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Editoriale

23 novembre, contro la violenza sulle donne e la violenza di genere: USB in piazza per la manifestazione nazionale di Non Una di Meno a Roma

Roma,

Tre anni esatti sono passati dalla marea umana che ha invaso le strade di Roma e ha dato vita al Movimento Non Una di Meno.

Anni in cui insieme a migliaia di donne ci siamo organizzat@ per denunciare che la violenza è un dato strutturale che nasce, si alimenta e cresce in una serie di concause che abbracciano tutti gli ambiti di vita delle donne.

La violenza economica per cui le donne continuano a essere più precarie e sfruttate, discriminate nei posti di lavoro, a subire ricatti e molestie, a non vedere riconosciuto il lavoro domestico e di cura che sopperisce al progressivo smantellamento dello Stato Sociale, a non avere gli strumenti economici e di tutela per intraprendere percorsi di fuoriuscita dalla violenza.

La violenza sistemica che si annida in ogni luogo: dalle mura domestiche ai giornali dove una narrazione sempre più deviata dei femminicidi continua a cercare le colpe in chi viene uccisa e non la responsabilità di chi uccide, ai Tribunali con le sentenze dal sapore del giudizio più morale che penale e in cui la sindrome di alienazione parentale (PAS) – la cui esistenza è smentita dalla comunità scientifica - continua a perseverare, nonostante il ddl Pillon sia stato messo nel cassetto, e a fungere da strumento punitivo per le donne che si separano e deterrente alla denuncia per le donne che subiscono violenza domestica, negli ospedali dove la Legge 194 continua a non essere rispettata a causa degli obiettori.

Una violenza strutturale che con buona pace della Convenzione di Istanbul, ratificata dall'Italia nel 2013 ma mai veramente attuata, vuole essere risolta sempre e solo sul piano della propaganda e dell'emergenza. È ormai evidente il fallimento del Codice Rosso, figlio di una politica paternalista che non lavora sulla prevenzione, sulla rimozione delle cause, sull'autodeterminazione delle donne, sull'ascolto dei centri antiviolenza.

Gli spazi femministi che hanno recuperato, messo a valore, ridato vita e progetto a strutture che sarebbero state inghiottite nella voragine della speculazione, cementificazione e gentrificazione facendone invece luogo di azione e percorsi di fuoriuscita dalla violenza, sono sotto attacco proprio perché sono una risposta all'isolamento, ai bisogni primari negati.

È di questi giorni la pubblicazione del primo censimento ufficiale sulla violenza a cura dell'ISTAT: 33 mila donne in fuga dalla violenza nel solo 2017 e fondi pubblici per i centri antiviolenza calcolati sui 12 milioni di euro che, se divisi per il numero delle donne accolte, fa 76 centesimi al giorno. Mentre il rapporto EURES su “Femminicidio e violenza di genere in Italia” sottolinea che non si è mai registrata una percentuale così alta di vittime femminili (40,3%): nel 2018 sono state 142 le donne uccise (+0,7%), 119 in famiglia (+6,3%), 94 nei primi 10 mesi di quest’anno.

Una violenza che trasforma le donne in strumento di propaganda elettorale, facendo una gerarchia di chi stupra e di chi viene stuprata per far crescere nell'opinione pubblica il razzismo e concimare un’idea di sicurezza che guarda ai militari e alle telecamere invece che ai diritti fondamentali: reddito, casa, lavoro, salute, istruzione, welfare.

Prova ne è che entrambe le leggi Sicurezza non accennano a essere stralciate e sono lì, a istituzionalizzare definitivamente la criminalizzazione del salvataggio delle vite in mare, la violenza dei confini e delle frontiere sulle cui rotte in migliaia muoiono dopo stupri, violenze e torture: la sicurezza come strumento di regolazione e di controllo del conflitto sociale.

Contro la violenza maschile sulle donne e la violenza di genere, in tutte le sue forme, Non Una di Meno chiama alla piazza del 23 novembre. Appuntamento alle 14 in piazza della Repubblica a Roma. E noi ci saremo.

Unione Sindacale di Base

 

Link:

https://www.istat.it/it/violenza-sulle-donne

https://www.eures.it/sintesi-femminicidio-e-violenza-di-genere-in-italia/