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"RIFORME" E NULLAFACENTI: I FANTASMI DEL PROF. ICHINO

Roma,

Il solleone, si sa, gioca brutti scherzi a chi non sa difendersene e tra questi non ultimo è quello del delirare.

E'  successo al prof. Ichino, che ha cominciato a inveire contro i "nullafacenti del pubblico impiego", arrivando a proporre la  "centimazione"  (il licenziamento di 1 nullafacente su 100) e la delazione (il licenziando nullafacente può indicare un nullafacente più nullafacente di lui per non farsi licenziare).

Sistemi medioevali, dicono giustamente i sindacati suoi amici, ma temiamo condivisi dall'opinione pubblica che viene quotidianamente, a ragione e a torto, aizzata contro i dipendenti pubblici perché è in quel settore che il nuovo governo si prepara a risparmiare tagliando su organici e stipendi e di conseguenza sui servizi ai cittadini.

Il prof. Ichino, nelle sue esternazioni reazionarie, dimentica però di dire due cose: la casta a cui appartiene (i professori universitari) alleva istituzionalmente nullafacenti che nemmeno la rivolta studentesca del '68 è riuscita a scalzare.

E' utile ricordare che oggi i professori universitari sono tutelati politicamente perché occupano numerosi seggi in parlamento, perché sono i "consiglieri"  dei riformatori di governo ­ di destra e di sinistra ­ della Confindustria, delle Banche, ecc. ecc. , perché siedono in sempre più numerosi Consigli d'Amministrazione, etc...)

E' altresì utile rammentare che l'esistenza di nullafacenti nel pubblico impiego è un fallimento che va ascritto ad oltre 15 anni di "privatizzazioni e riforme", e numerosi interventi legislativi spesso perorati dallo stesso Ichino e da quella "accademia trasversale"   sempre numerosa in ogni legislatura!

Ricordiamo anche che le  "riforme, le privatizzazioni e le esternalizzazioni"  erano state motivate ed  introdotte per riportare efficienza nella pubblica amministrazione.
A distanza di 15 anni dobbiamo constatare che, a fronte di un continuo aumento della spesa, i servizi sono peggiorati e sempre più ridotti, mentre la partecipazione dei lavoratori è sempre meno apprezzata.
A fronte di un numero costantemente crescente di lavoratori frustrati (si pensi al dilagare del fenomeno del  "mobbing" ad opera di dirigenti, professori universitari, ecc.), di converso si è registrato un aumento di inutili e costose consulenze (spesso agli stessi professori...) ed incarichi di dirigenza tanto costose quanto poco verificate sul piano della "Efficienza, Efficacia ed Economicità"  pure sempre invocate.

Senza dilungarsi oltre, sarebbe bene, dunque,  mettere sul tavolo un bilancio di decenni di  "riforme e privatizzazioni"  per analizzarne criticamente i risultati, tenendo conto che in ballo, più che il moralismo (reazionario e ipocrita) di un professore universitario che pensa di poter continuare a fare il  barone - magari appoggiato da Confindustria ed altri "compagni di merenda" -,  c'è il destino dei servizi pubblici e di quel  che resta del "welfare state", e di conseguenza anche il ruolo, il peso, il numero e il trattamento del personale pubblico che questi servizi deve gestire.

Farebbe meglio, il prof. Ichino (e i suoi solerti sponsor), a spiegare all'opinione pubblica cosa abbia prodotto il perseguimento di una politica di smantellamento, in nome della sussidiarietà (cioè della cessione al privato profit e no-profit dei servizi pubblici), della pubblica amministrazione.
Noi lo sappiamo e lo denunciamo da tempo:  la corsa a prebende e privilegi (spesso, se non sempre, avallati ed appoggiati dalle consorterie di "baroni" e sindacati compiacenti);  l'abbandono progressivo e inesorabile di veri progetti di miglioramento del servizio e di ogni velleità di gestione del personale.

Come è possibile conciliare una simile politica con una risposta all'opinione pubblica che rivendica il miglioramento dei servizi pubblici ?

Che senso ha (avrebbe, ha avuto) il miglioramento e il potenziamento della pubblica amministrazione quando ci si aspetta da un giorno all'altro esternalizzazioni, trasferimenti di competenze e/o servizi al privato oppure a fondazioni, chiusura di servizi, smobilitazione e/o fusioni di ministeri, amministrazioni, etc...?

Con questo non si vuole giustificare affatto i nullafacenti (ai quali è bene che provvedano ­ - è un loro dovere - i tanti dirigenti e capi ) ma solo ricordare al prof. Ichino che il compito dello studioso - e, ancor più, di colui che applica gli stessi studi - dovrebbe essere  l'indagine delle radici dei fenomeni, anziché attaccare con tanta foga gli epifenomeni di cui pure lui è diretto responsabile.
Dimostri, il deputato ichino, di aver qualche titolo per poter continuare a fare il professore universitario - ed il rappresentante del popolo - o faccia piuttosto l'opinion maker confindustriale a pieno servizio.    Purché lo dica con chiarezza...

Tuttavia la contraddizione tra le politiche di smantellamento della pubblica amministrazione e l'urgenza dei cittadini di avere servizi pubblici adeguati resta e va esplorata per ripensare il modello di (dis)organizzazione della pubblica amministrazione e dei pubblici servizi perseguito in questi anni.
Questo modello oggi si dimostra non solo inadeguato, ma anche portatore di fenomeni regressivi (corruzione, disimpegno, clientelismo, ecc... ecc...) della portata di quelli accennati nelle righe precedenti e favorisce l'azione di quanti puntano al semplice smantellamento del servizio pubblico.

Non sono e non saranno politiche - ancora! - liberiste a garantire sviluppo e qualità  del lavoro e dei servizi.

Ichino non rappresenta la cura del male, ne è piuttosto l'acutizzarsi estremo - e forse fatale - dello stesso male!