A Bologna soffia forte il vento della repressione e delle intimidazioni del governo Meloni che martedì sera si è abbattuto contro un giovane lavoratore precario.
Nella tarda serata di martedì 9 luglio, mentre la cena dei ministri del G7, dedicato a Scienza e Tecnologia, era già terminata, quattro lavoratori, addetti allo smontaggio dell’allestimento logistico dell’evento, vengono fermati per un controllo a pochi passi dal cantiere.
Le operazioni di controllo si svolgono in maniera spettacolare impegnando sia agenti della guardia di finanza, sia agenti di polizia di stato che agenti della Digos. Fanno seguito: perquisizione del mezzo, identificazione e perquisizione dei quattro lavoratori.
Due di questi vengono rilasciati dopo poco e possono iniziare il turno di lavoro, gli altri due vengono portati in Questura per ulteriori accertamenti.
Uno dei due, un nostro compagno lavoratore di appena vent'anni viene condotto con motivazioni del tutto pretestuose in Questura per ulteriori accertamenti. La necessità di questi “accertamenti” sarebbe da ricondurre alla sua partecipazione a iniziative sindacali come i presidi antisfratto.
In questa sede gli viene prontamente impedito di avvisare una persona di fiducia della sua situazione e sequestrato il telefono, allo stesso modo gli viene negato di contattare un avvocato.
Una volta in Questura viene sottoposto a ulteriore perquisizione corporale, senza fornire alcuna motivazione viene tenuto ore in attesa di ulteriori accertamenti non meglio specificati. La sua permanenza in Questura diviene occasione per scattargli foto segnaletiche e per raccogliere le impronte digitali e “repertare” i suoi tatuaggi.
Dopo diverse ore, approfittando della sua presenza in Questura gli viene notificato un avviso di inizio indagine riferito a una mobilitazione sindacale di diversi mesi fa, solo a questo punto gli viene concesso di avvisare almeno la famiglia del fatto che non sarebbe rientrato a casa. Passeranno altre ore senza nulla sapere del perché venga trattenuto.
Viene rilasciato non prima di dover firmare un verbale nel quale dichiarava di aver rinunciato di sua volontà a contattare un legale o una persona di fiducia che lo assistesse.
È spaventoso e inaccettabile che un giovanissimo lavoratore, con un contratto ultra precario, venga preso di mira, intimidito e privato della libertà per ore, solo ed esclusivamente per le sue convinzioni politiche e il suo attivismo sindacale, che gli venga impedito di svolgere il suo turno di lavoro in maniera regolare esponendolo volutamente a ripercussioni da parte del datore di lavoro e criminalizzandolo ingiustificatamente.
L’Unione Sindacale di Base - della quale è un delegato e attivista - denuncia un comportamento di questo tipo, ma denuncia anche il clima di tensione e di repressione che sempre più spesso respiriamo e impedisce lo svolgimento della vita quotidiana a chi si batte per diritti e migliori condizioni dei lavoratori e delle lavoratrici tutte.
Riteniamo scandaloso l’uso indiretto della repressione che va a infierire sui soggetti e sulle classi più fragili, andandoli a privare di un diritto fondamentale come quello del regolare svolgimento dell’attività lavorativa, che comporta di conseguenza ovvie ripercussioni sia economiche che sociali per i lavoratori.
Ed è evidente anche da casi come questo, che si punta a colpire e punire le idee più che le azioni.
Queste dinamiche di abuso di potere da parte degli apparati dello Stato rispecchiano le direttive securitarie imposte dal governo nazionale che punta a reprimere ogni forma di dissenso politico e sindacale, direttive che vediamo fin troppo ben accolte ed esercitate sul nostro territorio.
USB Bologna