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Comunicati Stampa

NO ALLA CENTRALE DI VIGLIENA

Napoli,

OGGI ALLE 10,30 INCONTRO CON IL PREFETTO

Relazione del Comitato Civico di S. Giovanni a Teduccio, svolta nell’audizione del 29 marzo 2007 presso il Senato della repubblica, Palazzo Madama, 13^ Commissione Territorio, Ambiente e Beni Ambientali, per trattare il tema relativo all’impatto ambientale della nuova centrale a turbogas di Vigliena.

 

 

Alla Commissione Ambiente del Senato della Repubblica

 

 

            Egregio Presidente, egregi Senatori,

vogliamo innanzi tutto ringraziarvi per la disponibilità da voi mostrata con la convocazione di questa audizione. Non sempre le istituzioni mostrano analoga sensibilità.

            Da quasi un anno abbiamo rappresentato costantemente al Comune di Napoli, e alla VI° municipalità, l’esigenza di conoscere tutti gli aspetti connessi alla realizzazione della nuova centrale termoelettrica di Vigliena, senza ottenere, purtroppo, il dovuto riscontro.

            Preso atto che non c’è stata fornita alcuna risposta di merito, cui pure avremmo diritto, ed appurata la totale indisponibilità al confronto, abbiamo lanciato una petizione per la convocazione in seduta straordinaria del consiglio della VI° Municipalità - San Giovanni a Teduccio, Barra e Ponticelli - con all’ordine del giorno il tema della centrale. Circa 1500 elettori hanno apposto la propria firma sostenendo tale richiesta. Si dovrà, quindi, convocare il consiglio, ottemperando a quanto disposto dal regolamento.

            La vostra disponibilità ad ascoltarci rinsalda il nostro rapporto con le fondamentali istituzioni del paese che si ripropongono, anche in questa circostanza, come  punto di riferimento importante.

            Una valutazione, questa, che condivideremo a breve con i cittadini che aderiscono a questa esperienza di lotta, poiché li informeremo sull’esito dell’audizione di questo pomeriggio, nell’assemblea pubblica che abbiamo già convocato per il prossimo 10 aprile.

 

Il progetto

            La Tirreno Power S.p.A. sta realizzando a Vigliena, sul litorale e nel cuore della città di Napoli, un nuovo impianto per la produzione di energia elettrica con la tecnologia del ciclo combinato. La centrale userà come combustibile il gas naturale; avrà una potenza elettrica di 400 MW e termica di 700 MW.

            Si realizzerà questo nuovo impianto nell’area già occupata dalla centrale termoelettrica di Napoli levante. La vecchia centrale ha esaurito il suo ciclo produttivo. L’amministrazione comunale di Napoli aveva previsto negli anni novanta, nella sua pianificazione urbanistica, la dismissione e una radicale riqualificazione della zona. Salvo poi, successivamente, smentire alla radice gli originari intendimenti.

            La presenza della centrale, insieme ad una moltitudine di impianti inquinanti, ha contribuito a rendere invivibili sia il quartiere di San Giovanni a Teduccio, sia i quartieri viciniori di Barra e Ponticelli. Il degrado ha costituito, per il nostro contesto, un impedimento pesante per la sua crescita, sociale e civile.

 

Il degrado

            L’Organizzazione Mondiale della Sanità già nel 1995 aveva evidenziato che nella nostra zona, dal 1990 in poi, l’andamento della mortalità per patologie dell’apparato respiratorio era più del doppio del dato campano e nazionale.

            L’intera zona è stata dichiarata, con un’apposita legge, “sito di interesse nazionale” per l’alto grado di inquinamento del mare e del litorale, per cui tutta l’area necessiterebbe delle relative operazioni di   bonifica, regolamentate da procedure complesse. (Legge n. 426 del 9 dicembre 1998 e D.M. n. 468 del 18 settembre 2001 e D.M. n. 471 del 25 ottobre 1999).

            L’inquinamento è stato causato dall’insieme delle attività industriali e dalla presenza di impianti petroliferi che hanno inferto ferite indelebili all’ambiente e agli esseri umani. Innumerevoli sono stati gli incidenti. Di essi conosciamo solo quelli più eclatanti, che non si sono potuti coprire in virtù della loro dirompente portata. Basta ricordarne uno su tutti: lo scoppio dei depositi dell’AGIP avvenuto il 21 dicembre del 1985.

