Si è svolta a Benevento, presso la Sala Vergineo “Museo del Sannio”, una partecipata assemblea verso il 4 febbraio, giornata nazionale di mobilitazione per il reddito e di costruzione dei comitati a difesa del reddito e per l’aumento dei salari. Di seguito il testo del volantino del comitato cui partecipa la federazione beneventana USB e della Federazione del Sociale USB.
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I governi che si sono succeduti nell’ultimo ventennio, compreso quello attuale a guida Meloni, hanno portato il nostro paese ad essere il fanalino di coda dell’Unione Europea per quanto riguarda l’indicizzazione e gli aumenti dei salari.
In un contesto in cui, tra inflazione galoppante e crisi energetica, il carovita ha raggiunto un livello insostenibile per milioni di persone che si trovano costrette a scegliere se fare la spesa o pagare le bollette per sopravvivere.
I media, attraverso i loro quotidiani talk show, ci rappresentano scenari ben diversi e ben lontani dalla realtà non contemplando che facciamo fatica a sbarcare il lunario, che abbiamo difficoltà a mandare i nostri figli a scuola, che non possiamo curarci per effetto di una sanità ricondotta al collasso, il tutto nell’indifferenza dei governi di turno che poco contemplano le condizioni materiali delle nostre vite che peggiorano.
Nella gogna mediatica di attacco alla povera gente, ci dicono che i giovani non hanno voglia di lavorare e che i percettori di reddito sono tutti dei fannulloni, anche perché in questo paese se si vuole il lavoro lo si trova, basta solo averne voglia. Ci dicono pure che non ci sono i soldi per investire sulla sanità pubblica, sulle case popolari e sulla scuola, che tutti dobbiamo stringere un po’ di più le cinghie ecc.
Ma quando hanno dovuto finanziare le grandi opere o armare il paese dall’oggi al domani, in una guerra che sta uccidendo gente come noi, o quando devono aumentarsi i loro stipendi da parlamentari, i soldi ci sono e li trovano subito.
Per questo pensiamo che sia arrivato il momento di mobilitarci, iniziando un percorso di riscatto collettivo. Vogliamo organizzarci per mettere al centro i bisogni di chi è in difficoltà, dei meno abbienti, degli sfruttati.
La preannunciata cancellazione del RdC e/o la sua riduzione a soli sette mesi, almeno per tutte le persone considerate in grado di lavorare, rappresenta un ulteriore attacco alle vite della nostra gente che aveva trovato un minimo di respiro, soprattutto nel contesto pandemico, grazie a questo strumento.
In un paese dove si calcolano almeno 3 milioni di lavoratori poveri (12%), cioè con un reddito annuo al di sotto degli 11 mila euro, e con più di 2 milioni di disoccupati, eliminare l’unica forma di sostegno al reddito che l’Italia, anche in questo ultima in Europa, aveva tardivamente introdotto nel 2019, significa provocare un ulteriore allargamento della povertà.
L’odiosa campagna di stampa contro i percettori di RdC, descritti come parassiti adagiati sul divano, ha lo scopo di obbligare milioni di persone ad accettare lavori precari e malpagati e ad allargare la parte di popolazione ricattabile, per abbassare ulteriormente la soglia dei diritti e delle tutele…. Questa non è una misura per il lavoro ma per aumentare lo sfruttamento e le disuguaglianze.
Per mettere un argine a queste derive serve una campagna di massa e di lunga durata che sappia contrastare l’offensiva ideologica e culturale, che riesca a unire tutti i settori sociali sotto attacco e che si articoli in un Piano di lotta ampio e diversificato, che risponda alle tante specificità sociali, territoriali e di genere.
Serve un grande movimento che unisca lì dove si vuole che ci si divida.
Serve un’idea diversa di società in cui il lavoro torni ad essere fonte di dignità ed in cui le persone non siano valutate in base a meri parametri economici, ma in base ai dettami costituzionali.
Per questi motivi, abbiamo voluto dare vita, anche nella nostra città e nel nostro territorio, ad un Comitato a difesa del RdC e per il lavoro sicuro e garantito, per il salario minimo con i percettori del RdC, con le lavoratrici e lavoratori a basso reddito, con i pensionati, con i disoccupati, con gli abitanti dei quartieri popolari, con i cassaintegrati, i precari e gli studenti.