La storia è sempre la stessa: firmano un CCNL al ribasso per garantire “almeno” un minimo di aumento. Poi, ai microfoni, sulla stampa e nelle piazze chiedono un salario che mira quasi al doppio.
30 anni di melodramma, ormai divenuto una comica.
Contrattazioni, rimbalzi, rinnovi e votazioni - più o meno partecipate - che hanno portato ad un unico risultato: Il contratto della vigilanza era e continua ad essere il fanalino di coda della contrattazione collettiva italiana.
Quattro sindacati CGIL CISL UIL e UGL - autoproclamati rappresentativi in nome di una misurazione mai avvenuta - che nel tempo hanno affossato un settore nel nome del “meglio poco che niente”. Alla fine, resta il niente.
La FILCAMS, come anche gli altri poco unitari colleghi delle segreterie affini, non ci stanno ad essere marchiati come responsabili del disastro e provano a passare la palla al governo (che pure nulla ha fatto se non un paio di ospitate istituzionali).
Non possiamo fare a meno di ricordare alle storiche segreterie - forse troppo grandi e troppo distanti dai Lavoratori che ogni giorno annaspano in un settore collassato - che la magistratura ha dovuto sostituirsi a loro e colmare le mancanze per garantire dignità al lavoro.
No, non è merito della segreteria Filcams se la magistratura si è attivata e non è merito della loro class action, di cui si trova traccia solo nei proclami e sulla carta stampata.
Un merito, però, va loro riconosciuto e cioè quello di riuscire a convivere con una doppia personalità. La prima che sottoscrive contratti ben al di sotto della soglia di povertà e l’altra che continua a sbraitare ai microfoni chiedendo un salario di 9 euro lordi l’ora, senza mai disdettare i CCNL “sotto soglia”.
Non c'è alcun merito per chi ha firmato anche l'ultimo rinnovo del CCNL di categoria, coperto da un referendum dei Lavoratori per allontanare le responsabilità, e per chi non è stato in grado di disciplinare correttamente nemmeno quelle poche voci interessate.
- Una tantum
- Permanenza nei livelli
Un pasticcio contrattuale nel quale sono dovute intervenire le associazioni datoriali, con note e chiarimenti, per fare ordine e definire le modalità e le scadenze con la conseguente difficoltà per i lavoratori che hanno visto sfumare, per mesi, i riconoscimenti.
Insomma, la solita narrazione stantia che ha perso la presa sui lavoratori che hanno ben capito che i meriti sono pochi e le responsabilità tante, come tanti sono i tentativi di intestarsi azioni e iniziative che ben poco gli appartengono.
L’unico modo per ottenere qualcosa è procedere con le azioni (vere), le mobilitazioni e le vertenze che poco hanno a che fare con le sigle firmatarie, ma che appartengono ad un mondo sindacale che persegue politiche e azioni ben differenti da quelle attivate (forse) dai sindacati concertativi.
Il tempo delle parole e degli inutili tavoli istituzionali è passato da un po'. È il momento delle mobilitazioni, delle denunce e delle vertenze per costringere imprese e committenze a riconoscere il giusto valore al lavoro. È tempo di ribaltare il tavolo della trattativa.
Come USB proseguiamo il percorso di lotta contro questo CCNL e tutti gli Istituti e Committenze che speculano sulla povertà salariale e contrattuale.
USB Vigilanza
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