            Ancora oggi, purtroppo, sono tantissimi i serbatoi di carburante allocati nelle immediate adiacenze dell’abitato.

 

 

Restano inalterati tutti i fattori di rischio   

            L’11 dicembre del 2006 è stato firmato un protocollo d’intesa tra Regione Campania, Comune di Napoli, Napoli Orientale S.c.p.a. e Kuwait Raffinazione e Chimica S.p.A.. L’accordo in questione prevede la permanenza di dette attività per almeno altri venti anni. Ciò significa che la darsena petroli, ubicata a Vigliena, resterà in funzione per analogo periodo.

            Quotidianamente nella darsena si scaricano tonnellate di carburante e milioni di metri cubi di gas. Praticamente ciò avviene a poche centinaia di metri dagli insediamenti abitativi e a poche diecine di metri dalla centrale.

            Nel descrivere il nuovo progetto della centrale, gli amministratori locali insistono su di un aspetto che lascia esterrefatti: sostengono che la nuova centrale ridurrà la sua attività, poiché essa occuperà solo una parte delle aree attualmente utilizzate,  liberando circa 100.000 mq. di suolo.

            Un argomento, questo della riduzione degli spazi, fuorviante e quantomeno bizzarro, perché si vorrebbe in qualche modo lasciare intendere surrettiziamente ai cittadini che la centrale, con la riduzione degli spazi, ridurrà anche le sue attività,  e,  quindi, il suo impatto.

            In realtà non è per nulla così. Infatti, oltre ad omettere di precisare che resta invariata la quantità di energia prodotta - che rimarrà della potenza elettrica di 400MW -, scientemente i cittadini non vengono informati del fatto che le aree liberate non saranno assolutamente usate per la compensazione ambientale, bensì per ampliare le attività portuali che si spingeranno ancor più in profondità, verso l’abitato, creando addirittura un aumento dei problemi connessi all’impatto ambientale.  

            Si realizzerà, infatti, a Vigliena il nuovo terminal di levante, per la cui costruzione si opererà un’ulteriore, devastante, colmata. In queste ore si sta addirittura discutendo se si dovrà usare, come materiale per la colmata, quello che si dovrà rimuovere da Bagnoli per conseguire l’obiettivo ambizioso della riconfigurazione dell’originaria conformazione della costa di questo quartiere.

            Ancora una volta, dunque, nell’ipotesi in cui si procederà in questo modo, si metterà in pratica un’opera senza informare i cittadini dei problemi d’impatto ambientale connesso alla costruzione del nuovo terminal. Quali conseguenze sulla qualità delle acque, della fauna e delle persone comporterà la scellerata opzione di scaricare in mare, mediante colmata, milioni di metri cubi di materiale inquinato proveniente dal sito di Bagnoli?

            C’è da chiedersi, poi, se esistono le assolute garanzie di sicurezza circa le opere che saranno realizzate, considerato anche che la nostra è una zona ad alto rischio sismico.

            Il sindaco di Napoli sostiene che nei prossimi anni le acque del litorale orientale ritorneranno ad essere balenabili. Non conosciamo le motivazioni che sono alla base di una affermazione così impegnativa.

 

Scelte contraddittorie

            La cosa stupefacente è rappresentata dal fatto che, dopo decenni di discussione sui temi della trasformazione urbana, improntata formalmente a criteri di discontinuità ed innovazione, siano state definite scelte contraddittorie e sbagliate. Abbiamo appreso, visionando qualche mese fa l’insieme dei progetti su cui sta lavorando l’amministrazione, alcuni dei quali già approvati in parte, che saranno realizzate alcune centinaia di alloggi sempre nello stesso ambito. In pratica, centinaia di nuovi residenti si insedieranno nel bel mezzo di attività pericolose, aumentando ulteriormente i fattori di rischio. C’è da chiedersi a quali criteri si ispirano scelte di questo tipo.  

            Mentre si afferma il principio della riqualificazione urbana, sostenendo che la centrale ne è parte costitutiva, non un solo provvedimento, poi, viene definito a favore della popolazione residente, che continua a vivere in una situazione di estremo degrado.

            Il termine “riqualificazione” è abusatissimo; basterebbe visitare i plessi abitativi denominati delle “Cento Cammarelle” di Vigliena,  che sono praticamente allocati dentro la centrale, per rendersi conto di tutto ciò.  

