Esondano i fiumi: 12 morti in Sicilia. È successo a distanza di nemmeno 48 ore dall'immane disastro accaduto nel Veneto Liguria , Friuli Venezia Giulia, Piemonte e Lazio.
Ormai è un bollettino di guerra quotidiano. Continuare a glissare sulla necessità di dare il via ad un grande piano che metta in sicurezza i territori, a questo punto, sarebbe da criminali.
Il cambiamento climatico (il così detto "global warming") si è drammaticamente sovrapposto alla devastazione ambientale ed alla cementificazione sfrenata che caratterizza ampie zone del nostro paese.
È così che si è prodotta una situazione catastrofica con scenari impensabili appena qualche anno fa.
Puntualmente, il governo ha annunciato investimenti per interventi urgenti ben sapendo che sarebbero esclusi dal calcolo del solito debito pubblico.
Ma quanto ci costa questo stato di emergenza permanente? Vista la quantità inaudita di eventi del genere ci stiamo assistendo di recente, sicuramente molto più di un unico grande piano di manutenzione straordinaria che metterebbe finalmente in sicurezza le zone del paese più a rischio.
Ed allora perché non si fa?
Semplice: alle grandi lobbies dei costruttori conviene ricostruire, ricostruire e ricostruire. Più distruzione, più profitti, all'Aquila come in Iraq. E conviene continuare a costruire le solite pressoché inutili "grandi opere" per soddisfare gli immensi appetiti delle grandi imprese costruttrici e quelli non meno feroci di tutta la galassia di imprese subappaltanti in odor di mafie che tengono i lavoratori sotto ricatto ed in condizioni di schiavitù.
In ogni caso non ci sono più scuse: si tratta di una priorità assoluta ed il rimpallo di responsabilità tra vecchi e nuovi governi non ha più alcuna importanza. Non è più accettabile assistere inerti a questo susseguirsi vorticoso di alluvioni, frane e crolli con il puntuale tragico corredo di morti, feriti e vite distrutte per sempre con i vigili del fuoco che corrono senza tregua pagando un prezzo enorme.
Se ne facciano una ragione anche a Bruxelles l'Italia è un Paese di catastrofi annunciate.