeno un ventennio di rivisitazione unilaterale del '900, da equiparazioni tendenziose di esperienze profondamente diverse , da una vera e propria riscrittura ad uso politico della storia.

Ai colleghi e agli studenti che oggi l'hanno letta non opponiamo facili letture della storia, ma suggeriamo di lavorare sul testo e sulle intenzioni, e di rispondere a tre domande:

1) Perché oggi un testo così spiccatamente anticomunista? Oltre che per ragioni di composizione politica dell'attuale governo, c'è qualcosa di più profondo. La necessità di esorcizzare l'ipotesi reale di un modello sociale che è stato capace di essere alternativa vera per centinaia di milioni di uomini, che continua a farlo in alcune parti del mondo, e che alla luce della crisi sociale, economica e di civiltà nella quale siamo immersi, potrebbe tornare ad essere un orizzonte pensabile, ovviamente nelle forme nuove che mai ricalcano le precedenti, anche nell'Occidente capitalistico. 

2) Perché l'Unione Sovietica e il passaggio sulla Russia? È evidente che l'altro problema è la Russia, ovvero ciò che non si allinea passivamente alle volontà imperialistiche occidentali. Attenzione, neanche qui stiamo sostenendo quel Paese o le sue scelte, ma stiamo dando una lettura che riconosce la complessità e la portata dello scontro in atto, la transizione, tutt'altro che pacifica, verso un mondo multipolare, la crisi energetica, la corsa per l'accaparramento delle risorse, etc etc. Nulla di riducibile a una lettera o a una tesi precostituita.

3) E veniamo alla terza domanda. Che considerazione ha il Ministro dei docenti e degli studenti delle scuole italiane? Ha certamente l'idea di poterli indirizzare e condizionare, di potere sdoganare definitivamente una lettura fintamente problematica ma invece aprioristicamente convinta di approdare a una tesi, che il comunismo aveva tante buone intenzioni ma non ne ha realizzata manco una, trasformandosi in regime mostruoso e tirannico. A non pensarla così non sono solo i comunisti, ma qualunque storico serio e preparato. 

Per questa e tante altre ragioni chiediamo ai colleghi nelle classi di fare storia, di raccontare quel 1989 attraverso lo sviluppo del pensiero critico e del sapere, che sembra essere l'unico elemento che i ministri degli ultimi decenni non riescono neanche a citare.

USB Scuola