            Sintetizzando le questioni esposte, si può dire che in un’area molto ristretta: a) si scaricheranno tonnellate di carburanti  nella darsena; b) si raddoppierà l’area per il porto commerciale e per il deposito di enormi quantitativi di container; c) si costruirà un imponente “porto turistico” che parte con una disponibilità di mille posti barca; d) si costruiranno alcune centinaia di alloggi; e) si produrrà energia elettrica; f) si continueranno a stoccare milioni di tonnellate di carburanti.

            A poche diecine di metri dovrebbero essere insediate le nuove sedi universitarie (area ex Cirio). Si stima che per effetto di questa scelta la popolazione universitaria raggiungerà quota 22000 presenze. Si dovrebbe costruire - non si sa dove - persino un acquario. Insomma di tutto il litorale di S. Giovanni resta disponibile solo un piccolo tratto di costa su cui da anni si svolgono lavori per costruire una “passeggiata a mare” di cui, allo stato, non si comprende e non si conosce il progetto definitivo.

 

La nuova centrale               

            Con la privatizzazione del mercato dell’energia, la “Tirreno Power S.p.A.” è divenuta proprietaria del sito di Vigliena.

            L’azienda, nel giugno del 2004, ha attivato le procedure per realizzare un nuovo impianto, chiedendo ed ottenendo la non assoggettabilità alla procedura di VIA, ai sensi dell’art. 1, comma 3,  del DPCM n° 377 del 10 agosto 1988, che testualmente recita “Il comma 2 non si applica ad eventuali interventi di risanamento ambientale di centrali termoelettriche esistenti, anche accompagnati da interventi di ripotenziamento, da cui derivi un miglioramento dello stato di qualità dell’ambiente connesso alla riduzione delle emissioni”.

            Il richiamato comma 2 stabilisce che la VIA << … si applica altresì agli interventi su opere già esistenti … qualora da tali interventi derivi un’opera con caratteristiche sostanzialmente diverse dalla precedente …>>. L’impianto in via di realizzazione è sostanzialmente diverso da quello precedente motivo per cui si doveva, e si deve, prevedere la VIA.

            Che quella in costruzione è una centrale ex novo lo si può verificare visibilmente. A tale proposito già dalla lettura del verbale della ex circoscrizione di San Giovanni a Teduccio, seduta del 25/05/2002, emerge che un dirigente dell’allora “Interpower S.p.A.” - poi divenuta “Tirreno Power S.p.A.” - dichiarò che per la centrale di Vigliena: << … si tratta di costruire una centrale ex novo perché l’intendimento di Interpower è quello di abbandonare i gruppi esistenti (tranne le opere minori) e costruire radicalmente un impianto a ciclo combinato>>; ed inoltre: <<…la valutazione di impatto ambientale  è prevista dalla legge. Lei può realizzare la centrale più pulita di questo mondo però, se fa un impianto di generazione, deve assoggettarsi ad una VIA regionale o nazionale. Dunque, noi lo dobbiamo fare perché lo prevede la norma>>

            Ci sarebbe da aggiungere in proposito che, trattandosi di nuovo impianto, la Tirreno Power dovrebbe pagare i contributi previsti dalla legge.

            Va ricordato che gli Enti locali hanno sottoscritto l’8 giugno del 2004 un protocollo d’intesa con la Tirreno Power S.p.A. dove dichiarano “che la programmazione urbanistica del Comune di Napoli nell’area è compatibile con la trasformazione della centrale in ciclo combinato…”.

            Insomma, la decisione di procedere alla costruzione della nuova centrale è stata condivisa dalle amministrazioni locali.  Ora esse dovrebbero fare uno sforzo per confrontarsi.

            Ci chiediamo e vi chiediamo se in un’area che ha le caratteristiche descritte si possa accordare una richiesta di esclusione di VIA.  Noi pensiamo di no!

 

La Bonifica   

            Abbiamo sollevato, poi, uno specifico problema: quello relativo alla bonifica dei suoli. Risulta incomprensibile, infatti, la modalità con cui essa sarebbe stata effettuata.

            I lavori di rimozione del terreno contaminato si sono svolti da aprile a luglio 2006, senza i controlli imposti dallo stesso decreto autorizzativo.

            C’è poi un altro aspetto che ci risulta difficile da comprendere. Esso riguarda le prescrizioni del Ministero dell’Ambiente per la esecuzione dell’opera, prescrizioni vincolanti espresse con nota del 12 aprile 2005 (prot.n.DSA/2005/009150) dove si precisa che: “…I lavori …potranno avere inizio soltanto dopo la conclusione della procedura di caratterizzazione ed eventuale bonifica…nel quadro…degli obblighi dettati dal DM n. 471/99…e …soltanto in presenza della certificazione di avvenuta bonifica da parte della Provincia di Napoli”.

            Abbiamo evidenziato alle autorità che, malgrado ci fosse una prescrizione che non consentiva l’avvio dei lavori, all’interno del cantiere le attività di costruzione della nuova centrale venivano ugualmente eseguite. A seguito delle nostre proteste per il mancato rispetto delle prescrizioni, abbiamo appreso che, 35 giorni dopo la sopraccitata autorizzazione,  con decreto del Ministero delle Attività Produttive del 18 maggio 2005 n° 55/01/2005,  il Ministero dell’Ambiente nel riconfermare formalmente quanto già aveva deciso in precedenza, precisa - ma in realtà modifica la propria posizione, contraddicendosi platealmente -, che: “…l’inizio dei lavori…non è in contrasto con le indagini necessarie alla bonifica…”.  

 

Le prescrizioni del Ministero per i Beni e le Attività Culturali    

            Nel decreto del Ministero delle Attività Produttive del 18 maggio 2005 n° 55/01/2005, all’articolo 2, si dispone che: l’“…autorizzazione è, altresì, subordinata al rispetto delle seguenti prescrizioni formulate dalle Amministrazioni interessate…”. In particolare, quelle del Ministero per i Beni e le Attività Culturali richiedono la redazione di un progetto di “…riqualificazione paesaggistica dell’area;… la valutazione …. sull’opportunità che le aree dimesse e l’antistante darsena non siano occupate da strutture a carattere industriale/commerciale; la modifica e l’aggiornamento del protocollo d’intesa sottoscritto in data 8/6/2004 tra Regione Campania, Provincia di Napoli e Comune di Napoli; la modifica e l’aggiornamento del protocollo d’intesa sottoscritto con l’Autorità Portuale in data 19/12/2003 relativo all’ipotesi di ampliamento della banchina porta-containers antistante la centrale”.        

            Tali prescrizioni non sono marginali e delineano i contorni di un altro progetto che mette al centro il tema della riqualificazione. C’è da chiedersi, allora, perché esse non vengano eseguite e in che senso “l’autorizzazione è subordinata”. Perché si procede comunque nei lavori, senza affrontare e  risolvere i problemi?

 

Le emissioni nocive

            A Vigliena non è mai venuta meno l’esigenza di procedere allo smantellamento della centrale. Diventa sempre più incalzante il bisogno di rendere salubre un contesto che non ha precedenti simili su scala planetaria. La linea di costa ha bisogno di una profonda riqualificazione e invece si procede incautamente alla costruzione di una nuova centrale.

            È stato accertato che una centrale a ciclo combinato produce annualmente tonnellate di micropolveri, ritenute gravemente nocive per la salute.

            . Nella ricerca del dott. N. Armaroli e del dott. C. Po emerge che esiste “ … una cospicua serie di documenti di fonte statunitense, dai quali si evince che le polveri PM10 sono un inquinante rilevante per questi impianti”.  Comparando i progetti italiani con le centrali statunitensi essi rilevano che nei progetti italiani la “…sottovalutazione è particolarmente grave per quanto riguarda le polveri fini PM10…una centrale Ngcc (Turbogas) da 780 MW con il massimo di controllo sugli inquinanti primari produce comunque una quantità di PM10 dell’ordine delle 150-250 t/anno”  e che “…quasi 500 tonnellate l’anno di altri inquinanti non risultano dai dati forniti dai proponenti”.

            Armaroli e Po affermano che: “Il fatto che le quantità di ossidi di azoto dichiarate siano del 70% più alte, sembra suggerire che nell’impianto italiano non siano previsti impianti di abbattimento di questi inquinanti…”. Ed infatti gli impianti italiani non prevedono i catalizzatori, usati negli Stati Uniti per abbattere questo inquinante a cui si attribuisce la produzione di particolato ultrafine.

            Da noi non si investe adeguatamente a sostegno di politiche per la sicurezza, e le centrali si possono costruire dovunque.  Nel nostro caso, addirittura fra i palazzi di San Giovanni a Teduccio e nel cuore della città di Napoli.

         Secondo i ricercatori, inoltre, la localizzazione per questo tipo di centrali è fondamentale. I dott. Armaroli e Po evidenziano, infatti, che “…Un parametro di importanza ancora maggiore è la localizzazione. Per esempio, per il sistema energetico tailandese, è stato stimato che una centrale a turbogas da 600 MW situata nelle vicinanze della capitale Bangkok ha un costo di esternalità sanitarie quasi doppio rispetto ad una centrale a carbone da 1.000 MW localizzata in un’area remota del paese”.  …occorre ponderare con molta attenzione la loro localizzazione…”.

Ribadiscono che è ….destituita di qualsiasi fondamento l’affermazione, scritta su decine di progetti italiani… che la combustione del gas “non produce polveri”.

         Gli autori si sono soffermati sul particolato ultrafine PM0,1 .…poiché  è ormai assodato che gli effetti sanitari delle polveri sono inversamente proporzionali alle loro dimensioni. Il PM0,1 può penetrare molto profondamente nelle vie respiratorie e, addirittura passare direttamente nel sangue a livello polmonare”.…“Di conseguenza per questo pericolosissimo inquinante perde di significato la misura della concentrazione di massa, comunque modesta, e prende rilievo la misura della concentrazione numerica  (numero di particelle per unità di volume)”.

            Appare utile ricordare che il 27 ottobre u.s. nella città di Termoli i cittadini hanno vissuto momenti di panico, dovuti ad un incidente causato dalla nuova centrale a turbogas, entrata in funzione a settembre 2006.

            Nel caso specifico c’è da dire che non siamo di fronte ad una disputa accademica, avversata con tesi non sempre trasparenti, che lasciano spesso i non addetti ai lavori in una condizione di dubbio, soprattutto quando ci sono interessi così corposi in campo.

            Dopo gli avvenimenti di Termoli, che hanno seminando il panico tra la popolazione locale, non ci trova più a discutere di esperienze di paesi lontani o di eventualità remote, bensì di vicende che iniziano  a  svilupparsi e a emergere con chiarezza  e direttamente nel nostro paese.

            Sui giornali del posto è stato possibile leggere che:  I Presidi delle scuole … hanno costretto i bambini a barricarsi nelle aule; le insegnati hanno sigillato le finestre con stracci umidi; … giovani, adulti e anziani, dicevano che da un po’ di tempo sentivano bruciore alle vie respiratorie, arrivavano a sera con gli occhi rossi e nel naso «una puzza simile a quella della varechina» … per quattro giorni a Termoli è stato superato il tetto limite delle polveri sottili”. 

            Alla luce di questi accadimenti occorrerebbe riconsiderare le scelte compiute. Nel caso di Vigliena si sarebbe ancora in tempo.

 

La partecipazione

            Per restare nell’ambito della legislazione adottata per autorizzare l’impianto, c’è da rilevare che é rimasto inapplicato l’art. 5 comma 3  del DPCM n°377 del 10 agosto 1988. In pratica, si tratta dello stesso decreto usato per l’esclusione della procedura di VIA, eluso, però, laddove si sancisce che si deve dare “…una adeguata informazione al pubblico”.

            È noto che il tema della partecipazione dei cittadini al procedimento, sempre accantonato, è diventato un nodo in eludibile garantito e recepito dalle direttive Europee e dalla legislazione nazionale. 

            Non c’è stata alcuna informazione per i residenti sulla costruzione della centrale. La gente si è resa conto di quello che stava avvenendo unicamente perché le attività, svolte all’interno dell’area interessata dai lavori, hanno creato notevoli problemi d’impatto: si sono sprigionate per diverse settimane (da marzo a luglio 2006) violente esalazioni che hanno creato notevoli problemi ai residenti, diversi dei quali sono dovuti ricorrere alle cure mediche.           

            Abbiamo, per questo motivo, protestato e preteso chiarimenti circa la natura delle emissioni,  dei rischi cui siamo stati esposti, e delle eventuali conseguenze per la salute. Nulla a tutt’oggi ci è dato di sapere.

            Insomma solo attraverso le esalazioni i cittadini sono venuti a conoscenza del progetto che si stava avviando. Ci siamo rivolti per queste ragioni alla Procura della Repubblica con due esposti denuncia sostenuti da 150 cittadini. Siamo in attesa di conoscere l’esito delle indagini.

            Non è possibile che a tutt’oggi non siano state date ai cittadini tutte le informazioni sulle caratteristiche della centrale e sui problemi di impatto ambientale; e che si neghi da mesi il contraddittorio scientifico per sapere se è ammissibile costruire una nuova centrale nel cuore della città di Napoli. E, in caso di risposta positiva, a quali condizioni tutto ciò potrebbe avvenire.         

            Va segnalato che sono accadute, in questi mesi di lotta, cose insopportabili.

            Invece di aprire il confronto e affrontare i problemi, sono stati messi in circolazione due depliant.

            Il primo, fatto stampare direttamente dalla Tirreno Power, si proponeva, inopportunamente, di “dare informazioni”; ciò, però,  non prima dell’inizio dei lavori, ma solo quando i cittadini avevano cominciato a protestare per gli insopportabili miasmi e a lottare per le proprie ragioni. L’efficacia della brochure è stata praticamente nulla; anzi, essa suscitò unicamente l’irritazione dei residenti. A tale proposito l’azienda dichiarò che l’iniziativa era stata sollecitata da esponenti dell’amministrazione.

            L’altra iniziativa “editoriale”, promossa non si sa da chi, poiché avvenuta in forma anonima, suscitò profonda indignazione poiché palese e rozzo era l’intento di raggirare i cittadini. Nello stampato, infatti, dopo aver sostenuto che “i tumori insorgono in  seguito a uno scorretto stile di vita” si comunicava che, però, c’era finalmente una buona notizia da dare: a Vigliena si sarebbe realizzata una bellissima centrale termoelettrica  il cui inquinamento sarebbe stato “… cosi trascurabile da risultare non misurabile dagli strumenti atti alla rilevazione”.

            L’azienda, in questa circostanza, ha dichiarato la propria estraneità attribuendo l’iniziativa a qualche non meglio identificato simpatizzante.

            In ogni caso, ad oggi, l’azienda non ha ancora installato le centraline di rilevamento previste dalle disposizioni che l’obbligano sia provvedere in tal senso, sia a metterle in funzione almeno un anno prima dell’entrata in esercizio dell’impianto, che dovrebbe avvenire, sempre secondo le autorizzazioni, entro il primo semestre dell’anno 2008.

            Va rilevato, in proposito, che se entro questo limite di tempo la centrale non entrerà in attività, si dovrà verificare “la rispondenza del progetto alle migliori tecnologie eventualmente intervenute nel frattempo”.

            Sin dall’inizio di questa vicenda abbiamo chiesto un convegno con la presenza di studiosi, indicati anche dal comitato civico.

            Dopo nove mesi di lotta, invece, siamo stati invitati a partecipare ad un incontro con la “Tirreno Power”, coadiuvata dai suoi tecnici, senza prevedere né la presenza dei cittadini, né, soprattutto, quella fondamentale degli esperti nominati dal Comitato. Ci siamo rifiutati di avallare questa pseudo iniziativa di confronto.

 

Conclusioni   

            Continueremo a lottare fino a quando non ci saranno riconosciuti il diritto all’informazione, la sospensione dei lavori e l’organizzazione di un convegno di studiosi, concluso dal ministro dell’Ambiente. Diversamente l’impianto si dovrà realizzare senza alcun consenso dei cittadini e sul presupposto che non sono rispettati i loro diritti.

            Egregi Senatori nel riconfermare il nostro apprezzamento, vi chiediamo di riservare al tema esposto particolare attenzione. Chiediamo al parlamento di adeguare la legislazione affinché siano monitorati tutti gli inquinanti e siano usate per davvero le migliori tecnologie; che siano, inoltre, definiti con rigore i parametri relativi alla localizzazione. Abbiamo bisogno che, con maggiore determinazione, si investa massicciamente nello sviluppo delle energie alternative.

            Insistiamo, nel caso specifico di Vigliena, che tutte le scelte, anche quelle già compiute, siano sostenute tassativamente dalla valutazione dell’impatto ambientale, senza deroghe.

Relazione di Vincenzo Morreale, del Comitato Civico di S. Giovanni a Teduccio,